Il limbo dei Balcani nel nuovo disordine globale

Ottobre 26, 2025 - 06:30
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Il limbo dei Balcani nel nuovo disordine globale

Questo è un articolo del numero di Linkiesta Magazine 02/25 – “Tempi Impazziti”, ordinabile qui.

Trema l’ordine mondiale. Gli equilibri geopolitici definiti nel 1945 e ricalibrati nel 1990 sono sotto scacco. « Grande è la confusione sotto il cielo» e questo disordine scuote in particolare le frontiere dell’Europa. Le linee di confine orientali, che partono dall’Ucraina, attraversano la Moldova e arrivano fino al Caucaso. E poi la sponda sud, quel Mediterraneo allargato che si estende dal mondo arabo fino al Sahel. Ma anche i Balcani, quella zona di confine nel cuore del nostro continente, dove si intrecciano da secoli Europa centrale, mondo russo e turco-medio-orientale, creando un incrocio di identità così dense e interrelate che la sostituzione di una sola di esse scatenerebbe un caos globale.

In questo crogiolo che sono i Balcani, le carte si stanno mescolando in modo inusuale, creando sia nuovi rischi sia aperture inaspettate per la democrazia.

Il primo elemento che colpisce è la vitalità delle forze democratiche della regione. Da novembre scorso, la Serbia è attraversata dal suo “Sessantotto”. Il movimento studentesco, nato dopo il tragico crollo di una pensilina dell’Università di Novi Sad, ha assunto proporzioni enormi, sfidando apertamente il regime autoritario di Aleksandar Vučić. Elezioni democratiche, lotta alla corruzione e stato di diritto sono le principali richieste di questo movimento, che ha trovato una base di sostegno nelle università del Paese. Questo risveglio spontaneo, in un paese storicamente refrattario alla democratizzazione e ancora influenzato dal nazionalismo etnico, dimostra che l’attuale spirale autoritaria che segna il mondo non è ineluttabile. La forza della mobilitazione serba è un segnale potente per tutte le opinioni pubbliche mondiali.

Un secondo punto degno di nota riguarda le difficoltà che la Russia sta incontrando nel suo progetto di destabilizzazione della regione. L’indebolimento del regime serbo, che coltiva forti legami con Mosca, limita anche la capacità della Russia di esercitare influenza sui Balcani. In Bosnia-Erzegovina, ad esempio, la crisi costituzionale scatenata dai piani secessionisti dei serbi di Bosnia, guidati dal presidente Milorad Dodik, ha messo in luce i limiti del sostegno russo. L’appoggio di Mosca non ha impedito che Dodik venisse emarginato politicamente, rivelando l’incapacità di Mosca di consolidare la propria influenza.

Questa debolezza russa e la forza dei movimenti democratici offrono uno spunto di speranza per il futuro della regione, riducendo la preoccupazione, forte qualche anno fa, che il conflitto ucraino potesse estendersi anche ai Balcani.

Tuttavia, permangono numerose incertezze. La spontaneità dei movimenti democratici è un’arma a doppio taglio: la loro imprevedibilità può sorprendere regimi e apparati ma allo stesso tempo li rende vulnerabili. Senza una strategia chiara e un supporto istituzionale che attualmente manca, questi movimenti rischiano di arenarsi, consentendo agli autocrati di mantenersi al potere nel lungo periodo.

Di più, la confusa svolta trumpiana si riflette anche nei Balcani, dove gli Stati Uniti, storicamente sostenitori delle forze democratiche e oppositori del nazionalismo, riducono il proprio impegno. La chiusura dei programmi a favore delle forze democratiche decisa dall’amministrazione Trump ha già avuto effetti tangibili, mentre l’influenza russa è privata dell’importante contrappeso americano.

In questo scenario, la prospettiva europea torna a essere cruciale, soprattutto con il progetto di allargamento dell’Unione Europea verso i Balcani. Tuttavia, per rivitalizzare questo processo, occorre rinnovarne il senso. Un allargamento dell’Unione europea deve porre al centro la questione della democrazia nei Balcani, per offrire un sostegno alle forze che oggi si battono per una vera trasformazione. In questo modo, l’Unione europea potrebbe colmare il vuoto lasciato dagli Stati Uniti, mantenendo un dialogo con le forze liberali non solo della regione, ma anche con quegli attori democratici e internazionalisti che anche a Washington non si rassegnano a lasciare la regione alle forze autoritarie.

L’Unione europea deve inoltre affrontare la Russia con determinazione, spingendo i regimi serbo e serbo-bosniaco a fare chiarezza definitiva sui loro rapporti con Mosca. Senza un chiaro intervento europeo, i segnali positivi in corso nella regione potrebbero evaporare e l’attuale quadro potrebbe peggiorare rapidamente. Le speranze di oggi saranno così sostituite dal disordine di domani.

Questo è un articolo del numero di Linkiesta Magazine 02/25 – “Tempi Impazziti”, ordinabile qui.

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