Un gene finora sconosciuto per la salute del cuore

È stato scoperto un nuovo gene chiave per la salute del cuore: è il risultato di una ricerca condotta dal Dipartimento di biologia e biotecnologie ‘Charles Darwin’ della Sapienza Università di Roma in collaborazione con l’Istituto di biologia e patologia molecolari del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Ibpm) di Roma e l’Istituto italiano di tecnologia (Iit).
Il team di ricercatori ha infatti identificato un gene finora sconosciuto nell’essere umano, che gioca un ruolo cruciale nello sviluppo delle cellule del cuore, in particolare nella maturazione dei cardiomiociti, responsabili della contrazione cardiaca. La scoperta è stata pubblicata sulla rivista Nature Communications.
Lo studio ha poi rivelato come il malfunzionamento di questo gene, battezzato HSCHARME, sia associato a cardiomiopatie in diversi gruppi di pazienti, aprendo nuove prospettive per diagnosi più precise e terapie mirate.
Ha spiegato la professoressa Monica Ballarino della Sapienza Università di Roma: “Questo gene appartiene alla categoria dei cosiddetti RNA non codificanti lunghi (lncRNA), molecole che non danno origine a proteine ma regolano finemente l’attività di altri geni. HSCHARME”, ha aggiunto, “agisce come un vero e proprio ‘architetto’ del genoma che guida la corretta attività dei geni del cuore. Quando questo gene non funziona correttamente, le cellule non si sviluppano in maniera adeguata, con conseguenze sulla salute dell’intero organo”.
Ha sottolineato Pietro Laneve del Cnr-Ibpm: “Lo studio ha mostrato per la prima volta che HSCHARME controlla un processo fondamentale chiamato ‘splicing alternativo’, che consente a singoli geni di produrre proteine diverse per garantire la complessità necessaria al buon funzionamento delle cellule. Nei pazienti affetti da cardiomiopatia ipertrofica e dilatativa, due patologie gravi e diffuse, la funzione di HSCHARME risulta alterata, con effetti negativi sui geni cardiaci e sul cuore. Questo rende il gene un potenziale bersaglio per nuove diagnosi precoci e terapie personalizzate”.
Il risultato raggiunto è stato reso possibile grazie a un insieme di tecnologie d’avanguardia, dalla genomica comparativa alla trascrittomica a singola cellula, fino al genome editing e all’uso di cellule staminali pluripotenti indotte, differenziate in cardiomiociti umani. Grazie a questi strumenti i ricercatori hanno ricostruito i partner molecolari del gene e ne hanno studiato la funzione in modelli cellulari e in campioni clinici, individuando la proteina PTBP1 come cofattore fondamentale.
Gli addetti ai lavori sono convinti che si tratta di una scoperta che va oltre la ricerca di base: le malattie cardiache colpiscono milioni di persone nel mondo e, nonostante i progressi nella genetica, resta difficile prevederne l’evoluzione. Studi come questo aprono nuove prospettive verso una medicina di precisione in grado di identificare gli individui a maggior rischio e di guidare terapie personalizzate, con l’obiettivo di prevenire eventi drammatici come la morte cardiaca improvvisa. (foto by Freepik)
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