Max Mara, una settantina di lavoratrici si schierano a favore dell’azienda

Si riaccende l’affaire relativo alle polemiche contro Max Mara da parte di alcune lavoratrici impegnate nella sede di Manifattura San Maurizio di Reggio Emilia, fiore all’occhiello del gruppo. Nei giorni scorsi una settantina di dipendenti del medesimo stabilimento che non hanno aderito alle proteste delle ultime settimane contro il gruppo avevano scritto una nota congiunta segnalando condizioni di lavoro totalmente differenti da quelle denunciate dalle colleghe e sottolineando, invece, il clima positivo all’interno del posto di lavoro. E proprio due giorni fa una rappresentanza composta da una decina di queste dipendenti è stata ricevuta dal sindaco Marco Massari per mettere al corrente il primo cittadino della loro esperienza nel gruppo. L’incontro ha alzato il tiro delle polemiche interne e ulteriormente diviso il clima dal momento che il segretario generale della Cgil di Reggio Emilia, Cristian Sesena ha dichiarato alla Gazzetta di Reggio che la settantina di firmatarie non sarebbe rappresentativa dell’azienda, aggiungendo poi che la scelta di entrare da un ingresso secondario e di schivare la stampa sarebbe segno di una scarsa convinzione “sul livello di convinzione con cui stanno interpretando la parte assegnata loro dall’azienda”.
Nella lettera diffusa a fine giugno le lavoratrici ‘pro azienda’ avevano dichiarato: “Tutte le aziende, indipendentemente dalle dimensioni o dal settore, affrontano delle sfide e dei problemi; la nostra non fa eccezione. Tuttavia, pur riconoscendo l’importanza del diritto allo sciopero esercitato da alcune nostre colleghe, che evidentemente percepiscono un disagio nel proprio ambiente di lavoro, riteniamo doveroso prendere le distanze da alcune affermazioni e modalità che sono emerse durante la protesta e che non rappresentano la totalità delle lavoratrici”. Nella lettera le lavoratrici hanno sottolineato: “riteniamo inaccettabili i toni aggressivi, le accuse personali e alcune espressioni utilizzate durante la protesta, come ‘schiave’, ‘obese’ o ‘mucche da mungere’, che non rispecchiano in alcun modo il clima all’interno dello stabilimento né il vissuto della maggioranza di noi”. Sul sistema di cottimo spiegano che “è previsto dal nostro contratto di lavoro interno e non sostituisce il salario base, bensì lo integra. Ogni lavoratrice riceve un salario fisso mensile a cui si aggiunge un incentivo legato alla produttività. (…) Il sistema non rappresenta una forma di pressione, ma un’opportunità concreta di aumento della retribuzione, calibrata sulle capacità di ciascuna”.
Nei giorni scorsi l’azienda aveva diramato una nota smentendo “che vi sia all’interno di Max Mara Fashion Group un clima lesivo della dignità delle persone, come confermato dall’intervento pubblico di una folta rappresentanza di lavoratrici della Manifatture di San Maurizio”, spiegando che “per coerenza con il nostro stile, abbiamo atteso alcuni giorni prima di intervenire pubblicamente sulle notizie che riguardano le nostre politiche del lavoro: la nostra azienda non è abituata a commentare, ma a lavorare”. Contestualmente, il gruppo ha annunciato anche il suo “ritiro definitivo” dall’ambizioso progetto del ‘Polo della Moda’ insieme al Comune di Reggio Emilia. La scelta di abbandonare il progetto, riportata dalla stampa locale, è stata comunicata dal presidente del gruppo, Luigi Maramotti, in una lettera al sindaco Marco Massari, e sarebbe il risultato del “clima di divisione e strumentalizzazione” che ha reso impossibile la prosecuzione di un piano di sviluppo considerato strategico per la città. “Nonostante l’impegno profuso dai nostri collaboratori, dai professionisti e dai funzionari dell’amministrazione pubblica, che ringraziamo, dobbiamo prendere atto delle perplessità e delle divisioni emerse”, ha dichiarato Maramotti.
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