Troppa o troppo poca… con l’acqua l’equilibrio è precario


Sappiamo che ce ne sarà sempre meno, ma spesso continuiamo a sprecare tantissima acqua. E lo facciamo ovunque la usiamo, in casa, nelle industrie, per produrre cibo o energia. È chiaro che un sistema del genere non potrà reggere ancora a lungo e che occorre ripensarlo a fondo. Le idee e le buone pratiche ci sono, privati e aziende fanno la loro parte e anche il settore pubblica si sta impegnando per migliorare l’efficienza e ridurre i costi
Quando si tratta dell’acqua, è facile pensare all’Italia come stretta in una morsa. Da un lato, il cambiamento climatico corre veloce, con temperature che fanno segnare di continuo nuovi record e regimi delle piogge sempre più imprevedibili.
Dall’altro, una rete idrica spesso obsoleta e che spreca tantissimo (quasi la metà dell’acqua immessa), con una gestione frammentata e di rado dotata della leva economica necessaria per effettuare gli investimenti che servirebbero a ridurre gli sprechi e a incrementare l’efficienza.
Gli impatti, ovviamente, riguardano tutti, in primis le famiglie, che nei mesi estivi in alcune regioni del Sud devono districarsi tra razionamenti e rubinetti da cui esce a volte acqua non adatta per il consumo umano.
Ma soffrono anche il settore agricolo – che già fa registrare cali significativi nella produzione di diverse colture e costi in crescita – e quello industriale: il tessile, la chimica, l’alimentare e il farmaceutico affrontano restrizioni crescenti nell’utilizzo dell’acqua, con interruzioni forzate della produzione, aumento dei costi di trattamento e normative sempre più stringenti.
Il quadro è allarmante – lo sarà ancora di più se si considera che non c’è praticamente modello climatico che non veda, per il nostro Paese, una diminuzione delle piogge e un aumento delle temperature – a cui occorre dare rapidamente risposte, meglio se green.
Soluzioni e buone pratiche esistono
Gli esempi però non mancano. Si può partire dal Pnrr, che ha mobilitato 2 miliardi di euro per l’adeguamento delle infrastrutture idriche primarie come invasi e acquedotti e altri 1,924 miliardi per la riduzione delle perdite nella rete tramite la digitalizzazione e il monitoraggio.
Ancora, sono previsti altri 880 milioni per potenziare la resilienza dell’agrosistema irriguo, attraverso tecnologie digitali e sistemi di monitoraggio e riuso delle acque reflue.
L’obiettivo è ridurre le perdite di rete dal 42,4% al 38% entro fine 2025, avviare 50 distretti agricoli pilota per il riuso delle acque reflue e sostenere le imprese nell’investimento in tecnologie avanzate di trattamento e gestione.
Nel settore agricolo si stanno diffondendo le tecnologie di irrigazione di precisione, che integrano sensoristiche e sistemi di irrigazione localizzata, così da ottimizzare tempi e volumi irrigui, ridurre gli sprechi e migliorare l’efficienza della gestione dell’acqua in campo.
L’industria, dal canto suo, integra sempre più spesso sistemi di recupero termico a pompe di calore per produrre vettori energetici in un approccio circolare: gli esausti industriali, che di frequente raggiungono temperature elevate, vengono recuperati per alimentare i processi termici dello stabilimento, condensando e riutilizzando l’acqua contenuta nei fumi umidi.
Anche il settore della raffinazione punta sul recupero idrico, con i reflui biologici che vengono trattati tramite ultrafiltrazione e osmosi inversa per la produzione di acqua demineralizzata, destinata sia ai processi produttivi sia al reintegro delle torri di raffreddamento.
Acqua, una sfida anche per le città
Anche le città, che devono affrontare gli eventi estremi causati dal riscaldamento globale, fanno la loro parte. Nel corso di Accadueo, manifestazione dedicata alla filiera del settore idrico che si terrà a Bologna in ottobre, verranno presentate soluzioni che integrano le reti fognarie e i sistemi di drenaggio urbano e sfruttano le Nature-Based Solutions come tetti verdi, zone di infiltrazione e sistemi città spugna.
Queste misure sono una valida alternativa ai tradizionali sistemi grigi (che fanno ricorso a infrastrutture impermeabili come strade, parcheggi e tetti) e permettono di ridurre l’impatto degli eventi estremi e ricaricare le falde.
Inoltre, sono utili per affrontare un problema poco noto, ma con impatti pesanti, come quello degli scarichi incontrollati dovuti al deflusso delle acque in città e al malfunzionamento dei sistemi fognari durante gli eventi meteo estremi.
Questo fenomeno, in forte crescita, è il risultato di una gestione ancora frammentata delle acque meteoriche e di un territorio sempre più impermeabilizzato.
In un contesto urbano dove oltre il 90% dell’acqua piovana scorre in superficie senza infiltrarsi nel suolo il rischio di allagamenti, inquinamento e danni ambientali è una costante che minaccia la sicurezza delle città italiane.
Secondo i dati raccolti negli ultimi anni le acque di prima pioggia, che si riversano rapidamente nei bacini o corsi d’acqua, trasportano elevate concentrazioni di contaminanti come microplastiche, idrocarburi, metalli pesanti e agenti patogeni.
Ogni evento estremo impone un carico crescente sui sistemi fognari, spesso privi di adeguati sfioratori o vasche di prima pioggia, con ricadute dirette sulla qualità delle acque superficiali e sotterranee.
Soluzioni anche dal design innovativo e sostenibile
Anche l’architettura e il design, combinati con l’innovazione tecnologica, possono contribuire a migliorare la risposta delle città agli eventi estremi.
Se ne è parlato al convegno The Future of Water – Connecting Architecture and Design for Social and Environmental Sustainability, che ha esplorato i modi in cui la progettazione parametrica, le Ai generative, gli algoritmi adattivi e la biomimesi stanno trasformando il modo di pensare e costruire gli spazi pubblici, rendendoli più resilienti.
In particolare, nel corso del convegno è stata presentata l’esperienza di Centauroos, una startup fondata per ridurre l’impatto ecologico dell’edilizia attraverso la trasformazione di scarti e macerie in nuovi elementi architettonici, attraverso l’integrazione di materiali riciclati (fino al 30% di inerti nelle miscele per stampa 3D per garantire un controllo preciso delle miscele ed evitare gli sprechi tipici delle gettate tradizionali) e design computazionale.
La startup ha presentato prototipi e casi studio, come gli arredi urbani, stampati in 3D, che integrano sistemi per la raccolta e la gestione dell’acqua piovana.
Chiudiamo questa panoramica con Cogei, azienda di Napoli che opera nel settore delle soluzioni per il trattamento delle acque e dei rifiuti industriali, che ha presentato i progetti che orienteranno la strategia aziendale dal 2025.
L’azienda, che punta a sviluppare pratiche virtuose per stimolare l’innovazione sostenibile nel settore del trattamento delle acque, supporta stakeholder e partner della pubblica amministrazione nel loro percorso di sostenibilità e vuole adottare tecnologie per modelli di economia circolare nelle imprese e nelle pubbliche amministrazioni al fine di accelerare il processo di transizione ecologica e il raggiungimento di obiettivi di efficienza nell’uso dell’acqua.
Inoltre, Cogei ha deciso di rafforzare la collaborazione con il mondo universitario a favore dei giovani più impegnati negli studi in ambito ingegneristico e scientifico, collaborando attivamente con alcuni enti accademici sul territorio nazionale e di incorporare nel proprio statuto impegni per finalità di beneficio comune, diventando Società Benefit.
Crediti immagine: Depositphotos
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