Autovelox sotto la lente: parte il censimento nazionale
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Con l’approvazione definitiva in Senato del decreto Infrastrutture (DL 73/2025), prende il via una profonda revisione degli autovelox in Italia e parte così il censimento nazionale dei dispositivi.
La cosiddetta “operazione verità” sugli autovelox è appena cominciata: nei prossimi mesi verranno raccolti e analizzati i dati sui dispositivi in uso, gettando le basi per un sistema di controllo più equo, efficace e rispettoso dei diritti dei cittadini. La mappatura risulta approvata attraverso un emendamento votato nelle scorse settimane in sede congiunta dalle Commissioni Ambiente e Trasporti della Camera, e ora fa parte della legge.
La nuova norma introduce infatti un’attività di ricognizione su scala nazionale, volta a fare chiarezza sull’impiego degli strumenti per il controllo della velocità, spesso al centro di polemiche e contenziosi.
Scopriamone di più.
Parte il censimento nazionale degli autovelox
Il provvedimento punta a colmare un vuoto normativo che, negli anni, ha alimentato disomogeneità nell’installazione e nell’utilizzo di questi strumenti da parte degli enti locali. Fino ad oggi, infatti, i criteri per l’impiego degli autovelox sono stati spesso interpretati in modo difforme tra una regione e l’altra, generando incertezze, contenziosi e, in molti casi, sospetti sull’effettiva correttezza delle sanzioni elevate.
Ricognizione sistematica
Il nuovo emendamento impone una ricognizione sistematica, finalizzata a fotografare la situazione attuale su tutto il territorio nazionale. Saranno raccolte informazioni dettagliate su ogni singolo dispositivo: posizione geografica, numero identificativo, modello, tipo di tecnologia utilizzata (fissa, mobile o tutor), stato di omologazione e aderenza agli standard previsti dalla normativa vigente, in particolare dall’articolo 142 del Codice della Strada.
L’iniziativa non è soltanto un atto tecnico-amministrativo: rappresenta un passaggio cruciale verso una maggiore trasparenza nella gestione del sistema sanzionatorio legato alla velocità. La mappatura degli impianti permetterà di stabilire con certezza quali dispositivi sono perfettamente conformi alle regole e quali, invece, necessitano di adeguamenti o potrebbero essere disattivati. In questo modo si vuole evitare che strumenti non a norma continuino a essere utilizzati a scapito dei cittadini.
Gli autovelox non devono servire a fare “cassa”
La ratio del provvedimento è chiara: gli autovelox devono servire a dissuadere comportamenti pericolosi alla guida, non a incrementare le entrate comunali attraverso multe seriali e spesso contestabili. Il Parlamento, con questo intervento, ribadisce il principio secondo cui la sicurezza stradale deve prevalere su logiche di mero profitto.
Ma il percorso di regolarizzazione non si ferma al semplice censimento. Il governo si impegna infatti a stabilire criteri univoci e aggiornati per l’approvazione e l’omologazione dei dispositivi, superando definitivamente la giungla di interpretazioni che finora ha alimentato il caos normativo. Verranno introdotti standard tecnici rigorosi e procedure di validazione uniformi, con l’obiettivo di armonizzare le pratiche su tutto il territorio nazionale.
Un tentativo di arginare le controversie
Si tratta di un riassetto profondo e atteso da anni, diventato ormai ineludibile a causa del crescente numero di contenziosi giudiziari legati a sanzioni elevate mediante dispositivi di rilevamento potenzialmente irregolari. Troppi autovelox, infatti, risultano installati senza una chiara tracciabilità delle procedure di approvazione o senza l’adeguata omologazione tecnica, alimentando una situazione di ambiguità normativa che ha minato la credibilità dell’intero sistema sanzionatorio.
Le criticità emerse nel tempo sono molteplici. In primo luogo, la frammentazione delle regole: in assenza di un quadro nazionale chiaro e uniforme, ogni ente locale ha adottato criteri propri per l’installazione e la gestione dei dispositivi.
Questo ha portato a una giungla di regolamenti che ha generato disparità tra territori e favorito l’uso distorto degli autovelox come strumenti di entrata economica piuttosto che come mezzi di tutela della sicurezza stradale.
Un altro nodo rilevante riguarda il deficit di trasparenza. Spesso i cittadini non sono messi nelle condizioni di conoscere in modo chiaro la natura e la regolarità del dispositivo che ha generato la sanzione, rendendo più difficile far valere le proprie ragioni in sede di ricorso. Non mancano poi casi in cui i verbali risultano annullati dai giudici per l’assenza di prove certe sull’omologazione o per vizi nelle modalità di utilizzo dell’impianto.
Scenari futuri
La riforma proposta punta quindi a sanare questa “zona grigia” normativa, rafforzando il principio di legalità e garantendo maggiore tutela a chi riceve una multa. Tuttavia, il percorso verso un sistema più equo non sarà privo di ostacoli. In primis, la necessità di aggiornare e verificare migliaia di dispositivi già in funzione potrebbe comportare tempi lunghi e un significativo impegno da parte degli enti locali, non sempre dotati di risorse tecniche e amministrative adeguate.
Inoltre, non si può escludere il rischio che alcune amministrazioni tentino di rallentare il processo di ricognizione o di opporsi alla disattivazione degli impianti non conformi, temendo un impatto negativo sulle entrate derivanti dalle sanzioni. Questo potrebbe creare tensioni tra il livello centrale e quello territoriale, ritardando l’effettiva applicazione della normativa.
Parallelamente, il governo prevede una revisione complessiva del sistema sanzionatorio, affinché le multe siano sempre proporzionate, giustificate e conformi ai diritti dei cittadini. Anche su questo fronte, però, le sfide non mancano: bisognerà evitare che l’inasprimento delle regole porti a un’eccessiva burocratizzazione, rallentando la gestione delle violazioni reali e riducendo l’efficacia della prevenzione.
In definitiva, se ben attuata, la riforma potrà contribuire a ripristinare la fiducia dei cittadini nelle istituzioni e nel sistema dei controlli stradali. Ma affinché ciò accada, sarà fondamentale che alla volontà politica si affianchino competenza tecnica, risorse adeguate e un monitoraggio costante sull’attuazione delle nuove regole. Solo così sarà possibile trasformare un intervento normativo necessario in una vera occasione di giustizia e trasparenza.
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