Londra e la nuova crisi della casa: la quota di alloggi accessibili scende al 20%

Ottobre 26, 2025 - 15:00
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Londra e la nuova crisi della casa: la quota di alloggi accessibili scende al 20%

A Londra la parola “casa” è diventata una delle più difficili da pronunciare senza un sospiro. In una città dove gli affitti continuano a salire e la proprietà resta un sogno per molti, la recente decisione del governo e del sindaco Sadiq Khan di ridurre dal 35% al 20% la quota obbligatoria di alloggi accessibili ha riacceso un dibattito feroce sul futuro dell’abitare. È una mossa che, secondo i promotori, punta a riattivare un mercato edilizio in stallo e a sbloccare migliaia di progetti congelati. Ma per i suoi detrattori rappresenta una pericolosa rinuncia all’equità sociale, proprio nel momento in cui Londra ne avrebbe più bisogno.

Un compromesso tra emergenza economica e giustizia sociale

La notizia, annunciata il 23 ottobre 2025 e riportata da BBC News, segna un cambiamento sostanziale nella strategia edilizia della capitale. Dopo quasi un decennio in cui il 35% di ogni nuovo sviluppo residenziale doveva essere destinato ad affordable housing, la quota scende ora al 20%. La misura è stata concordata tra City Hall e il Department for Levelling Up, Housing and Communities, con l’obiettivo di dare ossigeno a un settore immobiliare in crisi.

Secondo gli ultimi dati forniti dallo stesso ufficio del sindaco, nel 2024 sono state costruite appena 30.000 abitazioni, ben al di sotto del fabbisogno stimato di 88.000 unità annuali. Di queste, solo 4.000 rientravano nella categoria affordable, una caduta verticale rispetto ai 25.000 alloggi accessibili realizzati nel biennio precedente.

Per Sadiq Khan la scelta è stata dolorosa ma inevitabile. “Non posso restare a guardare mentre la costruzione di case si ferma”, ha dichiarato, presentando il provvedimento come “una misura temporanea per salvare l’edilizia londinese”. In sostanza, il sindaco laburista riconosce che l’obiettivo del 35% era diventato insostenibile nel contesto attuale: materiali rincarati, tassi di interesse elevati, manodopera più costosa e un calo generale degli investimenti privati.

Il nuovo piano introduce anche procedure urbanistiche accelerate per i costruttori che rispettano la soglia del 20%, offrendo tempi più rapidi di approvazione e incentivi fiscali. Per sostenere il rilancio, la Greater London Authority (GLA) ha istituito un fondo da 322 milioni di sterline destinato agli sviluppatori in difficoltà, con l’obiettivo di riavviare i cantieri bloccati e rilanciare l’occupazione nel settore.

Un cambio di rotta che divide la politica londinese

La decisione ha provocato una reazione a catena all’interno del panorama politico britannico. Se da un lato i conservatori hanno accolto la notizia come un atto di realismo economico, dall’altro la sinistra e i movimenti per la casa parlano di un tradimento delle promesse elettorali.

Il segretario di Stato per l’Edilizia, Steve Reed, ha difeso la scelta in un’intervista al Guardian, spiegando che la priorità del governo è “rimettere le pale nel terreno” per costruire almeno 1,5 milioni di nuove abitazioni entro il 2029, in linea con il Plan for Change presentato a Westminster. Secondo Reed, “aumentare l’offerta, anche riducendo temporaneamente le quote, è l’unico modo per riportare equilibrio tra domanda e prezzo”.

Di opinione opposta Zoë Garbett, rappresentante del Green Party nella London Assembly: “Abbassare la quota non significa rendere le case più accessibili, ma garantire margini di profitto più ampi ai grandi costruttori. È un passo indietro sul piano sociale e ambientale.”

Ancora più dura la critica di Suzanne Muna, portavoce della Social Housing Action Campaign (SHAC), secondo cui “questa riduzione non allevierà la crisi, ma la renderà cronica, perché il problema non è la lentezza dei permessi, bensì il costo sproporzionato della vita a Londra rispetto ai salari medi”.

Persino all’interno del Labour londinese non sono mancate tensioni. Alcuni consiglieri di borough come Hackney e Camden hanno espresso preoccupazione per la perdita di equilibrio sociale nei nuovi quartieri, sottolineando come l’accesso alla casa sia ormai fuori portata per infermieri, insegnanti e lavoratori dei servizi pubblici.

Le ragioni economiche di una crisi annunciata

Per comprendere la portata del cambiamento bisogna guardare alle cause che hanno portato il mercato edilizio londinese a una delle peggiori crisi degli ultimi trent’anni.

Negli ultimi cinque anni i costi di costruzione sono aumentati del 25%, spinti dal caro energia, dall’inflazione post-pandemica e dalle difficoltà di importazione dei materiali. Le imprese più piccole, che rappresentano una parte significativa del tessuto edilizio cittadino, faticano a ottenere finanziamenti, mentre i grandi gruppi immobiliari preferiscono posticipare i progetti in attesa di condizioni più favorevoli.

Nel frattempo, la domanda abitativa continua a crescere. Ogni anno la popolazione di Londra aumenta di circa 100.000 persone, molte delle quali giovani lavoratori o studenti stranieri. Tuttavia, il reddito medio resta fermo intorno alle £40.000 annue, mentre il prezzo medio di un appartamento supera ormai le £540.000. Il risultato è una distanza sempre maggiore tra ciò che i londinesi possono permettersi e ciò che il mercato offre.

Le statistiche pubblicate dalla Home Builders Federation confermano il paradosso: nonostante l’elevata domanda, oltre 300.000 abitazioni già approvate non sono ancora state costruite. Le cause? Tempi burocratici, carenza di manodopera qualificata e difficoltà di approvvigionamento.

Riducendo la quota di affordable housing, il Comune spera che i costruttori trovino nuovi margini di profitto e riprendano a costruire, rilanciando un settore in cui migliaia di posti di lavoro sono a rischio.

Cosa cambia concretamente

Le nuove linee guida introdotte da City Hall prevedono tre innovazioni principali:

  1. Fast-track route per i progetti residenziali con almeno il 20% di alloggi accessibili. Questo significa che i costruttori potranno ottenere approvazioni in tempi dimezzati rispetto al passato, evitando lunghe negoziazioni con i consigli municipali.

  2. Poteri straordinari di pianificazione per il sindaco di Londra, che potrà intervenire su progetti superiori alle 50 unità – contro le 150 del precedente limite – nel caso in cui vengano respinti dalle autorità locali.

  3. Accesso prioritario al fondo di sostegno da £322 milioni, destinato a coprire parte dei costi di materiali e manodopera nei progetti bloccati.

Queste misure, secondo la Greater London Authority, dovrebbero consentire l’avvio di almeno 10.000 nuove abitazioni entro la metà del 2026.

Il rischio, tuttavia, è che la riduzione del vincolo sociale porti a un aumento di sviluppi “di lusso”, soprattutto nelle zone centrali, riducendo ulteriormente la disponibilità di alloggi a prezzi sostenibili nei quartieri dove la pressione immobiliare è già altissima.

Il dibattito sul significato di “affordable”

Uno dei punti più controversi riguarda la stessa definizione di affordable housing. Nella terminologia britannica, il termine non indica necessariamente “economico”, ma piuttosto alloggi il cui costo non superi l’80% del prezzo di mercato. In una città come Londra, dove gli affitti medi per un bilocale superano le £2.000 al mese, anche una riduzione del 20% risulta insufficiente per la maggioranza dei lavoratori.

Le associazioni di inquilini sostengono che la vera emergenza non sia solo la quantità di nuove case, ma la loro accessibilità reale. Il London Tenants Federation ha calcolato che un single dovrebbe guadagnare almeno £60.000 all’anno per permettersi un appartamento affordable nella zona 2.

Sadiq Khan ha riconosciuto il problema, ma insiste che “bloccare i cantieri non aiuterà nessuno”. La strategia è dunque quella di sacrificare temporaneamente una parte della quota sociale per riattivare l’offerta complessiva, nella speranza che l’aumento delle unità abitative porti in seguito a un riequilibrio dei prezzi.

È una scommessa ad alto rischio: se la crescita edilizia non sarà accompagnata da misure di controllo del mercato e di tutela per i redditi medio-bassi, il risultato potrebbe essere un’ulteriore polarizzazione tra Londra “ricca” e Londra “invisibile”.

Una città in cerca di equilibrio

La riduzione della quota di alloggi accessibili rappresenta solo l’ultimo capitolo di una lunga storia di tensione tra crescita e giustizia sociale. Negli ultimi vent’anni Londra ha vissuto una trasformazione urbanistica profonda: ex aree industriali convertite in quartieri di lusso, progetti di rigenerazione come Nine Elms o Canary Wharf che hanno cambiato il volto della città, ma anche espulsione graduale dei ceti medi verso la periferia.

Gli esperti di urbanistica della London School of Economics avvertono che ogni politica abitativa deve misurarsi con il concetto di mixité sociale, ovvero la coesistenza di classi diverse nello stesso territorio. Riducendo la quota di case accessibili, il rischio è creare quartieri sempre più omogenei e fragili, incapaci di mantenere quella diversità economica e culturale che ha sempre reso Londra dinamica.

Alcuni esempi recenti dimostrano il pericolo: a Battersea, dove la rigenerazione dell’area della Power Station ha portato un boom immobiliare, il prezzo medio di un appartamento supera oggi £1,2 milioni. Solo il 17% delle unità è considerato “affordable”, ma gran parte di queste viene affittata a prezzi comunque fuori portata per la maggioranza.

Le voci dei quartieri

Nei borough più colpiti dalla crisi, come Newham, Brent e Haringey, il dibattito è acceso. I consigli municipali, pur riconoscendo la necessità di rilanciare le costruzioni, temono di perdere la capacità di negoziare piani locali che rispondano ai bisogni reali della comunità.

Molti residenti vedono la decisione come un segnale di distacco da parte delle istituzioni. “Non si tratta solo di numeri, ma di persone”, racconta Rachel Atkinson, insegnante di scuola primaria a Stratford: “Lavoro a tempo pieno e non posso permettermi di vivere nel quartiere dove insegno. Ogni anno vedo colleghi costretti a trasferirsi fuori Londra.”

A Southwark, dove oltre il 40% della popolazione vive in affitto, l’associazione Homes for Londoners ha lanciato una petizione per mantenere la quota al 35%, definendo la riduzione “una regressione sociale”.

Un precedente che guarda al futuro

Per comprendere l’importanza della svolta del 2025 basta ricordare che l’attuale sistema delle quote fu introdotto proprio da Sadiq Khan nel 2017 come pilastro del suo piano “Homes for Londoners”. L’obiettivo originario era garantire che metà delle nuove abitazioni fossero accessibili o sociali, un traguardo mai raggiunto ma simbolicamente forte.

La decisione di abbassare la soglia segna dunque un cambio di rotta storico e, per molti, un’ammissione che l’equilibrio tra sviluppo economico e responsabilità sociale è più fragile di quanto si pensasse.

Le prossime elezioni per il sindaco di Londra, previste per il 2026, renderanno inevitabile il confronto politico su questo tema. I conservatori rivendicheranno la misura come un atto di pragmatismo, mentre la sinistra radicale cercherà di riportare al centro la questione del diritto alla casa come elemento di uguaglianza urbana.

Il dilemma di Londra

Londra, come molte grandi metropoli globali, vive oggi un paradosso. È una città ricca, ma sempre meno accessibile; cosmopolita, ma con quartieri che si svuotano della loro diversità; potente sul piano economico, ma vulnerabile su quello sociale.

Il nodo dell’abitare racchiude tutte queste contraddizioni. Le decisioni prese oggi – riduzione delle quote, incentivi agli sviluppatori, deregolamentazioni – determineranno il volto della capitale per i prossimi decenni.

Il rischio, avvertono gli urbanisti, è trasformare Londra in un mosaico di enclavi economiche, dove la residenza non è più un diritto ma un privilegio. Al contrario, se la misura riuscirà davvero a rilanciare l’edilizia e a ridurre i prezzi, potremmo assistere a un raro caso di cooperazione virtuosa tra pubblico e privato.

Per ora resta l’incertezza, e con essa la speranza che la città sappia ancora reinventarsi, come ha sempre fatto nei momenti di crisi.

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Redazione Redazione Eventi e News