Cosa non torna nella ricostruzione del governo sull’arresto di Almasri in Libia

Novembre 6, 2025 - 13:30
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Cosa non torna nella ricostruzione del governo sull’arresto di Almasri in Libia

Dopo l’arresto in Libia di Najim Osama Almasri, capo della polizia giudiziaria del Paese, il caso del generale fermato in Italia e poi riportato a Tripoli con un volo di Stato è tornato alla ribalta. Il governo Meloni ha fatto sapere di avere deciso di rilasciarlo per esplicita richiesta di estradizione da parte della Libia, dove sapeva che sarebbe stato arrestato per i crimini compiuti contro i migranti. Ma è una tesi poco plausibile. E a dimostrarlo ci sono i documenti sulla scarcerazione e il rimpatrio che provano come la richiesta di estradizione della Libia sia arrivata quando Almasri era già stato rimpatriato.

Come spiega Repubblica, ci sono almeno tre passaggi che smentiscono quanto Palazzo Chigi si è affrettato a dichiarare per cercare di ridimensionare l’imbarazzo politico. E cioè: non potevano sapere che la Libia avrebbe arrestato Almasri.

Il primo passaggio lo offre direttamente il tribunale dei ministri, ricostruendo cosa è accaduto in quelle ore. «Il 21 gennaio», scrivono i magistrati nella richiesta di autorizzazione a procedere per i tre membri del governo (Alfredo Mantovano, Carlo Nordio e Matteo Piantedosi), «risultava consegnata brevi manu al ministero degli Esteri una nota da parte del procuratore generale dello Stato della Libia datata 20 gennaio». Si tratta del documento con il quale Tripoli informa l’Italia che esiste un procedimento in Libia a carico di Almasri su vicende simili a quelle per le quali la Cpi ha emesso l’arresto. Probabilmente è la nota a cui si riferisce il governo. Ma non tornano i tempi. «Dai documenti acquisiti presso Aise, la traduzione italiana della richiesta di estradizione era stata effettuata, a cura della stessa Ambasciata italiana a Tripoli, in orario compreso tra le ore 18:28 e le ore 20:02 del 21 gennaio 2025». A quell’ora di quel giorno, il volo messo a disposizione dagli stessi Servizi era già pronto a partire.

La nota in questione è stata trasmessa al ministero della Giustizia solo il 22 gennaio. In quel momento, fanno notare i giudici, «la persona era già fuori dal territorio nazionale e, o meglio, già rientrata in Libia».

A confermare tutto questo ci sarebbero anche le dichiarazioni dei tre principali dirigenti del ministero della Giustizia: il capo del Dipartimento, Luigi Birritteri; la sua dirigente, Cristina Lucchini; e persino la capo di gabinetto, Giusi Bartolozzi. Lucchini spiegava che quel documento che avevano ricevuto quando Almasri era stato già espulso in ogni caso non poteva mai essere considerato una richiesta di estradizione: non c’era una condanna, ma solo un’indagine. Peraltro, annota il tribunale dei ministri, «la richiesta libica faceva generico riferimento a inchieste in corso, senza indicare un numero di procedimento e men che meno una sentenza di condanna a pena detentiva o altro provvedimento restrittivo della libertà personale da eseguire».

Ma contro la tesi della scarcerazione perché erano a conoscenza dell’indagine libica, sempre negli atti, ci sono le dichiarazioni anche del capo dell’Aise, Giovanni Caravelli. «Caravelli — scrive ancora il tribunale — spiegava che Almasri non era stato né arrestato né destituito dal suo incarico» al suo arrivo e nemmeno nei mesi successivi. E Giusi Bartolozzi, capo di gabinetto del ministero della Giustizia, interrogata aveva ammesso: «Io quella richiesta non l’ho mai avuta in mano… La valutazione per noi era prima ancora politica, che non… altro».

La procura libica ha fatto sapere che Almasri è stato arrestato per la tortura di dieci persone migranti trattenute in uno dei centri di detenzione di cui è responsabile, e per la morte di una di queste a causa delle violenze subite. Da diversi anni nei confronti di Almasri è stato emanato un mandato della Corte penale internazionale.

Il 19 gennaio sorso il generale era stato arrestato a Torino in forza dello stesso mandato della Corte penale internazionale. Ma martedì 21 gennaio, due giorni dopo, era stato liberato e rimpatriato in Libia su decisione del governo italiano. Nel procedimento giudiziario aperto contro alcuni membri del governo, e poi decaduto, sono venute fuori notizie confuse e incoerenti sulle decisioni prese in quelle ore, mentre il governo ha sempre fornito ragioni spesso poco credibili.

Ora non è chiaro perché Almasri sia stato arrestato in Libia proprio adesso, dieci mesi dopo il ritorno con il volo di Stato italiano. Il generale ha ricoperto incarichi di primo livello nella polizia giudiziaria libica. Ma quello che si sa è che lo scorso maggio la sua posizione in Libia è cambiata per via degli scontri tra milizie seguiti all’uccisione di uno dei più potenti rivali del primo ministro Abdul Hamid Dbeibah, il capo del governo internazionalmente riconosciuto. Almasri appartiene alla fazione opposta a quella di Dbeibah. Tant’è che a maggio il governo libico ha accettato di riconoscere la giurisdizione della Corte penale internazionale e in seguito ha fatto emettere nei suoi confronti un ordine di comparizione.

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Redazione Redazione Eventi e News