Jane’s Journey: le location simbolo che raccontano la vita (stra)ordinaria di Jane Goodall

Ottobre 3, 2025 - 11:00
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Jane’s Journey: le location simbolo che raccontano la vita (stra)ordinaria di Jane Goodall

Il 1° Ottobre 2025 si è spenta all’età di 91 anni Jane Goodall, una donna che nel corso degli anni è diventata una figura familiare per il grande pubblico grazie al suo straordinario lavoro con gli scimpanzé e al contributo rivoluzionario nel campo dell’etologia.

Articoli, fotografie e documentari ne hanno tracciato il percorso scientifico e l’impegno ambientale, raccontando la scienziata, la pioniera, l’attivista. Ciò che invece è rimasto spesso in ombra è la donna dietro la leggenda: la sua infanzia, la quotidianità familiare, le relazioni sentimentali, il rapporto con il figlio, le sue paure più intime, le speranze coltivate e i rimpianti affrontati lungo il cammino.

Di cosa parla Jane’s Journey

È proprio questo lato più umano e vulnerabile che il regista tedesco Lorenz Knauer è riuscito a far emergere per la prima volta nel documentario Jane’s Journey. Lungo quasi due ore, il film segue Jane Goodall tra i luoghi che hanno segnato la sua vita: dalla tranquillità della sua casa a Londra alla foresta del Gombe Stream National Park in Tanzania, dove tutto è iniziato, fino a toccare l’emozione di tre conferenze tenute negli Stati Uniti e una suggestiva visita a una pozza di ippopotami in Groenlandia.

Gombe
La riserva di Gombe, in Tanzania

Attraverso interviste alla stessa Goodall, a suo figlio e a colleghi, amici e familiari, il documentario costruisce un ritratto intimo e tridimensionale. Arricchiscono la narrazione anche materiali video provenienti dalle iniziative Roots & Shoots, il movimento globale da lei fondato, oggi attivo in oltre 100 Paesi, che coinvolge giovani in progetti di educazione ambientale e cittadinanza attiva.

Tra gli intervistati si riconoscono anche star come Angelina Jolie e Pierce Brosnan che hanno sempre ammirato l’opera di Goodall. “Ero così felice quando mi ha detto che era entusiasta di far parte del film. A volte le persone promettono di dare il loro sostegno ma non lo fanno, o non riescono a farcela. Non è stato così per Angelina” ha detto Goodall.

Dove è stato girato

Jane’s Journey è, a tutti gli effetti, un documentario educativo che ha il potenziale per attraversare il mondo così come fa la sua protagonista instancabile. Il merito è tutto della presenza magnetica e della pacata determinazione di Jane Goodall, una figura che è ormai una vera “superstar dell’ambiente”.

Il viaggio cinematografico comincia là dove tutto è iniziato: nella riserva di Gombe, in Tanzania. È il 1960, e una giovane Jane di appena 23 anni, senza titoli accademici ma armata di un’intelligenza curiosa e di un amore profondo per gli animali, muove i primi passi tra gli scimpanzé. Le immagini in alta definizione più attuali ci mostrano una Goodall dai capelli bianchi che interagisce ancora con quei primati che l’hanno resa celebre.

Parco del Gombe
iStock
Parco naturale Gombe

A queste sequenze si alternano filmati d’archivio in 8mm che la ritraggono giovane, timida e determinata, mentre stabilisce i primi contatti con i suoi “vicini” nella foresta. È attraverso queste clip che viene introdotto anche il suo primo marito, il fotografo naturalista Hugo van Lawick, e che possiamo sbirciare nella sua infanzia in Inghilterra, tra ricordi e frammenti familiari inediti.

Una volta lasciata la foresta di Gombe, il film segue Jane nel vortice delle sue missioni globali. Da oltre 300 giorni all’anno in viaggio, Goodall è oggi ambasciatrice di pace delle Nazioni Unite e anima pulsante del Jane Goodall Institute.

La sezione conclusiva del film restituisce però profondità e impatto emotivo. Jane visita la riserva di Pine Ridge, nel South Dakota, dove alcolismo e suicidi hanno devastato la comunità nativa americana, ma dove i semi della speranza germogliano grazie a un orto scolastico di Roots & Shoots. Si sposta poi in Groenlandia, dove il fragore di enormi lastre di ghiaccio che si staccano a picco ricorda, con drammatica evidenza, gli effetti del cambiamento climatico.

South Dakota
iStock
Il paesaggio del South Dakota

Infine, arriva in un campo profughi nella Repubblica Democratica del Congo, dove la macchina da presa si ferma sui volti dei bambini che corrono accanto alla sua Jeep, simbolo dell’umanità a cui Jane ha scelto di dedicare la seconda parte della sua vita.

Il film si chiude in modo poetico, in una pozza immersa nella foresta tanzaniana. Lì, un “sussurratore di ippopotami”, erede di una famiglia che da generazioni protegge questi animali maestosi, proietta la sua voce sull’acqua, creando un momento di pura magia. Un finale che incarna perfettamente lo spirito del documentario: un ponte tra scienza e meraviglia, tra attivismo e poesia.

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Redazione Redazione Eventi e News