Le Cer protagoniste al Meeting di Rimini: «Una rivoluzione che può incidere sulla vita quotidiana»

Se oggi l’attesa è per la premier Meloni e il vicepremier Salvini, ieri al Meeting di Rimini uno degli appuntamenti più seguiti è stato quello dedicato al tema della transizione energetica e, in particolare, alla sfida delle Comunità energetiche rinnovabili (Cer). L’attenzione e anche la curiosità dei visitatori della kermesse è dovuta al fatto che si tratta di un modello innovativo destinato a cambiare il rapporto tra cittadini, imprese, istituzioni e produzione di energia. E se è vero che le Cer in Italia sono ferme a poco più di un quarto dell’obiettivo previsto dal Pnrr (a fine maggio le domande di contributo dei fondi governativi sono solo 4.930 per una potenza complessiva di circa 440 MW), se è vero che siamo in presenza di un avanzamento lentissimo, mentre la deadline si avvicina (la scadenza alle domande per il contributo governativo è fissata al 30 novembre 2025, mentre quella per la conclusione delle opere è il 30 giugno 2026), è anche vero operatori del settore e cittadini sono pronti a fare la propria parte, su questo fronte.
L’ennesima riprova è arrivata proprio dall’incontro di Rimini dal titolo “Comunità energetiche rinnovabili: stato dell’arte ed esempi concreti”, che di fronte a una folta platea ha riunito esperti, amministratori, imprenditori e rappresentanti di aziende per fare il punto della situazione e, soprattutto, indicare prospettive future.
Come ha osservato Franco Cotana, amministratore delegato di Rse (Ricerca sul sistema energetico), aprendo i lavori, «per la prima volta i cittadini non sono più solo consumatori passivi, ma possono diventare produttori e protagonisti della transizione. Si tratta di una rivoluzione sociale prima ancora che energetica». Cotana ha anche fornito questo dato: «In un solo anno siamo passati da poche decine a oltre 630 comunità già attive, con circa 1.200 in fase di costituzione».
La seconda voce è stata quella di Silvia Chiassai Martini, presidente della Fondazione Cer Italia e sindaco di Montevarchi, tra i primi Comuni italiani a sperimentare concretamente il modello. «Abbiamo iniziato nel 2021, in piena emergenza bollette – ha raccontato – scegliendo la strada del partenariato pubblico-privato. Il Comune non ha speso un euro: abbiamo messo a disposizione tetti e immobili pubblici (scuole, palazzetti, strutture sportive) e un privato, con un investimento di 2,2 milioni di euro, ha realizzato gli impianti per 1,9 MW complessivi di potenza, che non solo producono energia pulita, ma riducono le bollette e generano ritorni economici per la comunità». La Fondazione CER Italia è diventata un modello nazionale: «Accogliamo Comuni, province, aziende e cittadini da tutta Italia. Il nostro obiettivo è semplificare procedure complesse e permettere a chiunque di partecipare senza rischi economici, grazie a una struttura giuridica mutualistica e non profit. Solo così le CER possono diventare davvero popolari e stabili». Chiassai ha sottolineato l’urgenza di una forte azione di comunicazione: «La maggior parte dei cittadini non sa cosa sia una comunità energetica. Eppure è una rivoluzione che può incidere sulla vita quotidiana. Bisogna spiegare con parole semplici i vantaggi ambientali, economici e sociali. Le amministrazioni locali hanno un dovere: farsi promotrici attive di questa opportunità».
L’intervento di Nicola Gherardi, presidente della comunità energetica di Confagricoltura, ha portato la prospettiva del mondo agricolo. «Gli agricoltori sono i primi a subire gli effetti del cambiamento climatico – siccità, alluvioni, rincari energetici – e per questo sono anche i primi protagonisti della transizione. Le Cer rappresentano per noi non solo un’opportunità di investimento, ma un modo per restituire valore ai territori e rafforzare le comunità rurali». Confagricoltura ha costituito una cooperativa a responsabilità limitata, capace di includere sia grandi produttori di energia (con impianti da centinaia di kW) sia piccoli imprenditori agricoli con pannelli da 20 o 30 kW. «La comunità esiste solo se c’è chi consuma – ha spiegato Gherardi –. Il nostro compito è garantire equilibrio tra produttori e consumatori». Il nodo critico resta la tempistica: «Le scadenze del PNRR fissano novembre 2025 come termine ultimo per completare progetti finanziati. Troppo spesso, però, i ritardi non dipendono dagli imprenditori ma dalle procedure autorizzative o dalle connessioni alla rete. Occorre semplificazione, altrimenti rischiamo di perdere un’occasione storica».
In chiusura, la voce della grande azienda: Fabrizio Iaccarino, responsabile Affari istituzionali Italia di Enel. «Il ruolo di Enel è duplice – ha spiegato – da un lato sosteniamo la nascita di comunità energetiche, aiutando cittadini e imprese a costituirle e gestirle; dall’altro, siamo distributori di rete, quindi fisicamente abilitiamo la connessione degli impianti». Iaccarino ha fornito dati impressionanti: «Dal 2020 al 2023 siamo passati da 50.000 a quasi 400.000 nuovi impianti allacciati ogni anno. Significa 1.000 allacci al giorno. Oggi in Italia ci sono quasi 2 milioni di piccoli produttori di energia. Questo dimostra che la transizione non è più nelle mani di pochi grandi player, ma è diventata diffusa e partecipata». Per Enel, le Cer rappresentano «uno straordinario strumento di solidarietà e sostenibilità. Non cambieranno da sole il sistema energetico, ma possono incidere concretamente, soprattutto se collegate al terzo settore. È un modello che va conosciuto, diffuso, reso accessibile a tutti».
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