I robot nel nostro futuro, gioie e dolori, vantaggi e minacce: perché lo Stato sociale è a rischio
Genova, Italia, capitale dei robots. Qui, all’l’Istituto Italiano di Tecnologia (Iit), è stato messo a punto il primo robot che vola.
L’avessero fatto i cinesi o gli americani avrebbero sommerso il mondo con la notizia. I genovesi sono stati piuttosto discreti, come da tradizione, ma la sostanza è che i robot sono destinati a determinare una svolta radicale nella vita dell’umanità.
Per la prima volta da che mondo è mondo non ci sarà più bisogno di esseri umani per una serie di mansioni che vanno dalla assistenza agli anziani alla guida delle auto; nelle fabbriche, dove già i robots operano da quasi mezzo secolo, amplieranno le funzioni col vantaggio che non scioperano.
I robot potranno scaricare le navi e forse un giorno pilotarle; dagli aratri nei campi agli aerei nel cielo, come cantava Luigi Tenco.
Tutto questo avrà conseguenze positive per la vita dei più. Dalla settimana lavorativa di 72 ore di mio nonno si arriverà alla giornata di 4 ore o meno.
Tempo libero in aumento con i robot

Già i grandi protagonisti dell’intrattenimento si stanno preparando: YouTube e Nettlix sono in prima fila, ma gli Ellison, i più ricchi del mondo, sono già entrati nel settore, affiancati dal principe saudita Mohammed bin Salman che ha investito un miliardo di dollari a Hollywood.
Fin qui tutto bene, anzi ottimo. Ci saranno anche meno militari morti in guerra (anche se per le popolazioni civili i rischi non diminuiranno certo). Ma c’è un ma su cui sarebbe opportuno riflettere al più presto.
Uno degli aspetti positivi della nostra epoca è il sistema previdenziale che caratterizza lo stato sociale. Figlio di gente povera con radici in più di un secolo (il XIX) fa posso apprezzare meglio di tanti questa conquista della rivoluzione industriale.
In Italia tutto ruota attorno all’INPS. La previdenza sociale non solo elargisce le pensioni ai lavoratori quando si ritirano ma dalle sue casse escono le indennità che rendono meno gravosa la vita di tanti italiani.
Da dove viene quel fiume di denaro (parliamo di 250–300 miliardi di euro, un sesto del pil)?
Dai contributi che lavoratori e aziende versano nelle casse dell’INPS, almeno un terzo della retribuzione lorda nel caso dei dipendenti.
Ma se il numero dei dipendenti è destinato a diminuire drasticamente, come promette il taglio di mezzo milione di posti annunciato da Amazon, come farà l’INPS in Italia e come faranno gli omologhi nel mondo, a sopravvivere?
I cinesi si sono posti il problema. Fra le idee c’è quella di fare pagare i contributi sui robot come fossero umani.
Importante è fare presto, l’economia crescerà ma forse non abbastanza per compensare la perdita.
A Genova c’è un detto, di non aspettare che le mosche banchettino. Forse è il caso che Rixi, che è di Castelletto, lo traduca per i romani.
(Pubblicato sul SecoloXIX venerdì 14 novembre 2011)
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