Il nuovo Versace anima la Milano fashion week: sì per la critica ma i social lo stroncano

“Che ne pensi di Versace?”, “Tu sei stato invitato?”, “Ma Donatella c’era?”, “Non me l’aspettavo però, chissà, forse meglio così”. Sabato mattina, all’indomani della prima sfilata di Versace by Dario Vitale, la stampa italiana si interrogava ferventemente sul nuovo corso della maison. In realtà molti addetti ai lavori hanno iniziato a commentare subito dopo la passerella allestita presso la Biblioteca Ambrosiana, location dell'”evento intimo” a cui solo pochi fortunati hanno avuto accesso. Giornalisti e buyer hanno iniziato subito a confrontarsi sugli oltre 70 look realizzati dal designer campano, a capo dell’ufficio stile dal 1° aprile, il primo direttore creativo dopo Gianni e Donatella Versace.
“Questa maison è elegante, rispettabile, borghese nella sua calma apparenza, eppure qualcosa non va – si legge nella lettera condivisa dalla casa di moda che ha preceduto il fashion show -. O forse ho finito con la sola eleganza, così come le esigenze della rispettabilità sembrano assurde. Sembrano un insulto. Ogni cosa raffinata ora appare leggermente fuori posto, ogni oggetto dissonante. La simmetria si è incrinata”. Che l’aria fosse cambiata è stato subito chiaro a tutti. La collezione primavera/estate 2026 non ha nulla in comune con il glamour che ha caratterizzato gli ultimi decenni di Versace. Il neo-direttore creativo sembra aver tratto ispirazione dalla produzione di Gianni Versace tra gli anni ’70 e ’80, quella fotografata dai primi scatti di Richard Avedon per la maison. La sexiness che ha dilagato durante l’era Donatella è stata sostituita da una una sensualità meno spettacolare, “Versace filtrato attraverso lo sguardo di Vitale gioca con un tipo di sesso molto meno patinato e decisamente più allusivo”, scrive il New York Times in una recensione molto lusinghiera. Le spille da balia, gli abiti in maglia metallica, le Medusa a oltranza e il maxi logo sono stati sostituiti da righe a contrasto e color blocking in colori saturi. Blouson oversize e completi morbidi hanno preso il posto di quelli super fit. Gilet e pantaloni incrostati di borchie dal sapore wild west, giacche gessate e pantaloni dalla vita alta, sparute stampe barocche e qualche ritratto di Bianca Jagger (in prima fila) by Andy Warhol. E ancora: canotte da personal trainer, sneakers in collaborazione con Onitsuka Tiger, una manciata di abiti da sera che poco hanno a che fare con il guardaroba di Jennifer Lopez, micro reggiseni e culotte ricamate (già indossati ieri dalla cantante Addison Rae in suo tour). Prince, Janet Jackson, Annie Lennox, Madonna e i Wham! in sottofondo mentre sui social montavano i primi commenti, distanti anni luce da quelli dei fashion editor.
Il debutto di Vitale ha senza dubbio scatenato una tempesta mediatica animata da pareri contrastanti. Da una parte la stampa di settore, dall’altra gli utenti dei social. “Il risultato è al tempo stesso chiaramente Versace e anche piacevolmente diverso. Sfrontato, in ogni senso della parola. E la strada giusta da seguire”, spiega il New York Times. ” Ha trovato una strada. Ha tolto un grande nome dalle trappole mortali del lusso e lo ha riportato nella moda con un autentico senso di novità. Non vedo l’ora di vedere cosa farà dopo”, scrive The Cut lodando le cerniere dei pantaloni parzialmente abbassate e gli arditi accostamenti cromatici. “La generosa tavolozza di abiti, personaggi e idee di Vitale lascia intravedere speranza per la rinascita di Versace in un’industria della moda che ha faticato a ritrovare entusiasmo (e vendite)”, riporta Business of Fashion aggiungendo che “tradurre la sua visione anticonvenzionale della sensualità per l’attuale clientela del brand non sarà affatto un compito semplice nemmeno per i team di marketing e commerciali”.
In effetti la maggior parte dei commenti provenienti dai non insider sono a dir poco negativi. Lo scetticismo che aveva accompagnato i due outfit Versace indossati in anteprima da Julia Roberts durante l’ultima edizione della Mostra del cinema di Venezia si è trasformato in indignazione nei confronti della collezione. “È cool ma non è Versace”, “Che disastro”, “Questa è stato il peggior debutto di uno stilista nella storia della moda”, si legge tra i commenti del profilo Instagram di Business of Fashion. I feedback dei follower di Vogue Us non sono migliori: “Hanno distrutto l’essenza di Versace”, “Donatella ritorna!”, “Persino H&M farebbe di meglio”. C’è chi accusa Vitale, ex direttore del design prêt-à-porter di Miu Miu, di aver tradito l’essenza della Medusa in favore di uno stile più vicino all’estetica del marchio del Gruppo Prada, chi si chiede come mai Donatella Versace non fosse presente in prima fila pur essendo chief brand ambassador della maison, recentemente acquistata proprio dal gruppo di Miuccia Prada e Patrizio Bertelli. Va ricordato che lo show si inserisce proprio nella fase di passaggio di Versace da Capri Holdings al colosso italiano. Le reazioni alla prima prova di Vitale ricordano quelle ricevute da Alessandro Michele in seguito all’esordio da Valentino. Lo stilista romano può però contare su uno zoccolo duro di aficionados che lo segue dai tempi di Gucci, Vitale invece parte da zero.
Dopo un debutto così fragoroso c’è indubbiamente il rischio di perdere i clienti devoti all’estetica tradizionale di Versace ma, allo stesso tempo, la possibilità di guadagnare nuovi consensi, non solo tra i fashion editor.
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