Il governo pensa ad una possibile aggregazione Mps-Banco Bpm

Importanti esponenti del governo starebbero pensando ad una possibile aggregazione tra il Monte dei paschi di Siena e Banco Bpm: è quanto riferiscono ad Agenzia Nova fonti informate, precisando che l’operazione potrebbe mettere al sicuro l’istituto guidato da Giuseppe Castagna dalle mire dei francesi del Crédit Agricole. La banca transalpina controlla una quota compresa tra il 19,8 e il 19,9 per cento di Bpm e ha chiesto da tempo alla Banca centrale europea di poter superare quota 20 per cento. Con l’eventuale autorizzazione, il Crédit Agricole potrebbe arrivare a controllare fino al 29,9 per cento, senza obbligo di lanciare un’Opa. A fine settembre il ministro dell’Economia, interrogato sulla possibilità di utilizzare il “Golden power”, ha detto di non avere obiezioni politiche alle ambizioni dei francesi ma, ha aggiunto, “io ho una legge che devo far rispettare, come l’ho fatta rispettare agli altri (UniCredit, ndr) la farò rispettare a loro. C’è una legge e vale per tutti”. La Commissione europea, tuttavia, ha avanzato forti dubbi sulla legittimità dell’uso dei poteri speciali nei confronti di UniCredit, e potrebbe aprire una procedura d’infrazione nei confronti dell’Italia. Una procedura che metterebbe automaticamente in discussione anche l’eventuale uso del “Golden power” nei confronti del Crédit Agricole.
Ma il tema del controllo di Bpm non è l’unico argomento a creare preoccupazioni nel governo. Oggi Mps capitalizza in Borsa 22,13 miliardi, il Tesoro detiene una partecipazione del 4,86 per cento, Delfin, la holding della famiglia Del Vecchio, il 17,53 ed il gruppo Caltagirone il 10,26. I tre principali azionisti, dunque, controllano circa il 32,66 per cento del Monte, per un valore che oggi è pari a circa 7,23 miliardi. Ad un eventuale investitore estero, dunque, basterebbe investire 11-12 miliardi per conquistare il controllo di Mps, e con esso la quota di controllo in Mediobanca ed una posizione di assoluto rilievo in Generali, grazie al 12,94 per cento che l’istituto di piazzetta Cuccia possiede nella compagnia assicurativa triestina. Una quota che, nel recente passato, è stata determinante per definire gli equilibri al vertice di Generali. Anche questa eventualità è al centro delle riflessioni in corso tra i tecnici del governo che, per evitare una scalata ostile su Bpm, potrebbe favorire una fusione tra Mps ed il Banco. L’eventuale fusione – si ragiona – potrebbe inoltre rassicurare la finanza del Nord, che ha subito la conquista di Mediobanca come una sconfitta storica.
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