Moda maschile italiana: le vendite estere gennaio-luglio 2025 sono in flessione del -3,2%
Come indicano i dati Istat, le vendite estere della moda maschile italiana relative al periodo gennaio-luglio 2025 hanno mostrato una flessione del -3,2% rispetto al medesimo periodo dell’anno precedente, scendendo così a 5,3 miliardi di euro. Sul fronte import, nei primi sette mesi dell’anno in corso, l’abbigliamento maschile made in Italy ha evidenziato una crescita media del +5,5%, raggiungendo i 3,8 miliardi di euro.
Insomma, come riporta una nota dell'Ufficio Studi economici e statistici di Confindustria Moda nei primi sette mesi del 2025, la moda uomo ha registrato un andamento dicotomico tra import ed export.
Inoltre, il quadro macroeconomico internazionale risulta condizionato da tensioni geopolitiche, instabilità sui mercati e misure protezionistiche, soprattutto da parte degli Stati Uniti. L’assenza di dinamiche espansive significative, prosegue la nota dell'Ufficio Studi economici e statistici di Confindustria Moda, unita a un clima di fiducia ancora incerto, lascia prevedere un proseguimento del rallentamento già evidenziato nell’anno precedente.
Dal punto di vista geografico, è da notare una divergenza tra le due macroaree. Con riferimento agli sbocchi commerciali, il mercato comunitario mostra una dinamica positiva, con un incremento del +2,4%, mentre le esportazioni verso i paesi extra-Ue subiscono una contrazione del -7,8%.
L’area extra-Ue si conferma il principale “acquirente” per l’export di moda maschile italiana
Nonostante il calo, l’area extra-Ue si conferma il principale “acquirente” per l’export di moda maschile italiana, assorbendo il 52,2% del totale, mentre il mercato comunitario copre il restante 47,8%. Anche sul fronte import le due macroaree si muovono in modo opposto: nei primi sette mesi del 2025, le importazioni provenienti dalla Ue risultano in calo del -4,9%, mentre quelle dal mercato extra-Ue registrano un incremento a doppia cifra, pari al +15,9%. In termini di incidenza, il 44,8% della moda maschile importata in Italia proviene dai Paesi dell’Unione europea, mentre il restante 55,2% ha origine da mercati extra-Ue.
Nel periodo in esame, la Francia si conferma primo mercato di sbocco per la moda maschile italiana, sostenuta da una crescita tendenziale del +1,0%, pari a 714 milioni di euro, corrispondenti al 13,4% dell’export complessivo.
Seguono gli Stati Uniti, che consolidano la seconda posizione con un incremento del +6,5%, raggiungendo 561 milioni di euro, equivalenti al 10,5% del totale. In terza posizione si colloca la Germania, con un export pari a 527 milioni di euro e una quota del 9,9%, pur registrando una lieve contrazione del -1,9%. L’andamento positivo, o comunque stabile, di questi tre mercati, che insieme assorbono oltre un terzo delle esportazioni del settore, ha contribuito in modo determinante ad attenuare la flessione generalizzata riscontrata in numerose altre destinazioni.
In quarta posizione, la Cina evidenzia un’inversione di tendenza, con un calo del -18,4% che porta il valore dell’export a 363 milioni di euro, pari al 6,8% del totale. La Spagna segue al quinto posto, con 312 milioni di euro e una crescita del +5,1%, mentre il Regno Unito, sesto mercato per valore, registra una flessione del -7,7% su base annua, attestandosi a 241 milioni di euro, corrispondenti al 4,5% dell’export complessivo.
Il Giappone si colloca subito dopo, con una variazione positiva del +3,7% e un valore pari a 232 milioni di euro, mentre la Svizzera, hub logistico-commerciale strategico per le principali griffe del settore, mostra una contrazione a doppia cifra del -17,6%, che ne riduce l’export a 228 milioni di euro, pari al 4,3%.
Polonia, Hong Kong e Paesi Bassi, tutti con una quota del 3,4%, registrano andamenti differenti: la Polonia mette a segno una decisa crescita del +30,1%, Hong Kong subisce una perdita dell'11,1%, mentre i Paesi Bassi contengono il calo al -0,6%. Negativa anche la dinamica della Corea del Sud, che segna una flessione del -19,5%. Chiudono la classifica dei primi quindici mercati gli Emirati Arabi Uniti, l’Austria e la Turchia, che, pur con quote inferiori al 2,2%, mostrano incrementi, rispettivamente del +5,9%, +6,1% e +8,2%.
Relativamente alle importazioni, nei primi sette mesi del 2025 i primi tre mercati di approvvigionamento della moda maschile mostrano tutti andamenti positivi. Il Bangladesh si conferma il principale fornitore, con un valore pari a 509 milioni di euro, in aumento del +23,3% rispetto allo stesso periodo del 2024; la sua incidenza sul totale delle importazioni è pari al 13,5%.
Al secondo posto figura la Cina, che con 457 milioni di euro e una crescita del +27,0%, copre il 12,1% delle importazioni complessive, rafforzando ulteriormente la propria posizione. Al terzo posto si colloca la Spagna, primo Paese Ue in classifica, con 319 milioni di euro e un incremento del +13,9%, pari all’8,5% del totale.
Tra gli altri fornitori comunitari, i Paesi Bassi, in quarta posizione, registrano una variazione marginale del +0,4%, mentre la Francia mostra una contrazione marcata del -19,8%, che ne riduce la quota al 7,1%. In flessione anche la Romania, che con un’incidenza del 5,8% palesa una perdita contenuta al -1,3%, e la Germania, che con il 4,3% delle importazioni totali, flette del -21,1%. Tra i partner extra-Ue, si rilevano dinamiche contrastanti. Da un lato, Tunisia e Turchia si muovono in controtendenza rispetto al mercato, registrando cali rispettivi del -8,9% e del -5,5%. Dall’altro, si distinguono per dinamicità Pakistan (+26,5%), Vietnam (+23,3%) e in particolare la Cambogia, che segna la variazione più ampia tra i primi quindici fornitori con un +45,7%, pur mantenendo una quota limitata. In crescita anche l’India, con un incremento del +14,8% e un valore pari a 76 milioni di euro.
Guardando al dato di interscambio di moda maschile non più per Paese ma per prodotto, nei primi sette mesi del 2025 le esportazioni mostrano una dinamica negativa per la maggior parte dei comparti. Si distingue unicamente l’abbigliamento in pelle, che registra una crescita del +8,0%, confermandosi il segmento più dinamico sul fronte estero. La flessione più marcata si rileva per la maglieria esterna, in calo del -5,2%, seguita dalla confezione maschile, che flette del -2,6%. Più contenute le perdite per la camiceria, che si riduce del -1,7%, e per le cravatte, che segnano un - 1,2%.
Per quanto riguarda le importazioni, si evidenziano incrementi per il vestiario esterno, in aumento del +8,3%, e per la maglieria, che cresce del +5,0%. Anche l’abbigliamento in pelle mostra un dato positivo, seppur più moderato, pari al +1,5%. In controtendenza risultano invece la camiceria, che registra una contrazione del -4,6%, e soprattutto le cravatte, che subiscono la flessione più marcata con un -17,9%.
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