Marco Lucietti di Re&Up spiega come affrontare il percorso verso la circolarità
Intervista
Re&Up, azienda circulartech porta la propria esperienza di riciclo textile to textile a Ecomondo, The green technology expo, appuntamento europeo dedicato alla transizione ecologica e all’economia circolare, al via oggi a Rimini.
Specializzata nel riciclo tessile-tessile, l'azienda trasforma tessuti a fine vita in fibre di nuova generazione di cotone riciclato e chips di poliestere, dando nuova vita a materiali destinati allo scarto. La società illustrerà come la sua tecnologia circolare supporti già collaborazioni su larga scala con brand di primo piano, tra cui il progetto pluriennale con il programma Re:Fibre di Puma e la partnership con il brand Only del gruppo
Bestseller. FashionUnited ha approfondito il tema della circolarità e della strategia necessaria per ripensare la produzione con Marco Lucietti, head of global marketing and communications di Re&Up.
Quali sono le principali difficoltà o gli ostacoli che incontrano le aziende che desiderano rendere circolare il loro ciclo produttivo?
Oggi, rendere davvero circolare un ciclo produttivo nel tessile significa confrontarsi con una serie di ostacoli strutturali e sistemici. La difficoltà principale riguarda la scalabilità: molte soluzioni esistono a livello sperimentale o pilota, ma portarle a scala industriale richiede capitali, infrastrutture e tempi che non tutte le aziende sono in grado di sostenere. A questo si aggiunge l’inconsistenza del feedstock: i materiali in ingresso, spesso provenienti da capi post-consumo, sono estremamente eterogenei e difficili da standardizzare, il che rende complesso garantire continuità e qualità nei processi. Le fibre miste rappresentano poi la vera sfida tecnica. Mentre alcune tecnologie sono oggi in grado di trattare fibre singole come poliestere oppure nylon, l’industria reale è dominata da capi composti da miscele di materiali, che necessitano di processi avanzati di separazione e trasformazione.
La normativa costituisce una spinta?
Un ulteriore ostacolo è rappresentato dal quadro normativo, ancora troppo frammentato e farraginoso, soprattutto a livello nazionale. Anche i costi, sia di investimento iniziale (CapEx), sia operativi (OpEx), restano un fattore limitante, aggravato dal fatto che alcune fasi del processo, come il sorting avanzato o il recupero di materiali specifici, non sono ancora del tutto automatizzate e richiedono un elevato impiego di manodopera. Il risultato è che oggi intraprendere la strada della circolarità significa affrontare sfide complesse che richiedono una visione a lungo termine e una strategia condivisa.
Qual è lo stato dell'arte su questo fronte per le aziende italiane ed europee?
In Italia e in Europa il panorama è in forte fermento, ma ancora frammentato. Re&Up è attualmente una delle pochissime realtà europee ad aver già portato a scala industriale una soluzione per il recupero di fibre miste da capi post-consumo. Si tratta di un traguardo importante, considerando che molte altre iniziative, pur valide e promettenti, sono ancora a livello di laboratorio o in fase pre- industriale. In Italia esistono alcune eccellenze nel trattamento di fibre singole, in particolare nylon e poliestere, ma nessuno sta ancora affrontando in modo strutturato e industrializzato la complessità delle fibre miste. La sfida non può essere affrontata a livello nazionale: servono sinergie europee, progetti congiunti, piattaforme aperte e una direzione strategica comune. Senza una visione condivisa, senza fondi a fondo perduto o accesso a capitali agevolati, sarà difficile rendere economicamente sostenibili i modelli di recupero e trasformazione. Anche la raccolta differenziata dei capi, gestita in modo separato e tracciabile, rappresenta un passaggio cruciale per garantire feedstock di qualità e attivare una filiera circolare efficiente.
Quali sono gli step più importanti nel percorso verso la circolarità?
Il percorso verso la circolarità richiede innanzitutto una visione imprenditoriale chiara, capace di
guardare oltre l’orizzonte del breve termine e disposta ad affrontare sfide complesse con un
approccio sistemico. È essenziale poter contare su capitali adeguati per investire in ricerca, impianti,
tecnologie e formazione. Ma non basta: serve disponibilità di feedstock tracciabile, ottenuto
attraverso sistemi di raccolta organizzati e selettivi. Un altro passaggio fondamentale è il dialogo
con i brand e i clienti finali, che devono essere coinvolti fin dalle prime fasi per garantire che il
materiale rigenerato trovi spazio reale sul mercato. Educare il consumatore e renderlo parte attiva
del processo è infatti un altro tassello chiave: senza una corretta informazione e una partecipazione
consapevole, la circolarità rischia di restare un concetto astratto. Infine, è necessario ripensare
l’intera filiera secondo un modello push-pull, in cui l’innovazione venga spinta dalla tecnologia ma
anche richiesta e adottata dal mercato, attraverso piattaforme aperte e collaborative. Solo così sarà
possibile generare un impatto concreto, scalabile e duraturo.
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