Salari, l’Ue “mostra progressi”. Ma non l’Italia, penultima tra i 27

Bruxelles – Il mercato del lavoro dell’Unione “mostra progressi in termini di qualità del lavoro e salari adeguati”, ma così non è in Italia, penultima per livello di adeguamento retributivo post-pandemia e per riconoscimento dei meriti lavorativi. Il rapporto annuale della Commissione europea sugli sviluppi del mercato del lavoro certifica una volta di più il problema che il Paese ha con i suoi lavoratori.
“Dobbiamo fare di più per aumentare il potere d’acquisto dei lavoratori e contribuire ad affrontare la crisi del costo della vita”, sottolinea la vicepresidente esecutiva responsabile per i Diritti sociali, Roxana Minzatu. Un invito, il suo, di stampo generale ma valido soprattutto per l’Italia, dove limiti e criticità non sono pochi. Al contrario, la relazione annuale della Commissione europea evidenzia più livelli di carenze.
Innanzitutto, si sottolinea, in un terzo degli Stati membri i salari reali superano ora significativamente i livelli pre-pandemia. “Al contrario, in Repubblica Ceca, Germania, Francia, Italia e Finlandia non hanno ancora recuperato” da quando il Coronavirus ha di fatto spendo le economie dei Ventisette. Certo, l’Italia non è sola in questa particolare classifica, e per di più registra la stessa situazione della altre due principali economie dell’eurozona. Ciò non toglie il fatto che dal 2019 al 2024 i salari italiani hanno registrato una crescita negativa del 4,4 per cento, dato che alla fine del 2025 è previsto in aumento al -3,3 per cento ma sempre comunque a livelli inferiori del periodo pre-COVID. Solo la Repubblica ceca ha una situazione peggiore, ma in netto miglioramento.
Ancora, se Lussemburgo e Irlanda hanno la quota più elevata di posti di lavoro ad alta retribuzione e produttività, rispettivamente del 27,6 per cento e del 16,3 per cento, al contrario Grecia, Italia e Romania hanno la quota più bassa, rispettivamente del 5,8 per cento, 6,5 per cento e 7,4 per cento. Italia dunque penultima anche per posti di lavoro ad alta retribuzione, nonostante diminuisca il numero dei lavoratori poco qualificati.
Serve dunque un cambio di passo, a livello di politica così come di impresa. In Italia, ma non solo in Italia, per Minzatu serve che i datori di lavoro cambino mentalità. Da qui il messaggio per le imprese: “Sebbene salari più elevati possano aumentare la produttività motivando i lavoratori e spingendo le aziende a innovare, è fondamentale che le aziende competano sulla qualità dei prodotti piuttosto che sui bassi costi“, sottolinea la commissaria europea.
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