La corsa dell’intelligenza artificiale sfida l’energia globale: entro il 2030 serviranno 500 miliardi l’anno in infrastrutture

Ottobre 14, 2025 - 11:30
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La corsa dell’intelligenza artificiale sfida l’energia globale: entro il 2030 serviranno 500 miliardi l’anno in infrastrutture

La rivoluzione dell’intelligenza artificiale non è soltanto una questione di algoritmi o modelli linguistici sempre più sofisticati. È, soprattutto, una sfida energetica e infrastrutturale senza precedenti. Secondo la sesta edizione del Global technology report di Bain & Company, la domanda di potenza computazionale – ossia il numero di operazioni necessarie a supportare modelli di AI sempre più complessi – sta crescendo a un ritmo impressionante. Se la traiettoria attuale dovesse continuare, entro il 2030 la domanda globale di energia per l’AI potrebbe raggiungere i 200 gigawatt, metà dei quali solo negli Stati Uniti.

Un incremento tale da mettere sotto pressione reti elettriche che, negli ultimi vent’anni, avevano conosciuto consumi quasi stabili. Per sostenere questo fabbisogno servirebbero 500 miliardi di dollari l’anno in nuovi data center e infrastrutture, un livello insostenibile con i soli incentivi pubblici. “Il settore privato dovrà trovare nuove modalità per generare ricavi e finanziare l’upgrade energetico”, spiega Mauro Colopi, partner e responsabile italiano technology, media and telecommunications di Bain & Company. “L’AI sta mettendo sotto pressione le catene di approvvigionamento globali. Entro il 2030, i leader tecnologici dovranno affrontare questa sfida con soluzioni sostenibili per una domanda in crescita esponenziale”.

Il dilemma degli investimenti

Il problema, aggiunge Antonio Travaglini, senior partner della practice technology, media and telecommunications e responsabile globale gaming, è anche strategico: “I manager chiamati ad allocare capitali si trovano di fronte a un vero dilemma. Se investono troppo, rischiano capacità inutilizzata; se sottovalutano la crescita, rischiano di non avere risorse per cogliere l’ondata di mercato”.

Secondo Bain, anche ipotizzando che tutte le aziende trasferiscano i propri budget IT al cloud e reinvestano i risparmi derivanti dall’uso dell’AI – pari a circa il 20% dei costi di vendita, marketing, customer support e R&D – resterebbe un gap annuale di circa 800 miliardi di dollari per finanziare la nuova infrastruttura tecnologica.

Una competizione senza precedenti

Finora i giganti tecnologici sono riusciti a trasformare ogni minaccia in opportunità, reinventando continuamente i propri modelli. Ma l’AI apre un’arena competitiva inedita: dagli hardware ai modelli, dalle applicazioni ai motori di ricerca, fino ai browser. Le big tech stanno reagendo con investimenti massicci, mentre nuovi player emergenti attraggono capitali record.

A complicare lo scenario intervengono fattori geopolitici, regolatori e tecnologici: l’evoluzione del quantum computing, l’ascesa dell’Agentic AI e il moltiplicarsi di regole locali sull’uso dei dati. Tutto questo rende l’adattabilità una competenza chiave in ogni fase della trasformazione. Non a caso, le prime cinque aziende tecnologiche mondiali concentrano oggi oltre il 70% del valore complessivo del settore, in crescita rispetto al 65% di un anno fa.

“L’impatto dell’intelligenza artificiale è più profondo e pervasivo di quello del cloud”, osserva Colopi. “Persino le soluzioni SaaS dovranno essere ripensate da zero. Le grandi aziende hanno leve per monetizzare i propri investimenti, ma la nuova competizione potrebbe mettere in discussione persino la loro supremazia”.

L’era dell’Agentic AI. Dal software ai margini operativi

Le società più avanzate hanno già tratto vantaggio concreto dall’adozione dell’AI, registrando incrementi dell’Ebitda tra il 10% e il 25% negli ultimi due anni. Tuttavia, la maggior parte delle imprese è ancora in fase di sperimentazione.
“Le più innovative stanno già puntando sull’Agentic AI”, spiega Travaglini. “Nei prossimi tre-cinque anni fino al 10% della spesa IT sarà destinato a sviluppare capacità fondamentali per l’AI, incluse piattaforme di agenti intelligenti e infrastrutture di supporto”.

Antonio Travaglini, senior partner di Bain & Company della practice technology, media and telecommunications e responsabile globale Gaming
Antonio Travaglini, senior partner di Bain & Company della practice technology, media and telecommunications e responsabile globale Gaming

Sul fronte degli investimenti, il 2025 era iniziato con slancio, ma le tensioni geopolitiche e i dazi hanno rallentato il ritmo delle operazioni a partire da aprile. Nonostante ciò, il tech si conferma il settore più resiliente: nei primi sei mesi dell’anno la sua quota sul totale dei deal è salita al 22%, rispetto al 19% di fine 2024.

Secondo Bain, si sta chiudendo l’età dell’oro degli investimenti in software, quando bastava puntare su una promettente SaaS per ottenere ritorni esplosivi. Oggi, i margini dipendono sempre più da nuove fonti di crescita e da efficienza operativa. Nei settori maturi come retail e manifatturiero, lo spazio bianco si è ridotto; comparti meno digitalizzati, come l’edilizia, offrono ancora opportunità. “La trasformazione digitale del lavoro continuerà a generare spesa”, conclude Colopi, “ma tradurre questa crescita in valore richiederà nuove competenze e nuovi approcci di creazione di margine”.

L’AI del futuro sarà locale

Un’ulteriore variabile è la frammentazione geografica degli obiettivi legati all’intelligenza artificiale. In Cina prevale il controllo dell’intera catena del valore, in Europa l’attenzione è concentrata su compliance e sovranità dei dati, mentre il Medio Oriente punta a integrarsi nell’ecosistema globale più che a sviluppare tecnologie autonome.

Pochi Paesi, tuttavia, possono realmente ambire all’indipendenza: la produzione di semiconduttori è concentrata in poche aree e i modelli più avanzati restano in mano a pochi attori. “La frammentazione crea sfide significative per le multinazionali tecnologiche”, avverte Travaglini. “Ogni flusso di lavoro basato su AI richiede adattamenti locali, sia nei modelli che nelle infrastrutture. Pensare a standard globali è poco realistico: le definizioni di ‘AI responsabile’ cambiano da Paese a Paese, riflettendo priorità politiche e culturali differenti”.

L’articolo La corsa dell’intelligenza artificiale sfida l’energia globale: entro il 2030 serviranno 500 miliardi l’anno in infrastrutture è tratto da Forbes Italia.

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