Mali. Maxi attacco jihadista contro i militari, numerosi i morti

Giugno 4, 2025 - 05:00
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Mali. Maxi attacco jihadista contro i militari, numerosi i morti

di Giuseppe Gagliano –

Un attacco su larga scala, condotto con precisione militare e determinazione ideologica dal Gruppo di sostegno all’Islam e ai Musulmani (JNIM), formazione jihadista affiliata ad al-Qaida, ha colpito ieri duramente la base militare di Boulkessi, nel centro del Paese. Secondo fonti di sicurezza raccolte da Reuters, i soldati maliani uccisi sarebbero oltre trenta. Un bilancio tragico che, se confermato, segnerebbe l’ennesima disfatta tattica per un esercito che da anni cerca invano di contenere l’avanzata jihadista in una regione ormai fuori controllo.
L’esercito maliano, travolto dall’intensità dell’assalto, ha ammesso di essersi dovuto ritirare. Nessun dato ufficiale è stato però pubblicato, mentre le immagini satellitari mostrano veicoli carbonizzati, postazioni distrutte e una base ormai deserta. Oggi una seconda offensiva ha colpito Timbuctù, simbolo dell’identità storica del Mali, con colpi di mortaio sull’aeroporto e un tentativo fallito di infiltrazione jihadista nella guarnigione. Le forze armate dichiarano di aver ucciso tredici miliziani e recuperato materiale bellico. Ma il messaggio è chiaro: i jihadisti non solo non arretrano, ma ampliano il fronte e affinano la strategia.
La duplice offensiva si inserisce in un quadro più ampio, quello della lenta ma costante espansione del JNIM in direzione del Golfo di Guinea. Un’ipotesi che ieri appariva remota, oggi è la previsione operativa del comando militare statunitense per l’Africa. Il generale Michael Langley, alla guida dell’AFRICOM, ha recentemente lanciato un allarme severo: se non verranno contenute, le milizie jihadiste punteranno alle coste dell’Africa occidentale, destabilizzando un intero blocco regionale da Dakar ad Abidjan.
Dal 2012, data della crisi del nord del Mali e del crollo dell’autorità centrale, il Paese è sprofondato in una spirale di violenza armata, tensioni etniche, e collasso istituzionale. I militari, saliti al potere con due colpi di Stato successivi (2020 e 2021), hanno promesso di riprendere il controllo del territorio. Ma la realtà è ben diversa. L’uscita dal sistema G5 Sahel e l’abbandono della cooperazione con la Francia non sono stati compensati da una reale autonomia strategica. L’Alleanza degli Stati del Sahel (AES), nata con Burkina Faso e Niger, ha formato una forza congiunta di 5mila uomini. Ma è una goccia nel deserto: mal equipaggiata, male addestrata, priva di supporto aereo, questa coalizione non ha ancora ottenuto una vittoria significativa.
Nel frattempo le comunità locali vivono nel terrore quotidiano. I jihadisti hanno imparato a muoversi in ambienti ostili, a costruire reti di intelligence informale, a comprare lealtà nei villaggi dove lo Stato è assente. E quando l’esercito arriva, spesso lo fa con brutalità: torture, rappresaglie, arresti arbitrari. In questo clima, ogni sconfitta sul campo alimenta un circolo vizioso di sfiducia, diserzione e radicalizzazione.
La caduta di Boulkessi non è solo un fatto militare: è un colpo politico durissimo. Segnala che il governo di Bamako, nonostante le dichiarazioni di sovranismo e il sostegno diplomatico russo, resta incapace di garantire sicurezza alle sue stesse forze armate. Ogni base persa, ogni soldato ucciso, sposta un altro tassello del Mali verso la dissoluzione.
E mentre i think tank occidentali e le cancellerie europee si interrogano sul futuro della regione, la realtà si impone con brutalità: il jihadismo sa adattarsi, colpire, sparire. E può contare su un vuoto geopolitico che si allarga giorno dopo giorno, senza che nessuno, né Onu, né Unione Africana, né Paesi del G7, sembri davvero in grado di colmarlo.

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Redazione Redazione Eventi e News