Ma a votare ci vanno i morti?
Parafrasando la celebre battuta pronunciata dal bambino protagonista nel film “Il Sesto Senso”: vedo la gente morta votare. Trovo surreale il fatto che la campagna elettorale per il referendum sulla riforma della giustizia si basi sulle “intenzioni di voto” di gente morta, visto che è una settimana che dibattiamo pubblicamente su come i deceduti Giovanni Falcone e Paolo Borsellino vedessero la separazione delle carriere in passato, e quindi – ammesso che questo ragionamento possa essere considerato una conclusione logica – come voterebbero oggi. Siamo oltre l’effetto nostalgia e il passatismo, siamo a un passo dalle sedute spiritiche nei talk show per far dibattere in diretta i vivi e i morti – “Otto e mezzo” su La7 si presterebbe perfettamente per questo tipo di confronto, stanno già tutti seduti attorno a un bel tavolo rotondo, e Lilli Gruber secondo me è autorevole anche come medium.
Premesso che non credo proprio che esprimerò un voto nemmeno a questo referendum (sono fermamente contrario all’uso svilente del nobilissimo strumento referendario per decidere questioni di cui, obiettivamente, nessun cittadino ne sa veramente un accidente, e quindi non si vota mai nel merito del quesito ma solo per schieramento acritico: voglio dire, che ne so io che sono laureato in Dams di separazione delle carriere fra giudici e magistrati? Chiedetelo al mio avvocato!), non vedo come e perché il mio voto possa essere condizionato dall’opinione di un defunto. E il fatto che il caro estinto in questione sia Falcone o Borsellino non cambia nulla: stiamo sicuramente parlando di due straordinari servitori dello stato, che hanno pagato un prezzo altissimo per aver servito con un lavoro egregio la collettività; ma – ammesso che si possano desumere dal loro passato quali sarebbero potute essere le loro eventuali volontà presenti – rifiuto la loro canonizzazione: fra un po’ sono contrario persino alla santificazione dei Santi, figuriamoci di due laicissimi uomini delle istituzioni.
Quali che siano state le opinioni di Falcone e Borsellino sulla separazione delle carriere – sia i No che i Sì li rivendicano come sostenitori chi dell’una chi dell’altra causa – per quanto autorevoli non sarebbero necessariamente oro colato. Ma soprattutto, questo deprimente e funebre dibattito dovrebbe far fare uno scatto d’orgoglio a noi vivi, già solo per il fatto di esserlo. Ma vi pare normale che un vivo, per sostenere le proprie ragioni, debba avvalersi delle argomentazioni di un morto? Stiamo parlando di un referendum su una riforma legislativa; quindi di qualcosa che ha il potere di incidere e influenzare il nostro futuro. E noi ci rivolgiamo al passato, e ci facciamo rappresentare da chi non c’è più? Capisco la circolarità del tempo, posso anche arrivare ad ammettere una sorta di eterno presente; ma da qui a farci dettare la linea dai morti non so, o siamo in un film di zombie altrimenti mi pare da rimbambiti cronici. A me delle decisioni che prendiamo oggi interesserebbe sapere cosa ne potrebbero pensarne le persone domani, piuttosto di cosa ne pensassero ieri i nostri – benché illustri – antenati.
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