L’esperienza delle Fabbriche Faro del WEF indica la via per superare l’incertezza strutturale
Innovazione
L’esperienza delle Fabbriche Faro del WEF indica la via per superare l’incertezza strutturale
Sono 201 le fabbriche faro parte della Global Lighthouse Network del World Economic Forum, di cui 4 in Italia. I risultati ottenuti da queste fabbriche grazie all’implementazione delle tecnologie abilitanti del paradigma Industria 4.0 vedono un aumento importante della produttività e una significativa riduzione dei costi operativi. L’AI è considerato il nuovo motore di crescita, ma la trasformazione deve essere “purpose driven” e mettere le persone al centro.

L’incertezza che affligge la supply chain globale nel 2025 ha raggiunto livelli senza precedenti e non ha più carattere ciclico, ma “strutturale”. È questa la diagnosi presentata da Xiaoming Zhong, del World Economic Forum, durante il suo intervento al World Manufacturing Forum dello scorso 13 novembre. Di fronte a uno scenario alterato da globalizzazione frammentata, vincoli sulle risorse e nuove normative, le aziende leader si stanno muovendo lungo tre assi strategici principali: diversificazione geografica, multi-sourcing e, soprattutto, “resilienza abilitata dalla tecnologia”.
L’esperienza delle fabbriche faro
Proprio su quest’ultimo punto si concentra l’analisi del WEF. L’adozione di intelligenza artificiale, analytics e strumenti digitali per aumentare la trasparenza e la velocità decisionale è la risposta strategica all’instabilità. La transizione, però, non è stata semplice. Il World Economic Forum aveva identificato questa sfida già nel 2018. All’epoca, ha spiegato Zhong, “oltre il 70% dei produttori era bloccato in quello che abbiamo chiamato ‘purgatorio dei progetti pilota’“. Si trattava di una proliferazione di esperimenti digitali su piccola scala, incapaci di generare un impatto scalabile a livello aziendale.
Per superare questo stallo è nata la Global Lighthouse Network, l’iniziativa del WEF che riunisce le eccellenze della produzione avanzata. Zhong l’ha descritta come “una piattaforma di collaborazione imparziale e pre-competitiva”, progettata per accelerare l’adozione tecnologica attraverso la condivisione aperta delle best practice. A settembre di quest’anno, la rete conta 201 siti produttivi appartenenti a 18 diversi settori industriali. Nell’ultimo paragrafo vi raccontiamo quali sono le quattro fabbriche faro in Italia.
I risultati quantificabili dimostrano l’efficacia del modello nel superare la fase di stallo sperimentale. “Abbiamo osservato in queste fabbriche faro un aumento della produttività fino al 250%“, ha dichiarato Zhong. A questo dato si aggiungono “fino al 70% di riduzioni dei costi operativi“, miglioramenti dell’efficienza energetica stimati tra il 25% e il 30%, e un incremento “dal 50% al 100% nei tempi di consegna e nell’agilità” della catena di fornitura.
I cinque abilitatori per una trasformazione scalabile
Il successo della rete non si misura solo sulla produttività. Il WEF utilizza un approccio “a stella” che valuta le prestazioni su cinque dimensioni: produttività, resilienza della supply chain, sostenibilità ambientale, talento e centralità del cliente. Ma cosa permette a queste aziende di scalare la trasformazione mentre altre rimangono impantanate? Zhong ha identificato cinque abilitatori chiave che distinguono le “Lighthouse” dalla massa.
Il primo è l’agilità. Le aziende di successo non lavorano per silos, ma utilizzano team interfunzionali capaci di sviluppare molteplici casi d’uso in parallelo, iterando velocemente e imparando continuamente.
Il secondo è la tecnologia. L’approccio vincente si basa su architetture “moderne e modulari”, che permettono soluzioni scalabili e interoperabili, abbandonando la logica degli esperimenti one-off.
Fondamentale è il terzo fattore: il talento. Le fabbriche faro investono sistematicamente nel “reskilling e upskilling non solo attraverso programmi di formazione tradizionali, ma anche attraverso percorsi di apprendimento digitali” che costruiscono competenza e fiducia a tutti i livelli dell’organizzazione.
A questo si lega strettamente la governance. Per scalare è necessario creare meccanismi chiari per replicare ciò che funziona, integrando l’adozione tecnologica nei processi operativi standard dell’azienda.
Infine la strategia dei dati. Nelle aziende faro le priorità digitali sono perfettamente allineate alla strategia di business. Questo è supportato da “data lake aziendali che fungono da unica fonte di verità per analisi avanzate e intelligenza artificiale”.
L’intelligenza artificiale come nuovo motore operativo
Guardando alle tendenze future, Zhong ha indicato l’intelligenza artificiale come “il nuovo motore della trasformazione”. I dati della rete mostrano che dal 2022 si è registrato un “aumento significativo del numero di casi d’uso abilitati dall’AI”, sia per quanto riguarda l’AI analitica che quella generativa.
L’intelligenza artificiale in questi contesti avanzati non viene più utilizzata solo per l’ottimizzazione dei processi esistenti. Le aziende la stanno impiegando attivamente per attività di “previsione, personalizzazione e per abilitare decisioni autonome”, guidando quelle che il WEF definisce “operazioni intelligenti”.
Lezioni dal campo: persone, scopo e sostenibilità
L’intervento ha proposto tre lezioni apprese dalle implementazioni più recenti all’interno della rete delle fabbriche faro. La prima: la trasformazione per avere successo deve essere guidata da uno scopo (purpose-driven). Gli investimenti tecnologici sono legati a risultati chiari, che mirano a migliorare “sia le prestazioni aziendali sia l’impatto sociale”. Non si digitalizza solo per l’efficienza, ma anche per “la sostenibilità, l’inclusione e la resilienza”.
La seconda lezione è che “le persone rimangono il massimo fattore di differenziazione”. Il vero segnale del successo di una trasformazione, secondo Zhong, è l’adozione da parte della linea di produzione. La tecnologia non sostituisce le persone, ma “le abilita a fornire maggior valore”.
La terza lezione riguarda la sostenibilità. Si sta assistendo a un passaggio da semplici miglioramenti incrementali a una “trasformazione a livello di sistema”. Tecnologie per la decarbonizzazione, design circolare e nuovi materiali stanno ponendo le basi per l’innovazione. Zhong ha sottolineato come, in queste fabbriche, produttività, redditività e impatto ambientale positivo “possano andare di pari passo e rafforzarsi a vicenda”.
Il Global Lighthouse Network, ha concluso Zhong, non riguarda la tecnologia fine a se stessa, ma la creazione di un ambiente in cui “tecnologia e fattore umano si rafforzano a vicenda”. In un mondo sempre più complesso, “l’imperativo della collaborazione non è mai stato così forte”. Il WEF, attraverso il suo Centro per il manufacturing avanzato, ha già raccolto oltre mille casi d’uso digitali da queste fabbriche, promuovendo un apprendimento reciproco per definire una manifattura che sia motore di crescita economica, ma anche una forza per la resilienza e la sostenibilità.
Le fabbriche faro in Italia
Le fabbriche faro italiane selezionate dal World Economic Forum (WEF) per il Global Lighthouse Network come eccellenze della manifattura italiana nell’applicazione delle tecnologie di Industria 4.0 sono attualmente tre.
Rold (Cerro Maggiore, Milano) è stata la prima piccola-media impresa italiana riconosciuta come lighthouse factory nel gennaio 2019. Con soli 43 milioni di euro di fatturato, è l’unica piccola impresa tra i fari mondiali selezionati dal WEF, distinguendosi per aver applicato sistematicamente le tecnologie di digital manufacturing per migliorare produttività e qualità. L’azienda, che produce componenti per elettrodomestici, ha dimostrato che anche le PMI possono eccellere nell’Industria 4.0.
Bayer (Garbagnate Milanese) è stata selezionata insieme a Rold nel 2019 come parte dei primi “lighthouse manufacturers” italiani. Lo stabilimento farmaceutico ha rappresentato l’eccellenza di una multinazionale con una lunga tradizione di radicamento in Italia, operando in un settore ad alto tasso di innovazione e fortemente regolato.
De’Longhi (Mignagola di Treviso) è entrata nel Global Lighthouse Network nel settembre 2021. Lo stabilimento ha investito in tecnologie digitali e analytics per aumentare la competitività, riducendo la quantità minima di ordine del 92%, il lead time dell’82%, migliorando la produttività del lavoro del 33% e la qualità sul campo del 33%.
Johnson & Johnson Janssen (Latina) è entrata nel network nella Wave 08 (marzo 2022). Opera nel settore farmaceutico. Lo stabilimento ha implementato soluzioni della Quarta Rivoluzione Industriale ottenendo una riduzione del 30% delle non conformità, un’ottimizzazione dell’84% nei tempi di rilascio prodotto, oltre a ridurre i costi energetici del 10% e i costi logistici del 72%.
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