De Luca ha vinto, il suo pupo segretario Pd: il quadro delle candidature alla vigilia delle regionali

De Luca ovvero il potere logora, ma per conquistare una poltrona ogni mezzo è lecito.
Bisogna rinunciare a qualcosa, certo: ma per raggiungere un altro traguardo che magari gli avversari non si aspettano.
È il quadro della Campania, dove oggi finalmente si è trovato un accordo. Beh, accordo è un parolone: significherebbe essere tornati amici, combattere per un disegno comune. Invece, è soltanto un compromesso che si scioglierà come neve al sole se qualcuno dei contendenti proverà a fare il furbo.
Sciogliamo le riserve: stiamo parlando di quel che è successo nella terra di Eduardo De Filippo. Pur di restare governatore e abbandonare quel posto, si dà vita ad un braccio di ferro che è durato mesi. Poi, ha vinto la regola del “tengo famiglia”, quella inventata da Leo Longanesi, la ricordate?
E De Luca puntò i piedi ma venne Fico

Il protagonista di tutto questo ambaradan si chiama Vincenzo De Luca, il quale non ne voleva sapere di lasciare il suo trono in Campania anche se la legge era chiara al proposito: dopo due mandati devi tornartene a casa.
“Eh, no”, rispondeva. “I governatori non li scelgono le segreterie dei partiti (ad esempio quella di via del Nazareno), ma la gente che vota. Andiamo alle elezioni e vediamo chi vince”.
Un bel guazzabuglio, non c’è che dire, perché Elly Schlein, per difendere il suo campo largo, qualcosa doveva pur cederla: proprio quella poltrona di Napoli. Con chi si doveva trovare un denominatore comune?
Con quel Giuseppe Conte che ha in animo un solo grande progetto: essere lui il vero leader della sinistra con con cui la destra dovrà battagliare e, forse, anche perdere (secondo i suoi auspici).
L’avvocato del popolo e la signora di via del Nazareno trovano la via d’uscita: al posto di Don Vincenzo andrà Roberto Fico, l’ex presidente della Camera: un grillino della prima ora convertitosi, gioco forza, al predominio del nuovo leader.
Tutto fatto, allora? Nemmeno per sogno. De Luca punta i piedi, non ci sta a piegarsi alla legge di una certa politica. Si ricomincia da capo e il tormentone aumenta. Si alternano giorni di fuoco a tregue temporanee. Che fare? Prevale la legge del do ut des, cioè tu dai una cosa a me e io te la restituisco con tutti gli onori.
Da oggi, la Campania non è più un problema, almeno all’apparenza. Sia pure se non sarà più governatore, De Luca ha vinto. Il potere resta in famiglia, suo figlio Piero, 45 anni, che ha seguito le orme del padre ed ha uno scranno a Montecitorio, sarà il numero uno del Pd nella regione. Il che vuol dire che se un giorno la Schlein alzerà la voce dovrà fare i conti con quella famiglia.
Le nozze con i fichi secchi
Qualcuno dice con cattiveria: “Si son fatte le nozze con i fichi secchi”. Comunque sia, i 5Stelle gongolano, Elly non ha finito di sognare quell’unione che un giorno dovrà combattere la destra.
Gli ostacoli nelle regionali d’autunno sono come gli esami: non finiscono mai. Non bisogna dimenticare la Puglia e in parte la Toscana (pure se in Calabria i nodi non si sono tutti sciolti).
A Bari e dintorni, la guerra è ancora in pieno svolgimento. Il candidato della sinistra Antonio De Caro è lapidario: “Se Michele Emiliano e Nichi Vendola non la smetteranno di sbraitare e di contrastare ciò che ha deciso il Pd, preferirò rimanere in Europa per difendere la mia Italia”.
Previsioni? Difficile farne per cui ogni pronostico potrebbe essere sballato. In Toscana, predominio assoluto dei dem, Elly non dovrebbe temere nulla. Senonchè, un giovanotto dei conservatori ha lanciato il guanto di sfida. Si chiama Alessandro Tomasi e ha tutto l’appoggio della triade governativa anche se le speranze sono pochissime. “Chissà, nel segreto dell’urna può succedere di tutto”, sostengono gli ottimisti ad oltranza.
Pure noi ci siamo concessi un giorno di tregua sulle due guerre perché la situazione è di stallo malgrado gli interminabili colloqui e gli incontri che si succedono quotidianamente.
Come pure, abbiamo trascurato le ire di Macron che ha grossi guai in Francia: la borsa crolla, le banche sbandano, è un “punto di non ritorno”, secondo alcuni commentatori. C’è una sola via d’uscita: le urne, ma i politici di professione le temono.
A giorni alterni si continua a parlare delle pensioni e, naturalmente, dei pensionati. Scatterà il ribasso delle aliquote, saranno premiati coloro i quali se ne andranno a casa con uno o due anni di anticipo. La soluzione è diversa: non si dovrebbero far pagare le tasse (molto alte in Italia) a chi le ha già pagate durante i suoi lunghi anni di lavoro. Ma questo è un ritornello che non piace affatto all’erario e quindi al bilancio dello Stato.
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