Iran. Teheran cerca la mediazione del Golfo per fermare il conflitto con Israele

Giugno 19, 2025 - 13:00
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Iran. Teheran cerca la mediazione del Golfo per fermare il conflitto con Israele

di Giuseppe Gagliano

Nel pieno dell’escalation più drammatica mai registrata tra Iran e Israele, Teheran tenta una mossa diplomatica a sorpresa: coinvolgere Qatar, Arabia Saudita e Oman per fare pressione su Washington e ottenere un cessate-il-fuoco immediato in cambio di concessioni sul programma nucleare. È quanto emerge da una fitta rete di contatti non ufficiali, rivelati da fonti regionali a Reuters e The Arab Weekly, che mostrano una Repubblica Islamica preoccupata, ma non rassegnata, pronta a sacrificare parte della propria rigidità ideologica per evitare un allargamento del conflitto.
Le richieste iraniane ai mediatori del Golfo sono chiare: fermare gli attacchi aerei israeliani e riprendere le trattative sul nucleare. In cambio Teheran sarebbe disposta a sospendere l’arricchimento dell’uranio per almeno un anno, garantendo l’accesso completo agli ispettori dell’Aiea e accettando un consorzio internazionale nella gestione del programma nucleare. Una proposta che ricalca in parte la bozza elaborata dal sultanato dell’Oman, che prevede una moratoria sull’arricchimento e l’adozione di misure di trasparenza per rafforzare la fiducia reciproca.
Ma il contesto resta incandescente. Il 13 giugno Israele ha colpito duramente siti militari e nucleari iraniani, decimando il vertice delle Guardie Rivoluzionarie. La risposta di Teheran è arrivata con una pioggia di missili. Da allora, gli attacchi si susseguono senza tregua. Gli Stati del Golfo, tradizionali alleati di Washington, temono che la guerra possa estendersi e coinvolgere direttamente i loro territori o interessi economici, e per questo si sono attivati in un frenetico tentativo di contenimento.
L’Iran ha cercato anche l’intervento della Turchia e del presidente russo Vladimir Putin, il quale, secondo fonti vicine al Cremlino, avrebbe accettato di parlare con Trump e Netanyahu. Tuttavia resta incerto il ruolo che Mosca intenderà giocare in questa fase: facilitatore diplomatico o semplice garante di equilibrio?
Intanto gli Stati Uniti mantengono una posizione ambigua. Il segretario alla Difesa Pete Hegseth ha confermato che Trump punta ancora a un accordo con l’Iran, ma non ha escluso l’uso della forza per proteggere le basi e le risorse statunitensi nella regione. La Casa Bianca starebbe valutando un incontro tra l’inviato Steve Witkoff e il ministro degli Esteri iraniano Abbas Araghchi, ma le premesse restano fragili.
A complicare il quadro il braccio di ferro tra Donald Trump ed Emmanuel Macron. Il presidente francese ha attribuito la partenza anticipata di Trump dal G7 a un presunto impegno per la mediazione in Medio Oriente. Ma il tycoon ha smentito categoricamente, affermando che la sua assenza non era legata ad alcuna trattativa per un cessate-il-fuoco. “Macron non ha idea del perché io stia tornando a Washington”, ha tuonato su Truth Social. “Non ha nulla a che fare con l’Iran”.
Mentre la diplomazia prova a riaccendersi, i mercati reagiscono: il prezzo del petrolio è sceso di un dollaro al barile nella giornata del 16 giugno, segnale che gli investitori credono in un possibile spiraglio negoziale. Ma i combattimenti continuano, e l’orizzonte resta fosco. Il Golfo Persico si ritrova ancora una volta non solo come spettatore, ma come crocevia strategico e diplomatico in un conflitto che rischia di ridisegnare gli equilibri regionali e globali.

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Redazione Redazione Eventi e News