Non sono eventi per disabili, il manifesto Live for All: “Grandi concerti? Intoccabili, gli artisti impegnati non si fanno sentire”

Novembre 18, 2025 - 08:10
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Non sono eventi per disabili, il manifesto Live for All: “Grandi concerti? Intoccabili, gli artisti impegnati non si fanno sentire”

Così è facile: dopo l’acquisto, tramite e-mail a canali improbabili, l’obbligo di poter accedere soltanto ad alcuni spazi, un’attesa più o meno lunga che pare un limbo, scenari prevedibili come quelli già sperimentati in passato – pedane avvilenti, barriere architettoniche, spazi inadeguati, transenne ostruenti -, anche la postilla che suona di mani avanti. “Si ricorda che i posti si trovano in un settori con possibili limitazioni di visibilità”. E mentre tutti si emozionano e si eccitano, qualcuno invece sta soffrendo. Ancora più frustrato, ancora più discriminato proprio in quel momento che invece dovrebbe essere il più emblematico nella socializzazione. Così è troppo facile: così non vale. Per postille simili, per condizioni simili ne hanno perse di cause e continueranno a perderne le società, anche grandi società organizzatrici, semplicemente perché quelli in Italia non sono eventi – concerti, festival, gare sportive – per persone con disabilità.

Questione strutturale e sistemica che il manifesto LIVE FOR ALL aveva sollevato in maniera solida a partire da una proposta legislativa – emendamenti alla proposta di legge n.1536 sulla partecipazione delle persone con disabilità a spettacoli e manifestazioni sportive: ritenuta comunque largamente insufficiente rispetto agli obiettivi – che, nonostante tante belle parole e molta solidarietà, dallo scorso gennaio resta impantanata al Senato. “Ci chiediamo come mai questi argomenti non possono mai trovare tempistiche: ogni santo giorno, dalla Valle d’Aosta alla Sicilia, ci sono episodi di discriminazione di questo tipo”, dice a L’Unità Valentina Tomirotti, giornalista, esperta di comunicazione digitale e attivista. Fa parte del comitato per i concerti accessibili con Lisa Noja, Riccardo Di Lella, Serena Tummino e Marina Cuollo, un’iniziativa collettiva lanciata ad aprile 2024.

Perché tutto questo venga derubricato a questione secondaria, marginale, è perché “l’aspetto ludico – secondo Tomirotti – viene considerato banale, secondario, ma si dimentica che vuol dire anche socializzazione. Stare in mezzo alla gente, uscire di casa. E quello che può essere normale per chiunque, per una persona con disabilità può diventare molto complicato”. Come si legge nella Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, è un diritto quello “prendere parte liberamente alla vita culturale della comunità, di godere delle arti”. Non sembrano aver insegnato nulla le chiusure per la pandemia da coronavirus: quando la vita sociale era azzerata, gli eventi vietati, le ripartenza dettata da regole grottesche se non ridicole. Tanto per ricordare che non si vive solo delle cose essenziali. E non sembra aver insegnato nulla quanto la fruibilità sociale e culturale possano influire sulla formazione e la qualità di vita di una persona.

 

 

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La petizione su Change.org ha raccolto oltre 30mila firme, il manifesto individua cinque obiettivi. Il primo è già indicativo: Prenotazioni uguali a tutti gli altri, con un click. Già da quel momento, già da subito, è infatti un calvario. “Quando una persona con disabilità vuole andare in un concerto entra in un loop malefico di burocrazia – spiega la giornalista – io non vado su un sito, scelgo il concerto, un posto e pago: no. Ci sono canali paralleli di dubbio gusto che non sono universali, dichiarati in forma trasparente. E io devo scrivere a una mail alla quale magari mi rispondono, forse, chissà, dopo un mese. Resto nel frattempo in un limbo, e se i biglietti sono finiti e non c’è più posto?”. Sarebbe già abbastanza. “Circola un modulo, su questi canali, in cui si legge che chi organizza non ha responsabilità se lo spettacolo non si vede. Ma in che senso? Io ho pagato un biglietto. Questa è discriminazione”.

Diverse le cause, i procedimenti, che hanno dato ragione agli attivisti vittime di queste situazioni. La stessa Tomirotti ha ottenuto un risarcimento per un concerto all’Arena di Verona nel 2019 in cui posizione e altri spettatori le ostruirono completamente la visuale. Agli altri punti del manifesto si rivendicano numeri democratici, posti adeguati, basta segregazioni. “Spazi dedicati non vuol dire ‘solo per le persone con disabilità’, vuol dire accessibile. Come mai abbiamo un solo prezzo? O quello o nulla? Lo spettatore di norma può scegliere tra curva, tribuna, parterre. Io non posso scegliere: in alcuni casi costa molto e non tutti se lo possono permettere. C’è chi se lo può permettere, e va bene, ma si dovrebbe poter scegliere. Ovvio che capisco che non posso accedere a ogni spazio, ma non l’ho scelto io. Ci vorrebbero delle agevolazioni”.

 

 

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I biglietti disponibili ballano tra lo 0,5% e il 15% di quelli totali, prenotabili via e-mail in determinate fasce orarie prestabilite e in determinati giorni. Si dovrebbe invece stabilire un numero di posti massimo possibile secondo la struttura coinvolta, distribuito in più settori per ampliare scelta tra possibilità e fruibilità. E invece, spesso e volentieri, il massimo disponibile sono delle pedane segreganti dalla visuale pessima e dove anche allontanarsi per servirsi al bar o andare in bagno può compromettere la visione di tutto lo spettacolo. Alcune organizzazioni includono nel costo del biglietto un accompagnatore, altre no. “Come mai devo andare accompagnata? Altrimenti non entro, anche se sono autonoma. Se voglio andare da sola, non posso. E se vado con più di un accompagnatore, automaticamente loro vengono messi lontani da me”. Spesso insomma non si può godere dello spettacolo con chi si vuole. “Ci vogliono dei tavoli di discussione specifici per ogni location – reclama Tomirotti – dobbiamo avere l’opportunità di avere voce e la legge deve essere discussa nei posti opportuni”.

A inizio luglio il manifesto era arrivato a Palazzo Madama, al Senato. “A che punto siamo? La proposta di legge doveva andare in discussione poco più di una settimana fa, si vede che non era così fondamentale. Avevamo scritto degli emendamenti ma se non c’è una disposizione di legge non possono diventare realtà. La campagna intanto continua, la community sta andando avanti e si sta allargando”. E qualcuno ha migliorato, ci ha provato: ha alzato la mano, ha chiesto di farsi dare una mano nell’organizzazione. Non i grandi eventi. “Quelli sono intoccabili: non scendono a dialogare. Mai nessuno, dei grandi organizzatori, ci ha proposto di sederci a un tavolo. C’è la falsa credenza che rendere accessibile vuol dire dover pagare di più o introitare meno. Questo loro comportamento però è anche un danno d’immagine”.

 

E Tomirotti non si nasconde, allarga il discorso oltre il manifesto, in passaggi più personali che coinvolgono anche gli artisti. “Non voglio che mi risolvano la situazione ma se un artista parla di queste cose, è strano non voglia esporsi. Succede anche con eventi dal valore sociale, grandi concerti con artisti che si spendono per cause simili, però poi non sanno cosa fare. Credo ci sia una situazione di comodo: chi organizza mette i soldi“. Più che modelli virtuosi, al momento ci sono artisti che ci provano. I Coldplay, per esempio, che utilizzano la lingua dei segni e gli zainetti sensoriali che tramite vibrazioni trasmettono i suoni a persone sorde e che contengono strumenti che attutiscono la sovrastimolazione in ambienti affollati, come cuffie e palline antistress. E in Italia qualcuno li sta seguendo.

Al calvario della prenotazione vanno aggiunti attestati di disabilità, documenti medici e altri documenti d’identità che variano a seconda dell’organizzazione. Al quinto punto del manifesto si legge: Nuovi parametri di progettazione delle infrastrutture. “A livello motorio bisognerebbe aprire dei tavoli tecnici ma realistici su quella che è la sicurezza. Non voglio avverare le regole e giocarmela sul pericolo, voglio scegliere di esserci. Quantomeno come gli altri. Pago il biglietto, devo avere il servizio. La soluzione non può essere non farmi pagare”. Sarebbe anche quello discriminante. È quel tipo di battaglia che interessa tutti, oltre il valore intrinsecamente civile, anche chi suppone di non aver bisogno di un sistema non discriminante.

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Redazione Eventi e News Redazione Eventi e News in Italia