L’Ucraina può avere garanzie di sicurezza anche se resta fuori dalla Nato, dice Crosetto

L’Ucraina difesa dall’articolo 5 della Nato, ma fuori dall’alleanza per non indispettire troppo la Russia. È la soluzione più percorribile, al momento, secondo il ministro della Difesa Guido Crosetto, per garantire la sicurezza di Kyjiv dopo un cessate il fuoco.
Intervistato da Repubblica, il ministro ha parlato di «un impegno di sicurezza che si assumerebbero le nazioni». «con la Nato si garantirebbe una deterrenza superiore», ma la Russia non accetterebbe l’ingresso dell’Ucraina nell’Alleanza Atlantica, per cui suggerisce di cercare altre soluzioni. E una, dice il ministro, potrebbe essere proprio quella di tutelare Kyjiv con la difesa aerea, navale e terrestre dell’alleanza, come se entrasse in funzione l’articolo 5 – quindi ci sarebbe un intervento alleato solo in caso di nuova aggressione. In questo scenario, non ci sarebbero soldati europei in Ucraina: una condizione che potrebbe aiutare Mosca a dialogare, secondo il ministro.
Il grosso vulnus di questa soluzione, il non detto dell’intervista, è che per l’Ucraina questa non sarebbe una grossa garanzia di sicurezza, perché senza truppe alleate sul terreno e solo con la promessa di intervento – peraltro non vincolata dall’ingresso nella Nato – non la metterebbe al riparo da futuri attacchi russi.
Durante l’intervista Crosetto evidenzia un dettaglio della strategia politica e militare della Russia: «I russi hanno un elefante dentro al salotto. Nel 2022 Putin ha ottenuto dalla Duma di cambiare la Costituzione per annettere quattro province ucraine, pur non controllandone alcune porzioni. Adesso ha capito che non può conquistare tutto il Donbas. È la regione più fortificata. Se volesse ottenerla con la guerra, avrebbe bisogno di sforzi militari, di produzione e di sacrifici umani pazzeschi. Ci vorrebbero anni. Ecco perché sta dicendo: rinuncio alla conquista totale di due delle quattro province, cioè Zaphorizhzhia e Kherson, ma datemi il Donbas. Ma vorrebbe dire comunque smentire la modifica della Costituzione».
Ma l’Ucraina non può accettare di perdere il Donbas. In primo luogo perché non è una regione occupata dai russi e in secondo luogo perché vorrebbe dire scoprire le proprie difese, creando una vulnerabilità per il resto del Paese. «Penso sarebbe impossibile farlo, per l’Ucraina», dice Crosetto. «Perché quella linea del fronte è la loro linea Maginot, la prima difesa del Paese dall’attacco russo. È piena di fortificazioni, si concentrano i migliori uomini. Cedere, per Kyjiv, significherebbe sacrificare la difesa futura. Ed è proprio per questa situazione di stallo che i russi si dicono pronti a trattare. Non a caso Lavrov dice: “Non è questione di territori”. Questo ci fa sperare».
Oggi si incontreranno di nuovo i Paesi della coalizione dei volenterosi, con gli Stati Uniti. Ma lo faranno a livello di Stati maggiori per delineare una strategia «per dare all’Ucraina garanzie di sicurezza e preparare l’invio di una forza di rassicurazione dopo il cessate il fuoco», scriveva la nota di Downing Street diffusa ieri. Per l’Italia parteciperà il generale Portolano. «Detto questo, la nostra linea non cambia. Per noi, qualcosa che riprenda l’articolo 5 pare una protezione adeguata. E non permette ai russi di dire: mandate truppe ai confini, state provocando di nuovo», dice Crosetto.
L’intervista si conclude con il ministro che paventa, in caso di accordo di pace, un Nobel non per il presidente americano Donald Trump – che però «se fermasse la guerra a Gaza e in Ucraina, gli darei anche due Nobel» – ma per la presidente del Consiglio italiana, Giorgia Meloni, perché «questo percorso di dialogo tra Europa e Stati Uniti ha avuto come collante Giorgia Meloni. Senza la sua presenza, pazienza, umiltà e preparazione non saremmo arrivati a questo punto». Ma al momento non sembra la priorità.
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