Ambrosiani al Giubileo della Speranza in Ucraina


Ci sono anche diverse presenze ambrosiane tra i 110 attivisti italiani arrivati mercoledì 1° ottobre all’aeroporto di Cracovia. Prima tappa di un lungo viaggio in treno con destinazione Kiev e Kharkiv. È iniziato così il “Giubileo della Speranza” in Ucraina, una iniziativa promossa dal Mean (Movimento europeo di azione non violenta) a cui hanno aderito associazioni e movimenti tra cui Agesci, Acli, Masci, Azione cattolica, il Movimento dei focolari, Sale della terra, Base. C’è un gruppo dell’Ordine Francescano secolare che ha deciso di celebrare questo Giubileo della Speranza in Ucraina a nome di tutto l’ordine proprio nel Triduo di preparazione in onore di San Francesco di Assisi, il santo del dialogo in un tempo che gridava anche allora con la voce solo delle armi e delle guerre. Ci sono sindaci, assessori e consiglieri comunali.
Insomma, un popolo con alle spalle storie diverse che ha deciso di mettersi in viaggio in un momento critico del conflitto russo-ucraino, per essere presenti, mettersi in ascolto, condividere lacrime, ma anche sorrisi. In una parola, portare “umanità” in una terra fortemente provata dalla guerra.
Tra loro, come detto, anche alcune presenze ambrosiane: Anna Rosa Moro (ex vicepresidente dei Giovani di Ac), Roberta Osculati (vicepresidente del Consiglio comunale di Milano), Daniela Osculati di Besnate ed Elisa Mascellani (lecchese abitante a Milano), in rappresentanza dell’Azione cattolica ambrosiana (qui la loro presentazione dell’iniziativa).
Paola Villa di Luino, da molti anni impegnata nelle Acli anche con incarichi e responsabilità nazionali, ha dichiarato al Sir: «Siamo qui perché riteniamo che la pace oggi sia un tema fondamentale per la convivenza e per la costruzione del futuro. Stiamo provando a costruire più legami di umanità in più punti possibili. Da Gaza all’Ucraina e prima ancora nei Balcani. Siamo convinti che sono e saranno questi legami a portare anche all’interno di contesti deteriorati in cui sembra di essere del tutto impotenti, la speranza di qualcosa che si possa avverare e dire alle persone che vivono in contesti di guerra che non sono sole. È un tentativo di diplomazia popolare che oggi si trova ad agire in contesti più difficili, perché i conflitti hanno forme più complesse e meno nette. Una diplomazia popolare che oggi è ancor più necessaria. L’Europa o riesce a crescere come identità di costruzione di relazioni e di pace oppure non sarà».
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