Meta sotto accusa: il 10% dei suoi ricavi pubblicitari arriverebbe da truffe online

Novembre 10, 2025 - 22:30
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Meta sotto accusa: il 10% dei suoi ricavi pubblicitari arriverebbe da truffe online

Secondo un report interno citato da Reuters, circa il 10% delle entrate pubblicitarie generate da Meta nel 2024 sarebbe riconducibile a inserzioni fraudolente o ingannevoli.

La cifra, che corrisponde a circa 16 miliardi di dollari su un totale di 164,5 miliardi, includerebbe annunci legati a schemi d'investimento fittizi, casinò illegali e prodotti non autorizzati.

Meta ha contestato la portata della stima, definendola "approssimativa e non rappresentativa", ma la notizia riapre il dibattito sul ruolo delle grandi piattaforme pubblicitarie nella diffusione di contenuti ingannevoli e sull'efficacia dei sistemi di controllo automatico.

I file citati da Reuters indicano che, all'interno di Meta, era già emersa da tempo la consapevolezza del problema. Secondo le stime, nel corso del 2024 sarebbero stati pubblicati oltre 15 miliardi di annunci "ad alto rischio" ogni giorno, una categoria che include sia le inserzioni esplicitamente fraudolente sia quelle potenzialmente ingannevoli ma difficili da bloccare in modo automatico.

Alcuni di questi annunci riguardavano servizi finanziari falsi, giochi d'azzardo non regolamentati e integratori medici privi di autorizzazione, settori tradizionalmente sensibili per i regolatori. I documenti suggeriscono anche che parte del management avrebbe valutato l'impatto economico di una rimozione massiva di tali campagne, temendo un effetto negativo sui ricavi pubblicitari complessivi.

Meta, contattata per commentare, ha sottolineato che le cifre riportate rappresentano stime approssimative e sovrainclusive, e che "molti annunci considerati ad alto rischio non violavano effettivamente le policy aziendali".

In una dichiarazione rilasciata a Reuters, Meta ha definito i dati trapelati una rappresentazione parziale e non accurata del proprio lavoro di moderazione. L'azienda sostiene di "affrontare in modo aggressivo" i casi di truffe e frodi pubblicitarie, ricordando di avere oltre 40.000 dipendenti dedicati alla sicurezza e all'integrità dei contenuti, inclusi algoritmi di rilevamento automatico e sistemi di verifica esterni per i settori più sensibili, come quello finanziario.

Negli ultimi anni il gruppo guidato da Mark Zuckerberg ha progressivamente ampliato i controlli su Facebook, Instagram e Threads, collaborando in alcuni Paesi con autorità di regolamentazione e banche centrali per individuare annunci sospetti legati a schemi Ponzi od offerte d'investimento irrealistiche. Tuttavia, il volume complessivo della pubblicità digitale – e la complessità di distinguere tra frode e promozione legittima – continua a rappresentare una sfida per tutto il settore.

Secondo gli analisti, una quota anche minima di inserzioni ingannevoli può generare perdite d'immagine significative e rischi regolatori crescenti, specialmente in un contesto in cui Meta, Google e TikTok controllano la gran parte del mercato pubblicitario globale.

Il caso solleva un tema strutturale: le grandi piattaforme social si trovano in equilibrio tra la necessità di massimizzare i ricavi pubblicitari e quella di garantire sicurezza e trasparenza. Se confermati, i dati emersi mostrerebbero come anche un piccolo margine di tolleranza verso le campagne borderline possa tradursi in miliardi di dollari di guadagni.

Negli ultimi mesi, le autorità di vari Paesi – dall'Unione Europea all'Australia – hanno intensificato il controllo sulle pratiche pubblicitarie delle big tech, chiedendo maggiore chiarezza sugli algoritmi che determinano quali annunci vengono mostrati e a chi.
Per Meta, che nel 2024 ha registrato ricavi totali per oltre 160 miliardi di dollari, la trasparenza sulle fonti di entrata diventa un punto cruciale anche in vista delle nuove regole del Digital Services Act europeo.

In attesa di ulteriori chiarimenti, il caso evidenzia un problema più ampio: la dipendenza economica dalle inserzioni automatizzate e la difficoltà, anche per colossi come Meta, di garantire che ogni singolo annuncio rispetti pienamente le regole.

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