Norma blinda-carceri, anche le figlie di Moro e Borsellino contro
“Questo nucleo di circolari trova legittimazione in un clima di depauperamento della considerazione della condizione di privazione della libertà, dai Cpr alla Rems passando per le carceri. Il clima lascia prevalere l’atteggiamento retributivo, talvolta anche vendicativo. Questo è autentico concime per alcuni interventi che hanno preso forma”. Così sabato si è espresso il professore Mario Serio, membro del Collegio del garante dei diritti delle persone private della libertà personale, intervenuto al Comitato direttivo centrale dell’Anm, su invito del presidente della ‘Commissione diritto penitenziario’, il pm Andrea Vacca.
Il riferimento è alla ormai nota del 21.10.2025 con cui il Dap obbliga le Direzioni degli istituti penitenziari in cui siano presenti detenuti allocati in reparti di Alta Sicurezza o in regime ex art. 41 bis OP a sottoporre a preventiva approvazione della Direzione Generale Detenuti e trattamento ogni evento di carattere trattamentale che coinvolga la comunità esterna al carcere. Serio ha proseguito: “la rilettura che la circolare fa dell’art. 17 Op è destrutturante, demolitoria”. L’art. 17 Op stabilisce infatti che devono essere il magistrato di sorveglianza e il direttore del carcere a decidere chi può entrare in carcere per svolgere attività. Serio ha descritto la circolare come “la più alta barriera” tra dentro e fuori “che moltiplica i fattori di chiusura: non è solo il detenuto ad essere privato delle attività esterne ma anche il mondo esterno è privato della possibilità di dare un apporto ai detenuti”.
Al termine dell’incontro abbiamo fermato Serio per chiedergli: se le sue parole sono condivise anche dagli altri membri del Collegio, ossia Riccardo Turrini Vita e Irma Conti, se quindi arriverà a breve un comunicato congiunto e quando verrà presentata la Relazione al Parlamento che manca da troppo tempo. Serio non nasconde l’imbarazzo nel darci le risposte, alza gli occhi al cielo. Su una eventuale presa di posizione sulla circolare ci ha detto: “ci stiamo ragionando” e sulla Relazione: “ci sono problemi con la tipografia. La mia è una vita difficile”. Insomma queste risposte confermano la posizione di isolamento di Serio che fa parte del Collegio in quota opposizione (M5S), rispetto agli altri due colleghi. Non è la prima volta: già ad agosto denunciò dalle pagine del Manifesto la presa di posizione blanda e allineata al Ministero presa dal Collegio, a sua insaputa, sui numeri dei suicidi.
Nel frattempo l’incontro di presentazione a Torino della proposta di Legge “Sciascia-Tortora” già previsto presso la Casa Circondariale Lorusso Cutugno si è tenuto altrove. “Una decisione tardiva e incomprensibile del Provveditorato regionale del Piemonte dell’Amministrazione penitenziaria” hanno spiegato gli organizzatori. “Non è un caso – ci dice Elisabetta Zamparutti – che quest’anno per la prima volta dopo tanti anni a Nessuno Tocchi Caino sia stato vietato il permesso di tenere l’annuale congresso nel carcere milanese di Opera, nel teatro intitolato a Marco Pannella”. L’assise si terrà invece al Teatro Puntozero del Carcere Minorile Cesare Beccaria di Milano dal 18 al 20 dicembre. Ma anche a Padova, racconta un articolo dell’Huffington Post, è stato annullato un incontro di promozione alla lettura rivolto a detenuti maghrebini. Sul tema si resta in attesa della risposta del Ministro Nordio alla interrogazione del deputato di IV Roberto Giachetti che gli chiede “se sia a conoscenza della nota, se non ritenga che questa sia in contrasto con l’articolo 17 dell’ordinamento penitenziario, se non consideri preoccupante l’aspetto accentratore e se non ritenga necessario ritirarla o riformularla “secondo i principi che ispirano la normativa in vigore”.
Intanto aumentano le voci contrarie all’iniziativa del Dap. Giovanni Bachelet, Fiammetta Borsellino, Marisa Fiorani, Silvia Giralucci, Manlio Milani, Lucia Montanino, Maria Agnese Moro, Giovanni Ricci, Sabina Rossa, Paolo Setti Carraro hanno inviato una lettera al Ministro della Giustizia Carlo Nordio: “noi familiari di vittime delle azioni terroristiche, della lotta armata e della criminalità organizzata, da tempo impegnati in attività volte a realizzare il dettato Costituzionale di favorire la rieducazione dei detenuti, […] consapevoli che anche la semplice partecipazione a incontri e confronti con il mondo esterno rappresenta per i detenuti coinvolti una iniziale rottura verso il passato, esponendoli ai rischi e pericoli di emarginazione ben noti a chi frequenta le carceri […] guardiamo con notevole perplessità e sofferenza personale alle norme restrittive recentemente introdotte nelle carceri italiane volte a irrigidire, limitare e contingentare queste feconde attività di relazione tra detenuti e cittadini, in particolare laddove queste vengono obbligatoriamente sottoposte ad una impersonale e spesso soffocante centralizzazione burocratica”.
Qualche giorno prima era stato lo stesso Conams (Coordinamento nazionale dei magistrati di sorveglianza) a scrivere: “Vista la drammatica situazione in cui versano gli Istituti penitenziari, ove il sovraffollamento non accenna a diminuire e la strutturale carenza di attività trattamentali rende più penosa e isolante la carcerazione, la scelta adottata dal Dipartimento rischia di consegnarci un carcere dove le occasioni di confronto con l’esterno, le opportunità di formazione e le possibilità di crescita culturale in favore dei detenuti saranno sempre meno.[…] Tutto ciò ci consegna un deciso arretramento rispetto al modello di esecuzione penale che l’ordinamento penitenziario, proprio nell’anno del suo cinquantenario, aveva immaginato e previsto”. A criticare il Dap anche la corrente dell’Anm, AreaDg: “Il ministero della Giustizia, ormai totalmente inerte di fronte ad un sovraffollamento carcerario in costante e allarmante crescita ed a condizioni detentive sempre più insostenibili, continua ad adottare misure e provvedimenti che rispondono unicamente ad astratte finalità repressive e securitarie e che sacrificano ingiustificatamente le finalità del trattamento e della rieducazione e i diritti delle persone detenute”.
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