Ricostruire il mondo, partendo dalle voci delle donne

Si è concluso a Milano il ciclo internazionale di incontri World With Women – Life Is Now, organizzato dall’associazione Vitaworld in collaborazione con Vita Ukr e dedicato ai diritti delle donne. Per quattro giorni, partecipanti provenienti da Ucraina, Iran, Siria, Venezuela e Kurdistan hanno condiviso esperienze legate alla guerra, alla violenza, alle persecuzioni politiche e alla migrazione forzata.
Una delle principali relatrici dell’evento è stata Sasha Romantsova, direttrice esecutiva del Center for Civil Liberties, un’organizzazione ucraina insignita del Premio Nobel per la Pace nel 2022. Durante l’evento Romantsova ha sottolineato l’importanza della documentazione delle testimonianze: «Registriamo e conserviamo le storie delle persone, perché dietro ognuna c’è una vita», ha detto durante l’incontro, sottolineando come oggi le donne ucraine non solo proteggono le loro famiglie, ma svolgono anche un lavoro che dovrebbe essere di responsabilità delle istituzioni: cercano le persone scomparse, fanno volontariato, coordinano gli aiuti, e sostengono chi è in difficoltà. «Dietro ogni fatto c’è il destino di una persona», ha ribadito Romantsova. Proprio da questi destini che si forma il volto della storia ucraina contemporanea.
Le attiviste iraniane Rayhane Tabrizi e Delshad Marsous hanno invece parlato della violenza strutturale contro le donne nel loro Paese, e hanno approfondito il ruolo dell’arte come forma di resistenza. Tabrizi, rappresentante del movimento “Donna. Vita. Libertà”, ha raccontato di una realtà in cui gesti quotidiani possono diventare motivo di punizione. «Ciò che in altri Paesi è parte della vita di tutti i giorni, da noi può diventare un reato – ha spiegato –. La cosa più dolorosa è quando il desiderio di essere te stessa viene percepito come una minaccia al sistema politico del tuo Paese». La designer iraniana Delshad Marsous ha raccontato come l’arte sia diventata per lei uno strumento di resistenza: «In un Paese dove il corpo della donna è controllato, l’arte diventa un modo per riappropriarsi della propria voce». Per Marsous, la moda non è solo estetica, ma un linguaggio di opposizione e affermazione personale, soprattutto quando ogni altra forma di espressione viene limitata.
La giornalista ed ex deputata venezuelana Mariela Magallanes ha raccontato le pressioni del regime autoritario di Maduro nel suo Paese. «Volevo solo fare il mio lavoro: dire la verità. Ma quando la verità è diventata un pericolo, ho capito quanto velocemente la realtà possa scomparire». La sua testimonianza ha ricordato che dove nasce una dittatura, la verità è la prima ad essere considerata una minaccia, e la libertà smette di essere un diritto, diventando un privilegio.
La psicologa e mediatrice culturale curda Nurgül Cokgezici – arrivata in Italia da bambina dopo le persecuzioni in Turchia – ha condiviso il suo dolore per la perdita della propria abitazione: «Chi ha perso la propria casa conosce bene la parte invisibile della migrazione: la paura, il silenzio e l’incertezza. È qualcosa che ti insegna a riconoscere lo stesso dolore negli altri». Oggi lavora con donne che hanno subito violenze o che sono fuggite dalla guerra.
«Per molte donne l’incertezza è diventata il ritmo abituale della vita – ha raccontato invece la neuropsicologa ucraina Dana Mekhedova, che ha parlato delle donne ucraine che vivono nei centri di accoglienza temporanea –. In questa quotidianità desiderano soprattutto una cosa: che la loro esperienza non passi inosservata». Ha sottolineato che l’aiuto umanitario non basta: serve un sostegno psicologico continuativo, affinché le donne possano riconquistare il loro spazio e la propria autonomia. Ha inoltre evidenziato gli effetti della perdita della casa e della prolungata incertezza in cui vivono molte donne costrette a fuggire dalla guerra.
Il ciclo di incontri si è concluso con un contributo della cantante siriana Soumaya Hallak, che ha dedicato un brano ai bambini che vivono nei campi profughi. «Canto per quei bambini che vivono nei campi profughi e non sanno se il mondo si ricorda di loro. È il mio modo per dirgli: siete importanti». La sua voce ha ricordato che l’arte, a volte, riesce a fare ciò che non riescono a fare le dichiarazioni politiche: ridare a una persona la sensazione di non essere dimenticata.
Il progetto proseguirà con nuovi incontri, e con una mostra delle opere del Liceo Brera. Negli spazi post-industriali dell’Ex Tintostamperia Val Mulini di Como è stato infatti presentato il progetto artistico internazionale Promessi Sposi, che unisce Ucraina e Italia, realizzato su iniziativa dell’associazione Vitaukr e della sua presidente Nataliia Sasina. «Desideravamo creare uno spazio in cui l’Ucraina e l’Italia potessero incontrarsi attraverso l’arte, l’apertura e il sostegno reciproco», ha sottolineato Sasina durante l’inaugurazione.
La mostra riunisce oltre un centinaio di artisti ucraini e italiani e propone una reinterpretazione contemporanea del romanzo I Promessi Sposi di Alessandro Manzoni. Lo spazio è arricchito dalle opere di Germanna Bedont, Luca Dall’Olio, Jeanphilippe, Stanislav Topolsky, Oleksandr Lidagovsky, Dasha Nepochatova e dagli autori ucraini Olena Tryhub, Yurii Odrobinskyi, Lilia Kaluha, Halyna Yerko, Olena Abakumova, e molti altri. Hanno aderito al progetto anche gli artisti del Museo Permanente di Milano Maria Credidio e Nino Attila.
In mostra sono presenti scenografie realizzate da studenti e studentesse del Liceo Brera, art-book degli studenti dell’Università nazionale Petro Mohyla, lavori dei giovani designer del Lviv Fashion College e disegni dei bambini di Zlatopil, nella regione di Kharkiv, città gemellata con Buccinasco. La co-organizzatrice della sezione educativa, Gayane Arushanyan, ha sottolineato che questo formato «unisce artisti professionisti, giovani e comunità in un’unica storia creativa».
Uno degli elementi centrali dell’esposizione è il monumento libro 3D, di grandi dimensioni, che permette ai visitatori di “entrare” – anche se solo simbolicamente – nel romanzo, insieme a installazioni con le citazioni chiave di Manzoni. Il co-curatore Alfredo Mazzotta ha osservato quanto i temi dell’autore siano molto vicini alla realtà ucraina.
Un’attenzione particolare è dedicata ai lavori del gruppo artistico di Kharkiv ArtBat, formato da Olga Nikitenko e Olena Chuieva. Le loro opere, realizzate in condizioni di guerra, rappresentano uno dei nuclei emotivi più intensi dell’esposizione. «Rappresento Kharkiv, una città di dolore e di incrollabile resistenza. La nostra arte nasce nonostante la guerra», ha detto l’artista Olga Nikitenko. Le letture poetiche in ucraino, italiano e inglese hanno aggiunto un ulteriore livello emotivo, approfondendo il carattere dialogico della mostra. il 13 dicembre si terrà l’Art brunch, un laboratorio creativo per bambini, famiglie e tutti gli interessati, dedicato alla Festa di Santa Lucia della Pace.
La mostra si concluderà con il finissage previsto per il 20 dicembre alle ore 17:00, quando organizzatori, artisti e ospiti si riuniranno per un momento conviviale con il tradizionale panettone. «Questa mostra parla di dialogo e solidarietà – ha affermato la curatrice e responsabile della comunicazione del progetto, Valentyna Bilan –. L’arte ucraina qui risuona in modo contemporaneo, mentre l’Italia ci offre il suo sincero sostegno e la sua vicinanza».
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