Diaconi permanenti, legati da un’amicizia «spirituale»
Don Filippo Dotti«Ci sono sposati e celibi, genitori di figli adolescenti e di bambini piccoli, svolgono professioni diverse, hanno sensibilità differenti e ciascuno la propria storia personale e vocazionale». Così don Filippo Dotti, rettore per la Formazione al diaconato permanente, presenta gli 8 candidati che sta accompagnando verso l’ordinazione e che si aggiungeranno ai 168 diaconi presenti in Diocesi.
C’è un filo rosso che li unisce?
Il cammino di formazione li ha fatti incontrare e si sono scambiati esperienze, amalgamandosi in un’amicizia che potremmo definire «spirituale». Li unisce il desiderio di servire la Chiesa, mettendo da parte il loro io a favore della comunità, a imitazione del Signore.
Sono tutti laureati, alcuni con professioni fuori dal comune, segno che questa vocazione sta facendo breccia nei cuori di uomini, già realizzati dal punto di vista professionale e familiare…
Sì, è davvero sorprendente come il Signore stia chiamando tanti uomini al diaconato. Tra l’altro senza che vi siano particolari forme di “pubblicità” o “promozione” di questa scelta. Spesso l’esperienza professionale e familiare suggerisce l’importanza della dedizione alla comunità, il mettersi a servizio per un mondo più giusto e più buono.
La maggior parte sono sposati: il diaconato è davvero un ministero familiare, un cammino plurale. Cosa aggiunge la presenza delle mogli e dei figli?
Il cammino dei diaconi coinvolge la loro famiglia, fin dalla formazione. Se una vocazione viene dal Signore, fa bene a tutti e le vocazioni tra loro si sostengono e si arricchiscono. Alle volte si dice che dietro un grande uomo c’è sempre una grande donna, ma più che avanti o dietro, sarebbe meglio dire che si cammina l’uno a fianco dell’altra. L’esperienza di famiglia è decisiva per tutti, anche per i celibi, perché in famiglia si impara la grammatica della vita, la si mette in pratica e la si verifica ogni giorno.
Nel cammino ci sono momenti di formazione anche per le mogli?
Sì, il cammino di formazione coinvolge le mogli con diversi incontri a loro dedicati. Il loro giudizio e la loro preghiera sono fondamentali, tanto che all’ammissione il Vescovo chiede loro il consenso sul cammino del marito. Stiamo costruendo una attenzione anche al vissuto dei figli, perché siano coinvolti e ascoltati.
Ormai vengono ordinati più diaconi che sacerdoti. Pur rimanendo un “ministero della soglia” questo servizio diventerà sempre più prezioso e di aiuto per i preti e per le nostre comunità?
Quella tra preti e diaconi non è una gara di numeri. Pensiamo che sarebbe meglio avere più preti e più diaconi, così come più matrimoni e più consacrazioni. Ciò che conta è che tutti i cristiani non siano “pigri” nel rispondere alla chiamata del Signore. Un motto per i diaconi che potrebbe essere per tutti.
Il vescovo di Mantova Gianmarco Busca, nel recente convegno regionale, ha parlato del movimento dei diaconi «dalla vita all’altare e dall’altare alla vita». Sta qui la loro peculiarità?
Credo proprio di sì. Il ministero del diacono è per il servizio alla Chiesa, servizio alla Parola e servizio ai poveri. C’è tanto da fare per portare la vita verso il Signore e il Signore vicino alla vita di questa umanità. Ci sono vie antiche e nuove da percorrere, senza pigrizia, con coraggio e anche un po’ di fantasia.
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