Minoranze linguistiche in Italia: il caso della lingua sarda

Lug 8, 2025 - 10:30
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Minoranze linguistiche in Italia: il caso della lingua sarda

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La lingua sarda è una delle espressioni più antiche e originali del patrimonio culturale italiano, che tutela in modo particolare il contesto delle minoranze linguistiche in Italia.


Parlata da secoli in numerose varianti locali, la sua storia si intreccia con quella di popoli, dominazioni e identità che hanno reso l’isola un crocevia di lingue e culture. Ma a che punto è oggi la sua tutela? E in quali ambiti trova spazio il sardo nella vita quotidiana?

La lingua sarda: riconoscimento normativo tra le minoranze linguistiche in Italia, ma con limiti applicativi

La prima tappa significativa del percorso istituzionale risale al 1997, quando la Regione Sardegna ha sancito con una legge (la n. 26 del 15 ottobre) il principio di parità tra l’italiano e la lingua sarda, riconoscendone il valore storico e culturale. Due anni dopo, la legge statale n. 482/1999 ha ampliato il quadro, includendo il sardo tra le dodici lingue minoritarie protette dallo Stato italiano. Questo testo ha previsto interventi in vari ambiti: dall’uso nelle amministrazioni pubbliche alla promozione nei media, passando per la toponomastica e, in teoria, anche l’insegnamento scolastico.

Tuttavia, tra le intenzioni della norma e la realtà quotidiana il divario resta evidente. La tutela resta discontinua, spesso legata a progetti locali o a bandi specifici, senza una strategia organica e duratura. In particolare, il sardo non è ancora una lingua pienamente presente nella pubblica amministrazione o nei percorsi educativi, dove compare solo in iniziative sperimentali e senza continuità strutturale.

Il mosaico delle varianti e l’assenza di una standardizzazione

Uno degli ostacoli maggiori alla diffusione del sardo in contesti formali è la sua varietà interna. Non esiste una versione unica della lingua, ma un insieme di idiomi e parlate che si distinguono tra nord, centro e sud dell’isola: dal logudorese al campidanese, passando per il gallurese, il sassarese, il nuorese e altre varianti locali. La questione della standardizzazione ha animato per anni il dibattito tra studiosi, attivisti e istituzioni.

Nel tentativo di trovare un equilibrio, nel 2006 è stato proposto un modello di lingua unificata chiamato Limba Sarda Comuna (LSC), pensato per essere utilizzato nei documenti ufficiali. Tuttavia, la proposta ha incontrato resistenze, sia sul piano culturale che politico, e non è riuscita a imporsi come riferimento comune.

La lingua nei media e nella cultura

Sul fronte dei mezzi di comunicazione, la presenza del sardo è ancora marginale. Alcune emittenti radiofoniche locali trasmettono programmi in lingua, e sporadicamente anche le televisioni regionali propongono contenuti in sardo, ma si tratta di esperienze limitate. Anche nei giornali e online, il suo utilizzo è circoscritto ad ambiti specifici e non rappresenta la norma.

Diversa la situazione in campo culturale. In questi anni, la lingua sarda è stata protagonista di una fioritura artistica che abbraccia poesia, musica, teatro e narrativa. Molti cantautori l’hanno scelta per esprimere identità e memoria collettiva, e negli ultimi anni sono emerse anche opere letterarie scritte interamente in sardo o traduzioni di grandi classici. Il Premio “Ozieri” e il concorso “Casteddu de sa Literatura” sono solo alcuni degli spazi dedicati alla produzione letteraria in lingua.

L’uso nelle amministrazioni e nella toponomastica

L’uso del sardo nelle istituzioni pubbliche resta una questione aperta. La legge statale del 1999 prevede la possibilità di impiegarlo nei rapporti con i cittadini, ma l’effettiva applicazione dipende dalla volontà dei singoli enti. Alcuni comuni virtuosi hanno adottato la doppia denominazione toponomastica, affiancando ai nomi in italiano quelli in lingua locale. In alcuni casi, i moduli amministrativi sono stati tradotti, e alcune delibere sono state pubblicate anche in sardo. Ma sono esperienze isolate e non ancora generalizzate.

I giovani e la trasmissione linguistica

Uno degli aspetti più delicati riguarda la trasmissione del sardo tra generazioni. Secondo recenti indagini sociolinguistiche, la percentuale di giovani che comprendono la lingua è ancora relativamente alta, ma il numero di coloro che la parlano regolarmente è in calo. Molti apprendono il sardo in famiglia, ma tendono a non usarlo nei contesti scolastici, lavorativi o mediatici, dove prevale l’italiano.

L’assenza di una presenza stabile del sardo nei percorsi formativi rappresenta quindi un ostacolo concreto alla sua sopravvivenza nel lungo periodo. Senza un’adeguata alfabetizzazione e strumenti didattici, rischia di rimanere confinato alla dimensione familiare o folkloristica.

Il ruolo dell’Europa e le richieste di maggiore tutela

Il Consiglio d’Europa, attraverso la Carta europea delle lingue regionali o minoritarie, ha più volte invitato l’Italia a rafforzare le misure di protezione per il sardo. Nei suoi rapporti periodici, ha sottolineato la necessità di inserire la lingua nei programmi scolastici, promuoverla nei media pubblici e garantirne l’uso nei servizi istituzionali.

Intanto, sul territorio, numerose associazioni e movimenti per la lingua continuano a chiedere una legge regionale organica che dia piena attuazione ai principi già sanciti a livello nazionale e internazionale. Una delle proposte più ricorrenti è quella di istituire un Ufficio Linguistico Regionale, con funzioni di coordinamento, formazione e promozione, oltre a fondi stabili per la produzione culturale e la didattica.

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