Ddl Concorrenza, il ministro Urso: “Norme anti-fast fashion nel primo provvedimento utile”

Novembre 4, 2025 - 12:01
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Ddl Concorrenza, il ministro Urso: “Norme anti-fast fashion nel primo provvedimento utile”
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“L’assenza del pacchetto anti-ultra fast fashion nel ddl Concorrenza ci preoccupa”: con queste parole ha commentato Carlo Capasa, presidente di Camera Nazionale della Moda Italiana (Cnmi), l’esclusione del settore moda dal disegno di legge approvato in Senato – anticipata da PambiancoNews – e che avrebbe dovuto contenere un pacchetto di norme, da tempo attese e auspicate da aziende e associazioni tricolori del comparto, per contrastare l’ultra fast fashion e tutelare, di conseguenza, la filiera made in Italy.

“Il Governo e il ministro Urso – ha proseguito Capasa – avevano assicurato la volontà di intervenire in sede italiana ed europea per contrastare l’invasione di prodotti fast fashion che stanno mettendo a rischio il mercato italiano ed europeo della moda di qualità”. E riguardo nello specifico al disegno di legge e alle aspettative che il comparto vi aveva riposto: “Avevamo accolto con soddisfazione l’intenzione di inserire una norma nel ddl Concorrenza, ma, constatando che ciò non è avvenuto nel recente varo, probabilmente anche per problemi tecnici, siamo fiduciosi che la proposta venga accolta in Finanziaria”.

Tra le misure in origine previste nel testo, “l’estensione del regime di responsabilità estesa del produttore (Epr) a chi, pur producendo fuori dall’Unione europea, vende in Italia prodotti tessili, affini o calzaturieri”, aveva anticipato il Mimit. L’obiettivo era quello di “contrastare l’invasione di articoli a basso costo e scarsa qualità, ripristinando condizioni di concorrenza leale, tutelando i consumatori e rafforzando la sostenibilità ambientale del settore”.

In Commissione di tali tematiche non è emersa traccia: il ddl, su cui Palazzo Madama si è espresso con 97 sì, 60 no e due astenuti, ha interessato solo “settori ritenuti prioritari per la crescita economica del Paese quali servizi pubblici locali, il trasporto regionale, il sistema di accreditamento sanitario e il trasferimento tecnologico alle imprese”. E attraverso soli nove articoli, senza vere e proprie riforme ma perlopiù ritocchi e integrazioni confluiti in un emendamento arrivato in aula senza che la commissione Industria abbia potuto apportare modifiche rispetto alla versione approvata dal Governo.

Ad assillare il comparto, infatti, oltre alla mancata collocazione del pacchetto all’interno del ddl, era l’interrogativo su quale sarebbe stato lo sbocco alternativo delle normative, che sembravano inizialmente non potere trovare posto nella legge di Bilancio. Proprio la sovrapposizione con quest’ultima, d’altronde, sembrava avere impedito l’inserimento del pacchetto anti-fast fashion nel ddl, per via del suo respiro economico.

Il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso, in occasione del Salone di Giustizia 2025, ha poi spiegato: “Per contrastare il fenomeno dell’ultra fast fashion abbiamo predisposto una serie di norme. Non è stato possibile inserirle nel ddl Concorrenza perché questo deve essere approvato il più in fretta possibile in quanto obiettivo del Pnrr. Le inseriremo nel primo provvedimento utile”.

Una promessa che sembra quasi un risarcimento per una mancata attuazione che era stata lungamente prospettata e poi sfumata, nella delusione delle associazioni di categoria, in primis Confindustria Moda e la sua costola dedicata agli Accessori. Per quanto riguarda Cnmi, la proposta avanzata da Capasa consiste in una serie di “misure concrete” ispirate al modello francese: la Francia, infatti, si era già schierata contro la moda a basso costo con un disegno di legge, ormai approvato, che mette nel mirino soprattutto i colossi asiatici quali Shein e Temu. Nella proposta dell’ente, una tassa progressiva sui prodotti di fast fashion, il divieto di promuovere aziende che ne facciano parte, obblighi per le imprese esportatrici di rispettare regole e standard ambientali e sociali.

Misure tanto più urgenti se si considera che, secondo i dati aggregati di Cargo Facts Consulting, nel 2024 sono arrivati in Europa oltre 4,5 miliardi di pacchi di ultra fast fashion, principalmente dalla Cina. Ogni giorno vengono spedite nel mondo circa 5mila tonnellate di prodotti (pari a 5 milioni di kg e oltre 30 milioni di capi, ovvero fino a 200 milioni di capi a settimana). Solo in Francia, inoltre, sbarcano un milione di capi al giorno e in Italia alcune centinaia di migliaia. Per trasportare questi volumi, ogni giorno viaggiano oltre cento aerei cargo Boeing 777 carichi di abbigliamento a rapidissimo consumo.

Intanto, a fronte di questo allarmante scenario, anche Federazione Moda Italia-Confcommercio ha espresso disappunto per l’assenza della moda nel ddl. “Siamo preoccupati – ha dichiarato il presidente, Giulio Felloni – per gli effetti sulla sostenibilità economica e ambientale generati dall’ultra fast fashion con giro d’affari sottratto alla nostra economia e alle casse dello Stato sempre più importante. Ogni giorno circolano nell’Ue circa 12 milioni di pacchi di valore inferiore a 150 euro, esenti da dazi e spesso da controlli. Una distorsione che penalizza i negozi italiani e mina la competitività delle imprese della moda made in Italy”.

Anche la federazione mette sul Tavolo della moda un pacchetto di norme che contemplano l’abolizione dell’esenzione dei dazi per le spedizioni extra-Ue dal valore inferiore ai 150 euro (da tempo discussa a Bruxelles), l’introduzione di un contributo ambientale per ogni spedizione proveniente da Paesi extra-Ue sotto i 150 euro e, come già prospettato alla vigilia di ddl Concorrenza, l’estensione dell’Epr a tutti coloro che vendano prodotti moda in Italia.

 

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Redazione Redazione Eventi e News