Scambio: vado in carcere perché tutto ciò che è umano mi riguarda

Dicembre 5, 2025 - 10:00
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Scambio: vado in carcere perché tutto ciò che è umano mi riguarda

Daria Bignardi fa volontariato da molti anni, ma in questa espressione non si riconosce: lo ha detto e scritto in diverse occasioni e lo conferma anche ora. Non si sente “una volontaria” quando entra in carcere per incontrare i detenuti e trascorrere con loro alcune ore: scrivendo, leggendo, discutendo e confrontandosi. Eppure lei oggi ha “l’articolo 78”, ossia quell’articolo della legge 354/1975 relativa all’ordinamento penitenziario che disciplina gli «assistenti volontari»: «persone idonee all’assistenza e all’educazione» che l’amministrazione penitenziaria, su proposta del magistrato di sorveglianza, «può autorizzare a frequentare gli istituti penitenziari allo scopo di partecipare all’opera rivolta al sostegno morale dei detenuti e degli internati, e al futuro reinserimento nella vita sociale» e che «possono cooperare nelle attività culturali e ricreative dell’istituto sotto la guida del direttore». Da quasi 30 anni, Bignardi entra periodicamente nel Carcere di San Vittore a Milano e in altri istituti penitenziari, non solo come giornalista ma anche – appunto – per collaborare alla realizzazione di attività culturali. Perché lo fa? Non certo per dare, piuttosto per ricevere: su questo non ha dubbi.

Impotenza è la cifra del nostro tempo, ma in Italia ci sono 4,7 milioni di persone che si spendono per gli altri.
Qual è il senso di questo impegno? Le risposte all’interno del magazine ‘‘Volontario, perché lo fai?


VITA magazine di novembre è dedicato al volontariato e a ciò che spinge 4,7 milioni di italiani a spendersi per gli altri. Che cosa muove oggi il nostro impegno? Quali sono i nuovi motori del volontariato? Accanto al racconto, abbiamo sfidato dieci firme in un’ambiziosa riscrittura del bellissimo e sempre attuale “Noi ci impegniamo” di don Primo Mazzolari. Dieci parole da cui ripartire, nella Giornata internazionale del Volontariato. La giornalista e scrittrice Daria Bignardi ha scelto la parola scambioSe hai un abbonamento leggi subito Volontario, perché lo fai?  e grazie per il tuo sostegno. Se vuoi abbonarti puoi farlo a questo link

Alla sua esperienza in carcere ha dedicato il suo penultimo libro, Ogni prigione è un’isola (Mondadori, 2024), mentre l’ultimo, appena pubblicato per gli stessi tipi si intitola Nostra solitudine. Per lo più il racconto di un lungo viaggio, eppure anche tra queste pagine il volontariato trova posto, se lo intendiamo come incontro con l’altro, ascolto e soprattutto “scambio”. Perché è proprio questa la parola che Bignardi ha scelto per indicare il motore che la spinge a dedicare il proprio tempo libero in maniera gratuita a chi si trova in detenzione.

Perché non “volontaria”?

Io non ho mai pensato “faccio volontariato”. Io vado in carcere. Non regolarmente tra l’altro. Ma ci vado da molto tempo e ci torno sempre. La parola che fa da motore? Scambio. Fare qualcosa per gli altri, con gli altri, nutre e arricchisce. E si riceve sempre più di quel che si dà.

Quando e come è iniziata la sua esperienza in carcere? Perché avvicinarsi a quel mondo? 

Ho iniziato ad andare a San Vittore quasi trent’anni fa, intorno al 1997. Prima di allora mi scrivevo con un detenuto americano che stava nel braccio della morte. Mi è venuto istintivo, non so perché l’ho fatto. Negli anni ho capito che è perché tutto ciò che è umano mi riguarda.  Oggi ho l’articolo 78 e posso entrare liberamente a San Vittore per attività di tipo culturale, ma sono stata in tanti altri istituti, in tutta Italia, per seguire progetti diversi.  

Quali sono le difficoltà principali che incontra entrando in carcere? E quali sensazioni si porta a casa? 

Non ho difficoltà quando entro in carcere, casomai le ho quando esco: io vado a casa o a fare la spesa, mentre le persone detenute restano lì dentro. E dalle otto di sera alle otto di mattina sono chiusi a chiave in cella, sigillati da un blindo di acciaio e da una seconda porta con le sbarre. Al tempo stesso, però, mi restano il calore delle emozioni che abbiamo condiviso, insieme al grande dispiacere per chi resta rinchiuso. 

Nel suo ultimo libro, “solitudine” è una parola chiave. Cos’è la solitudine e come nasce?

La solitudine ha tante facce: può essere una condizione da cui restare in ascolto del battito del cuore del mondo. Può essere un luogo di indipendenza, di vuoto, di libertà, di ascolto, di angoscia. Oggi tutto cospira per farci sentire soli: globalizzazione, capitalismo, patriarcato e ogni genere di oppressione. Un sacco di gente, a cominciare dagli oligarchi della tecnologia, si arricchisce sulla nostra solitudine. 

La copertina dell’ultimo libro di Daria Bignardi.

Il volontariato può essere un antidoto contro la solitudine?

Senza dubbio, far qualcosa con gli altri e per gli altri dà senso e autenticità alla nostra vita più di qualunque altra esperienza. Ci fa sentire di appartenere a un mondo.

L’ultimo libro parla di un viaggio e di tanti luoghi diversi, tutti distanti da qui. C’è un filo che lega questi luoghi e le persone che ha incontrato?

Sono stata in Cisgiordania, in Vietnam, in Uganda. Ero a Gerusalemme quando è morto papa Francesco. Ho capito che le nostre emozioni non sono solo nostre, che la solitudine non è una questione privata. Siamo tutti collegati: uomini, luoghi, animali. Anche se alcuni popoli e alcuni animali sono più oppressi e sfruttati di altri. 

Tra le storie raccontate nel libro, c’è anche quella dei volontari che accompagnano a scuola i bambini di At-Tuwan, in Cisgiordania. Come fanno a convivere con la rabbia e la frustrazione di trovarsi in una terra che sembra destinata a restare una prigione? 

Non c’è una risposta. Ci sono momenti di rabbia e tristezza per tutti, ma anche di tenerezza e persino di leggerezza. Ma ad At Tuwani, nella sede dell’associazione Operazione Colomba, che poi è una cantina di tre stanze, ho visto un foglietto di carta attaccato al muro con una scritta fatta con un pennarello nero: «Noi siamo dalla parte giusta della Storia». Forse la risposta è questa.

In apertura, la giornalista, conduttrice e scrittrice Daria Bignardi

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