L’economia verde supera quota 5.000 miliardi di dollari all’anno e arriverà a 7.000 entro il 2030

Nonostante a livello governativo soffino venti contrari in diverse parti del pianeta – dalle politiche di Trump pro trivelle al motto di «drill, baby, drill» negli Stati Uniti alle bordate inferte in Europa al Green deal – l’economia verde va a gonfie vele. Con un valore superiore a 5.000 miliardi di dollari all’anno, è il settore in crescita più dinamico al mondo dopo quello tecnologico. I ricavi legati alle tecnologie e alle attività green stanno crescendo in media due volte più velocemente dei ricavi dei settori convenzionali e le aziende che operano in questi mercati hanno in genere accesso a capitali più economici e spesso godono di valutazioni premium sui mercati dei capitali. E secondo le stime degli economisti e dei ricercatori che hanno condotto una serie di indagini sul tema, l’economia verde arriverà a toccare quota 7.000 miliardi di dollari entro il 2030. A certificare tutto ciò è il World economic forum nel nuovo report dal titolo “Already a Multi-Trillion-Dollar Market: A Ceo Guide to Growth in the Green Economy”. Si tratta di un documento ricco di dati, grafici e tabelle che tra le altre cose sarà discusso al prossimo Annual meeting 2026 del Forum economico mondiale, che si terrà come ogni anno a Davos nel mese di gennaio (quest’anno l’appuntamento è dal 19 al 23).
Si legge nel report: «Nel 2024, l’economia verde ha superato i 5.000 miliardi di dollari di valore annuo e, nonostante il recente cambiamento nel contesto globale, è destinata a superare i 7.000 miliardi di dollari entro il 2030. Per le imprese, questo mercato offre importanti opportunità di crescita resiliente. La mitigazione ha consentito la maggior parte (78%) di questo valore fino ad oggi, guidata dai trasporti e dalla mobilità, che rappresentano il 30% delle entrate totali dei mercati verdi. Anche l’adattamento e la resilienza hanno guadagnato terreno, rappresentando il 22% della domanda totale, guidata principalmente da fattori di produzione agricoli adattati al clima, materiali da costruzione resilienti e tecnologie di raffreddamento».
Dalle 58 pagine del rapporto emerge che le aziende che investono in soluzioni green sono maggiormente competitive in termini di ricavi, accesso a nuovi capitali e valutazione di mercato, grazie anche ai minori costi delle tecnologie green registrati negli ultimi tempi. Le analisi del World economic forum confermano quanto già registrato da altre autorevoli fonti internazionali, e cioè che le fonti di energia pulita come l’eolico e il solare, i sistemi di stoccaggio, i veicoli elettrici si sono fatti più competitivi a livello globale rispetto a quelli che ancora attingono ai combustibili fossili. «Dal 2010 – sottolineano gli autori del documento – i costi medi del fotovoltaico solare sono diminuiti di circa il 90%, quelli dell’energia eolica offshore di circa il 50% e quelli delle batterie al litio ferro fosfato di circa il 90%».
Le soluzioni «per decarbonizzare oltre il 50% delle emissioni totali sono già competitive in termini di costi», viene evidenziato nel report. E poi c’è il fattore accelerazione: «Le proiezioni relative alla capacità fotovoltaica solare per il 2030 sono cresciute 84 volte più rapidamente di quanto previsto all’inizio degli anni 2000, con l’energia eolica che è cresciuta 11 volte più rapidamente e l’utilizzo delle batterie per veicoli elettrici 9 volte più rapidamente». Tra l’altro, viene sottolineato, le energie rinnovabili costituiscono uno dei più grandi mercati globali delle tecnologie verdi, ma non sono le uniche: la crescita delle energie rinnovabili ha accelerato l’elettrificazione, che a sua volta ha consentito a molte altre tecnologie (ad esempio pompe di calore, mobilità elettrica) di espandersi.
In mezzo a tante luci, il report del Forum economico mondiale segnala un paio di ombre. La prima si espande a livello globale, e riguarda il fatto che soluzioni legate all’idrogeno e alla cattura di CO2 sono ancora troppo indietro: «Soluzioni collaudate ed economiche come l’energia solare, l’energia eolica, le batterie e i veicoli elettrici continueranno a crescere nella maggior parte delle aree geografiche, anche se a ritmi diversi – scrivono gli autori del report – mentre tecnologie più immature e costose come l’idrogeno a basse emissioni di carbonio e la cattura, l’utilizzo e lo stoccaggio del carbonio (Ccus) potrebbero non farlo, poiché richiedono ancora normative favorevoli e spesso molto più locali».
L’altra ombra, che tale è almeno per noi occidentali ma non per il versante asiatico, riguarda appunto il fattore «locale»: a est, e in particolare in Cina, si corre molto di più sul piano dell’economia verde di quanto non stiano facendo le aziende europee e anche statunitensi. Il report del Wef conferma infatti che Pechino sta staccando il resto del mondo nei settori green, avendo investito nel 2024 l’equivalente di 659 miliardi di dollari in energia pulita (erano 372 nel 2019), e mettendosi sulla buona strada per coprire oltre il 60% della nuova capacità rinnovabile globale già prima dell’obiettivo del 2030. Per rendere l’idea della quantità di denaro investito da Pechino, sempre nel 2024 l’Europa ha convogliato verso l’economia verde il corrispettivo di 410 miliardi di dollari, mentre gli Stati Uniti a guida Trump si sono fermati a 300 miliardi di dollari. Inoltre, la Cina ha fatto un salto di qualità anche a livello di ricerca e sviluppo e oggi domina anche nel campo dei brevetti per solare, veicoli elettrici e batterie, riuscendo così in una manciata di anni a spostare verso l’Asia il baricentro non solo della produzione di manufatti e beni industriali, ma anche quello dell’innovazione e dell’introduzione sul mercato di nuove e più moderne tecnologie. «Dal 2020, la capacità fotovoltaica della Cina è quasi quadruplicata e quella eolica è raddoppiata», si legge nel report. «Sebbene l’Europa sia ancora leader nella quota complessiva delle energie rinnovabili nel mix energetico (22% del consumo di energia primaria), la Cina ha quasi colmato il divario in poco più di un decennio e sta già fornendo oltre il 60% delle aggiunte di capacità globali».
L’addio di Pechino al carbone è ovviamente ancora lontano. Ma intanto, si legge sempre nel report del Forum economico mondiale, in Cina l’elettricità copre attualmente oltre il 35% del consumo energetico negli edifici, il 30% nell'industria e il 4% nei trasporti. Con oltre 12 milioni di stazioni di ricarica e il più grande mercato globale per i veicoli elettrici, il paese del Dragone è diventata il leader mondiale nell’elettrificazione dei trasporti. «Di conseguenza, la Cina ora eguaglia o supera l’Europa in ciascuno di questi settori e le emissioni nazionali cinesi sono diminuite per la prima volta nel 2025, anche se l’attività economica e la domanda di energia hanno continuato ad aumentare».
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