L’innovazione manifatturiera che serve al Made in Italy: la visione del MICS
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L’innovazione manifatturiera che serve al Made in Italy: la visione del MICS
Con il progetto MICS, università e imprese collaborano per sviluppare materiali sostenibili, processi digitalizzati e nuovi modelli industriali. Marco Taisch descrive un percorso di innovazione manifatturiera che unisce ricerca, tecnologia e circolarità per costruire il futuro del Made in Italy

L’industria italiana sta ridefinendo il significato stesso di Made in Italy. Non più solo qualità estetica o design riconoscibile, ma ricerca, collaborazione e sostenibilità. È la visione delineata da Marco Taisch, professore ordinario del Politecnico di Milano e presidente della Fondazione MICS – Made in Italy Circolare e Sostenibile, in un’intervista rilasciata al podcast “Anima d’acciaio” di Automazione News.
Secondo Taisch la vera sfida dell’innovazione manifatturiera è far sì che la ricerca non resti confinata nei laboratori ma diventi parte del modo stesso in cui le imprese italiane progettano e producono.
La nuova stagione della ricerca industriale italiana
La Fondazione MICS nasce nell’ambito del PNRR, all’interno delle attività di ricerca finanziate dal Ministero dell’Università e della Ricerca. Si tratta, spiega Taisch, del più grande progetto di ricerca mai finanziato nel nostro Paese e guidato dalle università, con un investimento di 115 milioni di euro in tre anni, a partire da gennaio 2023.
Il progetto coinvolge alcune delle principali realtà industriali italiane dei settori meccanico, dell’automazione, dell’arredamento e della moda, con l’obiettivo di rilanciare la produttività e la competitività del Made in Italy.
«È vent’anni che la produttività del lavoro in Italia non cresce», ricorda Taisch. «Se perdi competitività, non riesci a far decollare il PIL del Paese».
MICS nasce per affrontare questo problema con un approccio di sistema: integrare competenze scientifiche e industriali per produrre nuovi materiali, prodotti intelligenti e processi più sostenibili. La finalità non è solo tecnologica, ma economica: restituire all’Italia un ruolo di leadership nelle filiere manifatturiere ad alto valore aggiunto.
MICS: una rete per la manifattura sostenibile
Il progetto coinvolge università e imprese in una collaborazione che abbraccia tre settori chiave: automazione, arredamento e abbigliamento. Si tratta di ambiti che, insieme ai loro indotti, rappresentano oltre la metà del PIL e degli investimenti industriali italiani.
La sfida è costruire un nuovo paradigma di manifattura circolare, dove la sostenibilità non si limiti alla riduzione dell’impatto ambientale ma diventi una componente strutturale dei prodotti e dei processi.
«I consumatori mondiali sono ormai attenti a prodotti verdi e sostenibili», osserva Taisch. «Non basta che un prodotto sia bello o funzionale, deve essere realizzato in fabbriche sostenibili».
L’obiettivo è quindi duplice: ridurre l’impatto ambientale e al tempo stesso consolidare la competitività del Made in Italy sui mercati internazionali, che chiedono sempre più spesso trasparenza e innovazione responsabile.
Otto linee di ricerca per l’innovazione manifatturiera
MICS si articola in otto grandi aree di ricerca, che delineano la mappa delle priorità tecnologiche per la manifattura italiana dei prossimi anni.
La prima riguarda i prodotti sostenibili, progettati per avere un basso impatto ambientale lungo l’intero ciclo di vita. La seconda è dedicata ai prodotti digitalizzati, concepiti come oggetti intelligenti, connessi e integrati con i sistemi di fabbrica.
Un’altra area di ricerca si concentra sui nuovi materiali, che devono garantire performance migliori e al tempo stesso essere più leggeri, riciclabili o biodegradabili. Da qui deriva la quarta linea, dedicata ai processi industriali capaci di realizzare tali materiali in modo efficiente e sicuro.
La quinta direttrice riguarda le fabbriche del futuro, dove la riorganizzazione produttiva e la digitalizzazione dei flussi diventano strumenti per ridurre sprechi e aumentare flessibilità.
La sesta è focalizzata sull’additive manufacturing, tecnologia ormai matura che, come sottolinea Taisch, «non è più solo un sistema per creare prototipi ma una modalità produttiva vera e propria».
Le ultime due linee esplorano i nuovi modelli di business legati alla servitizzazione e all’economia circolare, e le tecnologie digitali, dall’intelligenza artificiale ai sistemi di analisi dei dati.
L’insieme di questi ambiti delinea una strategia integrata, dove l’innovazione non è più episodica ma strutturata, condivisa e replicabile.
Multidisciplinarità e collaborazione intersettoriale
Uno degli aspetti più rilevanti del progetto è la multidisciplinarità. Nei laboratori MICS lavorano insieme ingegneri, designer, economisti, chimici e psicologi.
«Abbiamo i designer che collaborano con i chimici, con il mondo dell’economia, della psicologia e dell’ingegneria in tutte le sue forme», racconta Taisch. Questa varietà di competenze permette di osservare i problemi da prospettive diverse e di sviluppare soluzioni che uniscono tecnologia, estetica e funzionalità.
Accanto alla multidisciplinarità, Taisch evidenzia l’importanza della cross-settorialità: per la prima volta i comparti dell’automazione, dell’arredamento e della moda lavorano in modo integrato.
Le imprese dei diversi ambiti condividono esperienze e risultati, favorendo quella che Taisch definisce «cross-fertilizzazione». È un metodo che consente di trasferire soluzioni da un settore all’altro, riducendo tempi e costi di sperimentazione e ampliando il potenziale di innovazione.
Ricerca applicata e casi concreti
La ricerca promossa da MICS non si limita all’elaborazione teorica ma punta a generare risultati tangibili. Taisch cita alcuni esempi di applicazioni concrete sviluppate dai gruppi di lavoro.
Uno riguarda la creazione di materiali edibili per il packaging alimentare: imballaggi che, una volta utilizzati, possono essere consumati o smaltiti senza inquinare, poiché realizzati con componenti bio.
Un secondo caso è quello dei tessuti sensorizzati, capaci di monitorare parametri fisiologici come sudorazione o affaticamento, con potenziali impieghi sia nella sicurezza sul lavoro sia nello sport.
Un terzo progetto interessa la produzione di freni con materiali a ridotta emissione di micropolveri, un tema cruciale per la qualità dell’aria e la salute urbana.
Taisch sottolinea che queste sperimentazioni sono solo l’inizio: i risultati saranno diffusi progressivamente tra le imprese, che potranno adattarli alle proprie linee produttive. Nel 2026 è prevista una fase di disseminazione su scala nazionale, con l’obiettivo di portare i prototipi nei contesti industriali reali.
Verso un Made in Europe
L’innovazione manifatturiera promossa da MICS guarda anche oltre i confini italiani. Taisch invita a concepire il Made in Italy come parte di un sistema produttivo europeo, fondato su valori comuni di ricerca, sostenibilità e collaborazione.
«Mi auguro che ci sia un MICS europeo», afferma. «Oggi noi parliamo di Made in Italy, ma in realtà è un Made in Europe».
La prospettiva, spiega, è quella di una filiera della conoscenza che superi i limiti geografici e favorisca la condivisione delle competenze tra paesi.
In questo scenario si inserisce anche l’idea, ancora sperimentale, di una fabbrica nello spazio. La produzione in assenza di gravità, osserva Taisch, può consentire la realizzazione di materiali impossibili da ottenere sulla Terra. «Perché il Made in Italy deve essere fisicamente realizzato all’interno dei confini dello Stato?», domanda. «Il design può nascere a Milano, Roma o Firenze, ma la produzione potrebbe avvenire nello spazio».
L’immagine è provocatoria, ma riassume la portata della trasformazione in corso: la ricerca e la tecnologia stanno ridefinendo i confini stessi della manifattura.
Innovare per restare competitivi
L’esperienza di MICS mostra come la collaborazione tra università e imprese possa tradursi in un modello di crescita basato sulla conoscenza.
L’innovazione manifatturiera non è solo una questione di tecnologie, ma di metodo: serve continuità, apertura e una visione che unisca ricerca e produzione.
Per Taisch la forza del Made in Italy non sta nel difendere le posizioni acquisite, ma nel saperle ripensare ogni volta. È su questa capacità di rigenerazione che si gioca il futuro della manifattura europea.
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