Le Comunità energetiche rinnovabili sono ferme al 2,3% rispetto al previsto

Oltre ai grandi impianti rinnovabili – quelli che permettono maggiori risparmi, dato che l’elettricità prodotta dagli utility scale costa un terzo rispetto ai pannelli sui tetti –, in Italia stanno soffrendo anche le Comunità energetiche locali (Cer), ovvero il “nuovo” soggetto giuridico, delineato dal recepimento della direttiva europea Red II, costituibile a partire da un gruppo di singoli soggetti – come famiglie, stabilimenti produttivi e Comuni – che decidono di autoprodurre, accumulare e scambiarsi energia generata da fonti rinnovabili, nello spirito di una vera comunità e aprendo al contempo realizzazione di nuovi modelli di business.
Due i canali di accesso ai sostegni, per le Comunità energetiche: il primo prevede una tariffa incentivante su tutto il territorio nazionale, mentre il secondo riguarda i Comuni entro i 50mila abitanti e consiste in un contributo in conto capitale – finanziato con 2,2 mld di euro dal Pnrr – per coprire fino al 40% delle spese ammissibili. Eppure le Cer sono ferme al palo, principalmente a causa delle difficoltà burocratiche per costituirle.
I dati messi oggi in fila dalla prima giornata del Forum QualEnergia, che continuerà domani a Roma con la consueta organizzazione di Legambiente, La nuova ecologia e Kyoto club, mostrano che «su 5 GW di potenza incentivabile da realizzare entro il 2027, chiesta dal decreto Cer, l’Italia ha realizzato negli ultimi cinque anni appena 115 MW (ovvero circa il 2,3% dell’obiettivo, ndr). Parliamo di 1.127 realtà in tutto, con Lombardia con 181 configurazioni energetiche, Piemonte con 143 e Sicilia con 135 sistemi di autoconsumo, le tre regioni con più Cer. Un numero complessivo, quello delle 1.127 realtà, comunque esiguo per l’Italia. A pesare burocrazia, ostacoli fiscali, consueti ritardi nelle autorizzazioni, dinieghi da parte del distributore di zona fino ad arrivare ai tagli del Governo che, notizia di questi giorni, ha ridotto drasticamente i fondi Pnrr per le Cer passando da 2,2 miliardi di euro a 795,5 milioni».
Che fare? Per Legambiente e Kyoto Club occorre semplificare le modalità di realizzazione e registrazione delle configurazioni, rendendole accessibili e realizzabili anche dai cittadini, attraverso la definizione di procedure semplificate per la realizzazione degli impianti e l’attuazione dello scorporo in bolletta, un’azione quest’ultima che consentirebbe di massimizzare i vantaggi economici dell’autoconsumo così come avviene per chi possiede un impianto fotovoltaico sul proprio tetto.
«Su impegno su rinnovabili ed efficienza – dichiara Francesco Ferrante, vicepresidente del Kyoto club –c'è sempre più distanza tra le dichiarazioni e gli atti concreti di Governo. Si dice che si vogliono fare le Cer e poi si taglia bruscamente la dotazione economica ad esse destinate, proprio quando finalmente stavano decollando! Ricordiamo che erano stati inizialmente stanziati 2,2 miliardi di euro per agevolarne la realizzazione nei piccoli comuni, poi quando il Governo si è reso conto che troppe difficoltà burocratiche stavano mettendo a rischio l'obiettivo scritto nel Pnrr, è stata ampliata la platea dei Comuni beneficiari, per arrivare improvvisamente settimana scorsa alla decisione di tagliare a poco più di 700 milioni la dotazione finanziaria (appena 1/3 del totale); ma alla scadenza del 30 novembre risultavano richieste per oltre 1,4 miliardi. Ci chiediamo come il Governo pensa di uscire da questo pasticcio e come pensa di recuperare tutte le somme inizialmente previste. Se non lo facesse, confermerebbe il suo reale disinteresse per il tema che, infatti, è eclatante se si guarda alla vicenda forse ancor più grave delle aree idonee, per le quali prima il Governo ha abdicato al proprio ruolo lasciando mani libere alle Regioni e ora ha proposto un decreto inadeguato, se non dannoso».
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