Confini territoriali degli Enti Locali: parola al Consiglio di Stato
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In questa analisi giuridica di una recente sentenza del Consiglio di Stato l’Avvocato Maurizio Lucca approfondisce la questione relativa ai confini territoriali degli Enti Locali.
La sez. V del Consiglio di Stato, con la sentenza 1° luglio 2025, n. 5681, interviene per definire l’attività della PA nel definire i confini territoriali, un potere accertativo che non si estende alle verifiche delle modifiche circoscrizionali, trattandosi di un’azione di natura ricognitoria dell’esistente, senza alcun effetto innovativo.
Il regolamento dei confini secondo il codice civile
In ambito civilistico, l’art. 905, Azione di regolamenti di confini, cod. civ. stabilisce che «quando il confine tra due fondi è incerto, ciascuno dei proprietari può chiedere che sia stabilito giudizialmente. Ogni mezzo di prova è ammesso. In mancanza di altri elementi, il giudice si attiene al confine delineato dalle mappe catastali», segnando un principio fondamentale per l’identificazione della linea di separazione tra proprietà limitrofe costituito dall’esame e dalla valutazione dei titoli di acquisto delle rispettive proprietà, che rappresentano la fonte di prova principale, in caso di mancanza o insufficienza delle indicazioni sui confini nei titoli, o in assenza di loro produzione, è giustificato il ricorso ad altri mezzi di prova (criterio supplettivo), incluse le risultanze delle mappe catastali (regola a carattere sussidiario) [1].
L’art. 950 cod. civ. è giustificato solo se l’incertezza sul confine non trasmodi in una controversia sul titolo di appartenenza del territorio all’uno o all’altro Ente locale tenuto conto che, mentre l’azione di rivendica presuppone un conflitto di titoli determinato dal convenuto, il quale oppone a suo favore un titolo – anche non negoziale – diverso da quello su cui l’attore fonda la sua istanza, nell’azione di regolamento di confini il conflitto è tra fondi, in quanto il convenuto deduce che, in forza del titolo dedotto dall’attore e del titolo di proprietà del fondo a lui appartenente, il confine è diverso, a nulla rilevando, in presenza di una incertezza del confine per avvenuta usurpazione di parte del terreno, l’effetto recuperatorio di detta domanda che consegua soltanto all’eliminazione del preesistente stato di incertezza sui confini [2].
Il potere amministrativo e la competenza
Sotto il profilo dell’attività amministrativa diretta all’accertamento dei confini tra Comuni, i ricorsi già previsti dall’art. 267 del R.D. 3 marzo 1934, n. 383, c.d. TULCP («I ricorsi per contestazioni di confini fra comuni o province sono decisi con decreto reale, udito il consiglio di Stato») [3], non implicavano alcun intervento costitutivo o modificativo dei confini contestati [4], avendo le relative azioni un oggetto di puro accertamento analogo all’actio finium regundorum e la medesima natura ricognitoria, in quanto, in entrambi i casi, non si domanda una modificazione del confine, ma un accertamento di esso, senza che si deduca un conflitto fra i rispettivi titoli del dominium, bensì un contrasto d’interpretazione del contenuto dei medesimi [5].
In più alato argomentare, la definizione dei confini secondo la cit. norma tende esclusivamente a determinare la certezza legale dell’assetto del territorio e non può costituire lo strumento per la soddisfazione di rivendicazioni storiche di determinate comunità [6]; pertanto, la ricerca della linea di demarcazione dei confini fra due Enti territoriali deve essere prioritariamente eseguita con riguardo ai documenti ufficiali che tali confini prendano espressamente in considerazione e solo nel caso in cui tali documenti non si rinvengano o non offrano alcun elemento di certezza può farsi ricorso, in subordine, ai fatti concludenti (id est, esercizio del potere d’imperio, possesso ab immemorabili), purché sufficientemente protrattisi nel tempo, incontrastati e univoci, con la conseguenza che l’indagine deve muovere a ritroso nel tempo e si deve arrestare dinanzi al primo e più recente documento che abbia definito con certezza i confini medesimi restando del tutto irrilevante ogni anteriore documentazione comprovante, in ipotesi, un preesistente diverso tracciato della linea confinaria [7].
La conseguenza della natura meramente cognitoria dell’azione di contestazione dei confini, porta a ritenere che la giurisdizione di “merito” del giudice amministrativo non riguarda l’opportunità (ex comma 1, lettera f), dell’ art. 134, Materie di giurisdizione estesa al merito, del d.lgs. 104/2010, «Il giudice amministrativo esercita giurisdizione con cognizione estesa al merito nelle controversie aventi ad oggetto… d) le contestazioni sui confini degli enti territoriali»), ma il pieno accertamento dei fatti: come “merito-cognizione”, consistente nel potere di far ampio ricorso, per i fini dell’accertamento del fatto, a qualunque mezzo istruttorio e criterio di giudizio compatibili con la struttura del processo amministrativo (quindi, anche tutte le regole della cognizione di accertamento, ivi inclusa quella dettata dall’art. 950 c.c.) [8].
Giova rammentare, che le modifiche territoriali delle circoscrizioni provinciali e comunali sono invece regolate dall’art. 133 della Costituzione, oltre all’art. 15, Modifiche territoriali, fusione ed istituzione di comuni, del d.lgs. n. 267/2000, mentre resta estranea alla previsione della norma, e dunque alla riserva di legge in quella prevista, l’ipotesi del semplice accertamento del preesistente confine.
Fatto
Un Comune impugnava la deliberazione del Consiglio provinciale con cui il suddetto Consiglio aveva provveduto a delimitare i confini tra due Comuni, ai sensi della legge regionale, dietro richiesta dell’altro Comune e in assenza di accordo con quello parte ricorrente.
L’inclusione di due strade del Comune nel territorio dell’altro Comune, modificandone i confini, sarebbe affetta da vizio di incompetenza, dal momento che, così facendo, vi sarebbe una modifica (riduttiva) della circoscrizione territoriale del Comune, atto che esige l’adozione di una legge regionale, oltre a subire un pregiudizio patrimoniale (un atipico e abnorme atto ablativo).
In primo grado, il giudice non accoglieva il ricorso, ritenendo che le determinazioni assunte erano riferite alla delimitazione del confine fra i due Comuni, avvenuta sulla base delle risultanze delle loro mappe catastali, coincidenti con quelle del Comune non ricorrente.
Nell’appello la parte ricorrente osserva che il dato catastale sarebbe inidoneo ad attestare la proprietà delle strade, in un contesto in cui v’è un ampio compendio documentale in grado di dimostrare l’esercizio pacifico e incontestato delle funzioni amministrative sui tratti stradali controversi da parte del Comune sino ad oggi.
Merito
Il ricorso viene rigettato sulla base delle seguenti motivazioni:
- la norma regionale di riferimento ammette la possibilità da parte del Consiglio provinciale di stabilire il confine tra due Comuni quando «risulti non delimitato da segni naturali facilmente riconoscibili o comunque dia luogo ad incertezze, i Comuni interessati possono disporre la determinazione o, all’occorrenza, la rettifica dei confini mediante accordo», in mancanza di accordo della «determinazione o della rettifica da effettuare, la determinazione o la rettifica è effettuata, per delega della Regione, dalla Provincia competente per territorio, la quale provvede di ufficio o su richiesta di uno dei Comuni, esaminate le osservazioni degli altri, con delibera del Consiglio» (situazione corrispondente ai fatti);
- aspetti procedimentali già previsti dall’art. 267 del RD n. 383 del 1934, rilevando (in aderenza con gli orientamenti giurisprudenziali) [9], che l’intervento (di regolamentazione dei confini) non implica alcun intervento costitutivo o modificativo dei confini contestati, avendo le relative azioni un oggetto di puro accertamento analogo all’actio finium regundorum e la medesima natura ricognitoria, in quanto, in entrambi i casi, non si domanda una modificazione del confine, ma un accertamento di esso, senza che si deduca un conflitto fra i rispettivi titoli del dominium, bensì un contrasto d’interpretazione del contenuto dei medesimi;
- in conseguenza della natura meramente cognitoria dell’azione di contestazione dei confini, la giurisdizione di ‘merito’ del giudice amministrativo non riguarda l’opportunità, ma il pieno accertamento dei fatti.
Dalle premesse e dall’allegazioni probatorie risulta confermata la definizione delle strade e i loro confini.
Giudizio di cognizione e non di modifica circoscrizionale dei confini
Nulla rileva il declassamento della strada da provinciale a comunale per stabilire il confine [10].
In termini più puntuali:
- l’atto di declassamento;
- il verbale di consegna della strada al Comune;
- la intitolazione della strada da parte del Comune;
- le misure sul traffico veicolare sulla strada;
- l’apposizione di cartelli;
- la dimensione demografica del Comune;
hanno un valore meramente ricognitivo-dichiarativo, non potendo perciò, al contempo, costituire la “fonte” dell’inclusione della strada nel territorio comunale, ossia determinarne i confini [11].
In dipendenza di ciò, l’esatto confine fra i due Comuni si può legittimamente reperire dalle risultanze catastali, peraltro concordanti fra loro: ciò a norma, appunto, dell’art. 950, comma 3, cod. civ., che fissa un principio generale applicabile anche a fattispecie quali quella qui all’esame.
In definitiva, non siamo di fronte ad una modifica della circoscrizione territoriale dei Comuni esistenti che deve avvenire con legge regionale, poiché siamo in presenza semplicemente di un’azione di puro accertamento analogo all’actio finium regundorum”, avente la medesima natura ricognitoria, in quanto non si domanda una modificazione del confine, ma un accertamento di esso, senza che si deduca un conflitto fra i rispettivi titoli del dominium, bensì un contrasto d’interpretazione del contenuto dei medesimi: i poteri amministrativi previsti in materia di accertamento dei confini tra Enti locali sono poteri di puro accertamento, dal cui oggetto rimangono estranee le questioni relative alle modifiche delle circoscrizioni.
Proiezioni
La sentenza si allinea con una nutrita giurisprudenza (semper idem) che esige la dimostrazione del confine (le c.d. allegazioni probatorie), in mancanza della quale l’utilizzo della cartografia e delle mappe catastali, in piena assonanza con la norma codicistica, risulta dirimente della controversia: una decisione accertativa che non innova l’esistente confine ma lo dichiara nella sua compiutezza, quasi un’analisi tecnica dei titoli e dati cartografici.
Una controversia che celebra il principio della territorialità («Il comune è l’ente locale che rappresenta la propria comunità, ne cura gli interessi e ne promuove lo sviluppo», comma 2 dell’art. 3, Autonomia dei comuni e delle province, del d.lgs. n. 267/2000) e la qualificazione del territorio come componente essenziale dell’identità dell’Ente locale, elemento che d’altronde qualifica uno Stato nel proprio territorio, assieme a popolazione e sovranità: un potere (potestas/auctoritas) di governo locale proprio ed esclusivo, sottratto per intero alla concorrente potestà di qualsivoglia altro Comune.
In effetti, non solo nell’immaginario e nel reale, il confine oltre a segnare il territorio, segna i limiti della competenza, della giurisdizione, dell’agere, passato il quale non è lecito proseguire (nel diritto positivo, il c.d. principio di legalità): una questione vitale di ogni popolazione e ordinamento, da sempre: alea iacta est, segnò il passaggio da una repubblica all’impero: un cambio di potere e di rappresentanza senza confini, un nuovo ordine (sempre di attualità).
Note
[1] Cass. civ., sez. II, Ordinanza 14 aprile 2025, n. 9769.
[2] Cass. civ., sez. II, 19 settembre 1995, n. 9900, sez. VI, Ordinanza 13 ottobre 2020, n. 22095.
[3] Entrate in vigore le norme di trasferimento alle Regioni delle funzioni relative alla contestazione di confini tra comuni (art. 1 lett. d) del DPR 14 gennaio 1972, n. 1 e anche art. 16 del DPR 24 luglio 1977, n. 616), l’art. 267 ha in realtà continuato a disciplinare le sole contestazioni tra Comuni appartenenti a Regioni diverse (Corte cost. n. 743 del 1988), almeno fino alla sua abrogazione disposta dall’art. 64 della legge 8 giugno 1990, n. 142.
[4] Non implicano alcun intervento costitutivo o modificativo dei confini in contestazione i ricorsi regolati dall’art. 267, TU enti locali n. 383 del 1934, avendo le relative azioni un oggetto analogo all’“actio regundorum” e la medesima natura ricognitoria, Cons. Stato, sez. IV, 22 marzo 2005, n. 1136.
[5] Cfr. Corte cost., sentenza n. 55 del 1993, dove si annota che poteri amministrativi previsti in materia di accertamento dei confini tra Enti locali sono poteri di puro accertamento, dal cui oggetto rimangono estranee le questioni relative alle modifiche delle circoscrizioni (attualmente non più spettanti all’Autorità amministrativa, essendo riservate alla legge).
[6] Secondo un noto principio frequentemente applicato in materia di pianificazione urbanistica, in presenza di una discordanza tra l’indicazione descrittiva di un confine puntualmente riferita ad elementi naturalistici di facile individuazione e la sua traduzione cartografica mediante il tracciamento di una linea sulle mappe disponibili di quel tratto di territorio comunale, prevale la prima in quanto ritenuta più fedelmente corrispondente alla volontà dell’Autorità preposta alla individuazione di quel confine, TAR Sardegna, sez. II, 22 giugno 2018, n. 606.
[7] TAR Lazio, Roma, sez. I, 5 settembre 1994, n. 1290; Cons. Stato, sez. IV, 22 marzo 2005, n. 1136 e 20 ottobre 1998, n. 1361.
[8] Cons. Stato, sez. V, 31 dicembre 2008, n. 6733, ove richiamato un orientamento della Corte cost., sentenze del 30 giugno 1988, n. 743 e del 16 febbraio 1993, n. 55, entrambe pronunciate nell’ambito del c.d. “caso Marmolada”, si ammise che l’azione era l’unica rispettosa dell’ampia autonomia assicurata alle Autonomie locali dall’art. 5 della Costituzione. Inoltre, si presenta coerente sul piano dell’interpretazione sistematica, con i formanti di rango costituzionale e primario che assegnano unicamente alla legge regionale la competenza a modificare il perimetro delle circoscrizioni comunali (v. gli artt. 117, 133, secondo comma, Cost., 15 e 33, comma 3, del d.lgs. n. 267/2000).
[9] Cons. Stato, sez. V, 31 dicembre 2008, n. 6733; sez. IV, 22 marzo 2005, n. 1136; più di recente, Cons. Stato, V, 21 agosto 2023, n. 7855; cfr. Corte cost., 30 giugno 1988, n. 743 e 16 febbraio 1993, n. 55.
[10] Il valore dell’atto è semplicemente quello di “consegna” della strada al Comune, senza perciò provarne la titolarità, oltreché procurarne ex se la declassificazione, Cons. Stato, sez. VII, 5 febbraio 2024, n. 1134.
[11] Cass. civ., sez. III, 2 marzo 2012, n. 3253.
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