La sinistra toscana guarda al centro, e il bipopulismo prende una batosta

La Toscana «illuminata e riformista», come la definisce Eugenio Giani, ha vinto. Anche se non c’erano dubbi sulla conferma “del Giani”, è enorme il sospiro di sollievo della gauche del Granducato dopo le sconfitte nelle Marche e in Calabria: Elly Schlein ne aveva bisogno come l’aria e infatti è accorsa felice alla conferenza stampa della vittoria. Le altre volte non si era fatta vedere. Il governatore uscente ha surclassato lo sfidante Alessandro Tomasi ed è un bene per Schlein, che ha confermato il Partito democratico al trentacinque per cento, che è più o meno la cifra di cinque anni fa con Nicola Zingaretti segretario – ed è davvero un balsamo che le consente di tirare avanti senza altre scottature (prima di Marche e Calabria c’era stato, se lo sono scordato tutti, il flop dei referendum landiniani).
Lo scafo schleiniano regge nel mare toscano, un mare storicamente, tranquillamente, di sinistra, per di più all’ombra di un uomo di governo solido e popolare e riformista come Giani, che – va ricordato – la segretaria tentò di ostacolare per metterci uno a lei vicino.
Stavolta la sinistra vede più chiaramente in campo un tridente: il Partito democratico, padrone del campo; Casa riformista, lista in appoggio a Giani imperniata su Italia Viva più i socialisti e altre forze che è sul nove per cento a conferma che questo brand comincia a funzionare; e Alleanza Verdi-Sinistra che non fa il botto ma comunque va bene malgrado la concorrenza di Toscana Rossa per Antonella Bundu, candidata che sta sul cinque per cento (e bisognerà capire se quest’area intorno a Potere al popolo riuscirà anche in prospettiva a rappresentare una parte del movimento propal e correre credibilmente per il Parlamento.
Dunque Pd-Casa riformista-Avs veleggiano sul cinquanta per cento. Invece il Movimento 5 stelle ha fallito ancora, va peggio di cinque anni fa: oggi è sotto il cinque per cento ed entra in Consiglio regionale per miracolo, giacché lo sbarramento per liste coalizzate non è il cinque ma il quattro per cento. Quando si dice la fortuna.
Dirà, Giuseppe Conte, che sul territorio il Movimento va sempre male rispetto alle elezioni nazionali eccetera, ma questa spiegazione regge e non regge. Perché lui si è personalmente speso molto, come nelle Marche, come in Calabria, anche qui in Toscana dove ha dovuto sudare sette camicie per convincere i suoi militanti ad appoggiare Giani. Ma evidentemente molti grillini rimasti orgogliosamente tali non hanno seguito la linea dell’avvocato e si sono astenuti o magari hanno votato Toscana Rossa. Quel che è certo è che sulla base di queste tornate regionali il Movimento 5 stelle vede marginalizzato il suo ruolo, così che questo benedetto campo largo si sta spostando più sul versante riformista, e senza peraltro danneggiare la sinistra radicale: questo imporrebbe a Schlein di piantarla con l’inseguimento un po’ scodinzolante dell’avvocato del populismo, mentre dovrebbe cominciare a essere più attenta a cosa sta avvenendo dalle parti di Matteo Renzi.
Andranno certo fatte altre verifiche, ma se davvero il progetto lanciato alla Leopolda della Casa riformista comincia a superare le barriere dello scetticismo qualcosa può cambiare anche nella linea del Pd e influire sul suo dibattito interno (anche se non si potrà contare sulla lista civica del presidente uscente).
Il colpo subito dai populisti di Conte si specchia nella batosta dei populisti di destra, dove il populismo significa Lega, e in Toscana Lega vuol dire Roberto Vannacci, che alla prima uscita, a cospetto del gran primato di Fratelli d’Italia, va malissimo, pure lei sotto il cinque per cento. È una buona notizia per la qualità della politica italiana, forse un primo, timido segno che la lunga stagione del bipopulismo gialloverde va piano piano a morire.
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