L’Italietta di Meloni arranca, ma il Pd preferisce baci, abbracci e autocompiacimento

Troppo entusiasmo, care tutte e cari tutti: l’innamoramento di sé, sospinto da un buon risultato in due Regioni del Paese, è ciò da cui il Partito Democratico, che da anni oscilla tra autocompiacimento e smarrimento, deve guardarsi. È una malattia antica della sinistra italiana: basta un refolo di vento favorevole, un risultato positivo locale, ed ecco che si leva il coro dell’autoconferma.
Non è per spaccare il capello in quattro. È l’autorevole Istituto Cattaneo che afferma che le regionali «hanno confermato la sostanziale stabilità dell’elettorato, almeno per quanto riguarda l’equilibrio complessivo tra centrodestra e centrosinistra (largo)». Quello che è un po’ cambiato non è il quadro politico, in equilibrio oggi come era ieri, ma il quadro psicologico.
Mentre la presidente del Consiglio sarà furente – le è andata proprio male – Elly Schlein fa festa. Nel fine settimana sarà acclamata laddove le si preparava qualche trappoletta, in quel di Montepulciano dove si terrà l’appuntamento del super-correntone Dario Franceschini-Andrea Orlando-Roberto Speranza. Magari qualcuno vicino ai tre big entrerà in segreteria, cose così.
Ma soprattutto sarà la sede della saldatura definitiva della segretaria, un passo avanti che le dovrebbe consentire di evitare un farraginoso congresso: lei pensa che il congresso lo abbiano fatto le urne in Puglia e Campania. Infatti l’enfasi nazarenica sul voto inevitabilmente mette la sordina non solo alle polemiche tra i dirigenti, ma alla discussione nel partito, sicché nessuno contesta più la numero uno. Della quale, semmai, si cerca di capire le intenzioni.
E allora, piuttosto, le andrebbe detto che si deve dare una mossa. Adesso Elly Schlein, rinfrancata, può fare quello che non ha fatto in tre anni: mettere nero su bianco quello che ha in mente per il Paese al di là del salario minimo e delle liste d’attesa. Il famoso programma, che non è un dépliant ma un progetto di governo. Non c’è più tempo da perdere.
Anche perché Giuseppe Conte è già partito con il cantiere ove svetta la parola d’ordine del no al riarmo, slogan buono per i talk show di La7 ma totalmente unfit rispetto ai doveri morali e strategici delle grandi democrazie europee dinanzi all’imperialismo russo. Elly Schlein non può più cincischiare con le supercazzole che i suoi utilizzano a Bruxelles, ove peraltro sono sempre respinti con perdite dalla squadra riformista di Pina Picierno, Giorgio Gori, Elisabetta Gualmini.
Più che andare a prendere facili applausi nelle platee amiche o conquistare gli assensi dei giornalisti vicini, la leader dem dovrebbe disporsi ad ascoltare chi capisce di queste cose, un metodo che va benissimo anche su altre questioni, dalla politica ambientale a quella industriale a quella culturale (è incredibile lasciare a Ignazio La Russa la riflessione su Pier Paolo Pasolini: ma non c’è l’antico responsabile culturale nel Pd?).
E dovrebbe anche sporcarsi le mani con un sottile filo-putinismo che si annida nelle sezioni del partito: quello esplicito e quello oggettivo di chi se ne infischia del popolo ucraino e di chi, ad andare in piazza per Kyjiv, non pensa proprio; oppure dovrebbe prendere per un orecchio i Giovani Democratici che a Bergamo hanno di fatto insultato Lele Fiano (tra parentesi, la nuova leader dei Gd, Virginia Libero, tanto osannata dai media, è arrivata solo quarta a Padova e non è entrata nel consiglio regionale del Veneto).
Ma tornando al discorso, è inutile girarci intorno. Sul piano dell’immaginario, cioè dell’efficacia propagandistica, Giuseppe Conte è più abile. Seguirlo sul suo terreno, quello del radicalismo populista, sarebbe un regalo per lui. Battere l’avvocato, perché lo scontro finale sarà con lui, significa mettere in campo una forte proposta di governo, essere più credibili, così che persino il mitico rapporto con la società, a partire da quella enorme fetta di chi non va a votare, si possa recuperare appieno. Con idee anche radicali, se necessario, il riformismo non ne ha paura: le «riforme di struttura» le proponevano i vecchi socialisti, non Potere Operaio.
Allora il punto dolente è sempre lo stesso da anni, cioè dalla fine del ciclo renziano, comunque la si pensi nel merito, ed è sottolineato dall’Istituto Cattaneo: il centrosinistra non riesce a prendere voti al centrodestra, così che i blocchi politici restano solidificati, determinando una situazione che, con qualche aiutino da una nuova legge elettorale, consente anche di vincere, ma in una condizione sempre incerta, anche dal punto di vista parlamentare. Lo spettro del pareggio o di qualcosa che gli assomiglia.
Per «stravincere» – parola usata la sera della vittoria da Elly Schlein – il Pd dovrebbe recuperare la capacità di guardare oltre sé. Lo spirito di queste ore, invece, sembra quello della gioiosa macchina da guerra, tutta sorrisi, baci e abbracci. Mentre l’Italietta di Giorgia Meloni arranca e il mondo esplode, sarebbe l’ora delle grandi risposte, con più pensiero e meno boria.
L'articolo L’Italietta di Meloni arranca, ma il Pd preferisce baci, abbracci e autocompiacimento proviene da Linkiesta.it.
Qual è la tua reazione?
Mi piace
0
Antipatico
0
Lo amo
0
Comico
0
Furioso
0
Triste
0
Wow
0




