Sinner non si tocca, e altre perle di chi si indigna se Briatore risiede a Montecarlo

Questo non è un articolo su Jannik Sinner, e non lo è per mancanza di elementi: non guardo il tennis da quando ho smesso di giocarci, saranno trentacinque anni, e di Sinner non so niente se non quello che è impossibile non sapere perché, quando uno sportivo locale vince qualcosa, su quello sportivo si convogliano due delle più temibili malattie della psiche collettiva.
C’è qualcosa di più stupido che, mi viene anche da ridere a usare l’espressione, tifare per qualcuno? Tifi per qualcuno, cioè ci tieni che quel qualcuno vinca, se quel qualcuno è un tuo amico, un tuo parente, qualcuno per cui lavori. In tutti gli altri casi, sei un disturbato che prende a cuore le fortune d’uno sconosciuto contro quelle d’un altro sconosciuto.
Poi certo, la società degli umani si fonda innanzitutto su compromessi che contengano i possibili danni. Fingiamo di trovare normale che vi mettiate in casa dei cani che fate salire sulle lenzuola su cui mettete la faccia mentre agli ospiti umani fate levare le scarpe per l’igiene dei pavimenti, figuriamoci se non fingiamo sia normale che urliate fino a perdere la voce per una squadra di calcio della quale non siete proprietari, per un tennista che non sa che esistete.
Il tifo per una squadra o un atleta in un torneo nazionale è nulla in confronto al tifo per la nazionale o per i giocatori che competono contro gli stranieri. Qui, oltre alla tifoseria, entra nel calcolo dei danni psicologici il patriottismo, forse il più scemo di tutti i valori sempre, ma particolarmente nel caso dell’Italia, patria di evasori fiscali, parcheggiatori in doppia fila, percettori di pensioni di falsa invalidità, e chi più ne ha più dimostri quanto non gliene fotte niente dei suoi compatrioti.
Quando un italiano qualunque vince in una qualunque disciplina della quale all’italiano medio non era fottuto niente fino a un minuto prima, ecco che quell’italiano medio improvvisamente tiene al tizio che ha vinto, specchiandosi nel quale può percepirsi un po’ vincitore; tiene a chi lo fa sentire un figo, invece che uno col riporto cui la moglie non la dà da anni, assai più che ai suoi congiunti: vi ricordate quand’eravate diventate tutti appassionatissimi di curling, qualunque cosa fosse?
E quindi tutti tifosi di sci quando c’è Tomba, di calcio quando c’è Tardelli, di tennis quando c’è Panatta, di pallavolo adesso. E in questi anni anche di tennis, naturalmente, perché quasi cinquant’anni dopo Panatta è arrivato Sinner. E, poiché la cosa più importante e stimabile che abbia fatto Pasolini è stata far dire a Orson Welles che gli italiani sono «il popolo più analfabeta, la borghesia più ignorante d’Europa», il sinnerismo di questo nostro tempo sbandato è scomposto e ridicolo come sanno esserlo dei dodicenni senili che debbano difendere il loro poster.
Me n’ero accorta persino io, che avevo constatato quanto fossero goffe le difese d’ufficio dell’elusione fiscale. Non perché mi sembrasse strano che gli italiani amassero un poster in cui specchiare i loro difetti e la vita che farebbero loro se solo potessero: è stato sempre così, da Alberto Tomba che mette una sirena sulla macchina per saltare gli ingorghi a Valentino Rossi che, come qualunque ragioniere che tifi qualunque sport, potendo evitava di pagare tasse.
Non per la stranezza, ma perché alla centesima replica ancora trovo lunare il patriottismo d’una popolazione che i giorni pari si lamenta perché ci sono otto mesi di lista d’attesa per fare la tac, e i giorni dispari tifa per uno che col cazzo che paga le tasse al paese che potrebbe avere più soldi per il personale operatorio se più gente non ritenesse il pagare le tasse un hobby per pervertiti.
Sarà che il cittadino medio non sa mettere in relazione le minori entrate dello Stato con le maggiori difficoltà della sanità pubblica? Chissà, fatto sta che me n’ero accorta persino io, vedendo le appunto scomposte difese dei tifosi che hanno, verso uno che vince delle partite di tennis, lo stesso atteggiamento protettivo che avrebbero verso le loro anziane madri: tu la sua moralità non la metti in dubbio capitoooo.
La settimana scorsa Emanuela Audisio ha scritto un garbatissimo pezzo mettendo in fila i molti indizi d’un dettaglio ovvio anche per le osservatrici più distratte: a Sinner non frega niente di niente. Non di Mattarella, non dei tifosi che hanno comprato il biglietto per vederlo alla Davis, non della tv a meno che non gli dia tutti i soldi che vuole (la trattativa per portarlo a “Che tempo che fa” non è ancora finalizzata perché si è arenata sul cachet, e – considerato che il gruppo Warner ha molti più soldi di quanti ne abbiano le tv italiane – mi pare evidente che Sinner intenda ramazzare il più possibile da questi anni in cui i migliori offerenti rilanciano, e ritirarsi persino più presto di quanto fece Borg; se trovano degli sponsor che portino l’ingaggio a un milione, alla fine fa persino la Davis).
I tifosi hanno accolto il pezzo della Audisio come se l’autrice avesse scritto che la mamma di Sinner l’ha data all’intero esercito asburgico, ed è perciò con scarso stupore che ho osservato le attenzioni che hanno dedicato ad Aldo Cazzullo, che ha osato accusare il poster dai capelli rossi non solo di avidità ma anche di fottersene dell’italianità (cosa che mi pare innegabile: secondo me neppure cuoce la pasta al dente).
Due giorni fa, su Twitter o come si chiama ora, un account dedicato al fanatismo di Sinner ha pubblicato un tweet (o come si chiamano ora) che fa così: «Inviato, con educazione, mail ad Aldo Cazzullo chiedendo come lui possa ritenere con tale convinzione che a Sinner di rappresentare l’Italia non interessi. Ha risposto da grande giornalista qual è». Segue uno screenshot in cui Cazzullo sembra me: a mezzanotte e ventiquattro, invece di contare le royalties, fare il bagno nei dobloni, giocare a Wordle, scrive a questo derelitto «Eccone un altro che non paga le tasse».
Non possiamo non dirci cazzulliani, perché la questione è quella: questo non è un articolo su Jannik Sinner, che farà un po’ quel che gli pare. Questo è un articolo su voialtri, che se la residenza a Montecarlo ce l’ha Flavio Briatore v’indignate, e se ce l’ha uno che vi fa per un attimo dimenticare la silenziosa disperazione delle vostre vite e percepirvi vincitori a mezzo tifoseria, ecco lì che guai a chi ve lo tocca.
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