Colmegna-Zagrebelsky, confronto sull’essenza della giustizia

Ottobre 14, 2025 - 17:30
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Colmegna-Zagrebelsky, confronto sull’essenza della giustizia
Don Virginio Colmegna e Gustavo Zagrebelsky

La radice dei mali sociali è la mancanza di equità. A scriverlo, nella sua recentissima Esortazione apostolica Dilexit Te che tanto ricorda anche nel titolo l’ultima Enciclica di papa Francesco, è papa Leone. Così si apre, presso un’affollata sede di Caritas ambrosiana (ma tanti sono anche collegati in streaming), il saluto introduttivo del condirettore di Caritas don Paolo Selmi, per la presentazione del volume La Costituzione dei poveri (collana “Papaveri rossi” di Castelvecchi, pagg.185), che, a cura di Daniela Padoan, raccoglie una serie di colloqui su diversi temi realizzati da don Virginio Colmegna  con il costituzionalista Gustavo Zagrebelsky. Presenti in prima fila, monsignor Carlo Azzimonti, moderator Curiae e il vicario episcopale di Settore, monsignor Luca Bressan.

Il saluto di don Paolo Selmi

Un’«occasione insieme felice, solenne e familiare, un modo per festeggiare la traiettoria di un percorso di vita lungo 80 anni, quello di don Colmegna. Un incontro di anime con la mitezza dello sguardo e figure di riferimento, quali don Lorenzo Milani e don Primo Mazzolari», dice la curatrice, richiamando le origini del saggio in alcuni episodi di cronaca e nel convegno su «Libertà e Giustizia» svoltosi a Palazzo Reale.

La scelta preferenziale per i poveri

Da parte sua, don Virginio – oggi presidente onorario di Casa della Carità e tra i fondatori dell’associazione “Son – Speranza oltre noi” – torna con la memoria all’ultima edizione della Cattedra dei non Credenti del 2002, che vide il dialogo tra Zagrebelsky e il cardinale Martini su «La domanda di giustizia».

«Ragionavamo allora – ricorda il sacerdote – su alcuni punti di partenza fondamentali, come il dialogo tra credenti e non credenti per riscoprire la capacità universale del Vangelo. Andai dal cardinale Martini e mi disse che la carità ha bisogno della giustizia e quest’ultima della prima. Don Milani, poi, scriveva che la carità senza la giustizia è una truffa. Questi sono contenuti che vale la pena di riprendere, riflettendo su una giustizia che tenga dentro l’universalità e dignità della persona umana, superando una visione assistenzialistica e rendendosi conto che non si tratta solo di aiutare i poveri, ma di camminare con loro ripartendo dai volti, dalle storie quotidiane nell’incontro. E facendolo da appassionati. Il primo capitolo del libro è nato da lì».

L’intervento di Colmegna

Soprattutto perché, continua Colmegna, «mettere al centro quelli scartati, i tagliati fuori, i “resti” non è fondamentale solo per noi, ma chiede a tutti un cambiamento profondo che incide sulla cultura – Casa della Carità è nata per volere martiniano anche come luogo e accademia della carità -, permettendo di recuperare le priorità. La carità crea dei legami, con quella immissione di sentimenti che papa Francesco ha insegnato quando pianse nella sua prima visita a Lampedusa. Servirebbe molto, in questo momento in cui siamo travolti dalla guerra, capire se categorie come la benevolenza, la mitezza, la cura, siano ancora criteri per l’agire».

Sfidare il mondo

Un pensiero è anche per altri due capitoli del volume riguardanti la sanità e la scuola.

«Di solito si parla di sanità, ma non di salute che è un diritto di tutti e che vuol dire anche il prendersi cura, dando senso alla vita che si vive. Questo è un passaggio non solo terminologico e la parola-chiave è sempre comunità, che è soggetto di cura e di prossimità. La scuola vuole dire dare a ciascuno la capacità di accedervi. Ciò deve divenire, oltre la commozione, un punto di ripartenza. Questo è un libro che dovrebbe far scattare qualcosa dentro, perché qui la carità ha dentro tutta la sua energia culturale e politica. Il tema oggi, guardando in avanti, è avere caldo il cuore con un pensiero e un orientamento per una scelta strategica, perché il cuore mette in gioco il modo di vivere, il cambiamento di sguardo, la conversione. Vale la pena non solo di usare qualche frase fatta, ma di sfidare, da cristiani, questo mondo».  

Il volume

Interrogarsi sulla giustizia

Un applauso fragoroso sottolinea queste ultime espressioni, prima che la parola passi a Gustavo Zagrebelsky, presidente emerito della Corte Costituzionale e membro dell’Accademia dei Lincei: «Ho fatto un’esperienza intensa in questo dialogo che è durato, nell’insieme, una ventina di ore, discutendo ciascuno dal proprio punto di vista su tante questioni cruciali. Don Virginio da quello cristiano, io da quello del giurista, anche se alla fine, è lui che ha citato di più la Costituzione e io i testi sacri».

L’intervento di Zagrebelsky

«Il titolo del libro è provocatorio – ha proseguito il presidente emerito -. Nel nostro lavoro di giuristi, dobbiamo essere consapevoli che non si può parlare di giustizia senza valutarla in relazione alle situazioni sociali e senza avviare il ragionamento da coloro che meno possono. Come, appunto è chi è nella la povertà, che non è solo economica, ma anche, per esempio nella scuola, educativa. Trattare in modo identico situazioni diverse non è giustizia. Il titolo del libro, infatti, allude alle necessità che ci si trova di fronte nell’amministrare la giustizia, per prendere una posizione. Per esempio: chi sono i più meritevoli? Quelli che hanno più merito o, cambiando punto di vista, coloro che più meritano di essere aiutati, come sosteneva don Milani?»

D’altra parte è l’articolo 3 della Costituzione che dice “che è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale”: «Questo significa che anche il costituente si è reso conto che ci sono tante diseguaglianze se si guarda ai problemi, non dal punto di vista generale, ma dei più deboli. È un libro che vorrei fosse letto, al di là del suo metodo fecondo di collaborazione tra mondi diversi, nel segno dell’umanità e della medesima terra che condividiamo».

Monsignor Azzimonti e monsignor Bressan

Il diritto non è una questione astratta

Anche perché «il diritto non è una questione astratta». Il riferimento del costituzionalista è al caso di un ragazzo condannato a 30 anni perché individuato quale scafista del barcone su cui era arrivato dalla Libia 10 anni fa e in cui erano morte 42 persone di asfissia. Ormai passato in giudicato, il giovane più recentemente non è stato riconosciuto con sicurezza dai due connazionali che lo avevano accusato in precedenza. La Cassazione stessa ha scritto che la legge è legge, ma «indubitabilmente» – testuale – non risponde a giustizia». Da qui la conclusione. «Affrontare il tema, per esempio, del carcere oggi considerato come tempo inutile dove la vita non è vita, luogo separato, da cui derivano tanti suicidi, potrebbe aiutare a vedere il sistema penitenziario in una prospettiva molto diversa. Mi rivolgo ai giuristi: studiate, ma mischiatevi con i problemi e portate lì le vostre competenze perché quello che vi è stato dato è un privilegio e dovete rendere quanto ricevuto. Il diritto che produce solo idee serve solo ai giuristi e ai ricchi». 

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Redazione Eventi e News Redazione Eventi e News in Italia