Omicidio Cella, l’avvocata della mamma: “Per la famiglia Soracco Nada era un danno e un ‘niente’. Lui l’ha anche diffamata”

Genova. “Ho promesso alla mamma di Nada di essere la sua voce, ma non so se riuscirò perché non ho vissuto quello che ha vissuto lei in questi 30 anni. Non è mai quasi riuscita a dormire perché ogni volta che chiudeva gli occhi, vedeva nella stanza l’immagine della figlia e si immedesimava nella paura che Nada aveva provato nei minuti prima di essere uccisa”. Partono da questa promessa le conclusioni in aula dell’avvocata Sabrina Franzone, che assiste Silvana Smaniotto, la mamma di Nada Cella, e i nipoti della 24enne uccisa il 6 maggio 1996 nello studio del commercialista Marco Soracco.
L’avvocata Franzone: “Per la mamma di Nada un ergastolo, ma oggi si sente in pace”
“Silvana Smaniotto ha vissuto un ergastolo in tutti questi anni” ha ricordato Franzone, fino alla riapertura delle indagini grazie all’intuizione della criminologa Antonella Delfino Pesce che “si era accorta che troppi elementi erano stati trascurati” e al “lavoro enorme fatto dalla Procura e dalla squadra mobile”. E per questo oggi – dirà poi in conclusione l’avvocata . “La mamma di Nada mi ha confidato nei giorni scorsi di sentirsi comunque in pace. La vita è andata avanti per tutti anche per Soracco e Cecere ma ora possono pagare”.
“Cecere l’ha colpita al volto per cancellare la ragazza che tanto le somigliava e di cui voleva prendere il posto”
L’avvocata di parte civile, in questi anni ha studiato ogni carta, rivoltato ogni angolo della vecchia inchiesta, cercato e trovato insieme alla Procura nuovi testimoni e messo insieme pezzo per pezzo il puzzle di questo cold case. “‘Sono passati 30 anni, ma dove volete andare!’ me lo sono stato sentire troppe volte” ha sottolineato. Invece oggi questo puzzle, già ricomposto della pm Gabriella Dotto nella sua requisitoria, lo ha mostrato anche lei ai giudici della Corte d’assise, rimettendo in fila testimonianze, orari, indizi e intercettazioni che – a suo avviso – vanno nell’unica direzione possibile: è stata Cecere a uccidere Nada, un delitto d’impeto dopo che quella mattina era arrivata in studio perché voleva a tutti i costi parlare con Soracco. Ha sfogato su Nada, che forse le aveva detto di andare via visto che aveva ricevuto indicazioni da Soracco e dalla madre di non passarle nemmeno le telefonate di quella donna, e “ha sfogato su di lei tutta la sua rabbia e la sua frustrazione”. “L’ha colpita soprattutto al volto fino a cancellarla, a cancellare quella ragazza che le somigliava tanto e che lavorava nel posto che avrebbe voluto lei” ha detto Franzone.
Soracco – è la tesi di Franzone ma anche quella della Procura – l’ha coperta perché è sempre stato interessato solo alla sua reputazione professionale: “Soracco ha paura di Cecere perché sa di essere lui la causa e lei glielo può sempre sbattere in faccia. E ha paura perché sa che è pericolosa” dice Franzone che ricorda l’intercettazione tra Soracco e Antonella Delfino Pesce in viaggio verso Milano dove lui aveva detto “Cecere è pazza, pericolosa e lucida”. “Ma – sottolinea Franzone – come fa a saperlo? se la conosce solo di vista?”.
“Dalla famiglia Soracco nessuna pietà per Nada: era un danno e un ‘niente'”
Altra intercettazione chiave quella di Soracco con la madre Marisa Bacchioni nella sala d’aspetto della questura quando furono chiamati il 26 maggio 2021 con la riapertura delle indagini come persone informate sui fatti. “Ma guarda un po’ quella Annalucia lì che fastidio che ci ha dato eh”. Anche qui, sostiene Franzone, parla di Cecere come di una persona ben conosciuta, come mostra anche la famosa telefonata della Bacchioni con l’anonima dove la mamma di Soracco racconta che quella donna era molesta.
E poco prima nella stessa intercettazione Bacchioni aveva definito Nada un “danno”. “Ma guarda un po’ quanto… ma quanto danno che ha fatto quella Nada lì! Eh?”. “Per Nada dalla famiglia Soracco non c’è mai stata mai né pena né pietà ma solo fastidio o meglio danno”.
E l’avvocata in aula legge un passaggio inquietante di un “romanzo” che Fausta Bacchioni, zia di Soracco, scrisse proprio per regalarlo all’amato nipote. “Storia di un delitto quasi perfetto” si intitola quello scritto. Che comincia raccontando la nascita di Nada ad Alpepiana in val D’Aveto: “Nasceva il 5 luglio 1971, sotto la costellazione del cancro e forse sotto nefandi auspici, una bimba chiamata Nada. Un nome pretenzioso che in spagnolo significa ” Niente . Un niente’, però, che ha inciso un marchio doloroso e indelebile sulla nostra famiglia”.
“Soracco manipolatore, arrivò a diffamare Nada dicendo che era finita in un giro di prostituzione”
Questo l’atteggiamento della famiglia nei confronti di una ragazza “che aveva lavorato in quello studio per cinque anni” ricorda Franzone. E Soracco quella mattina “mentre Nada rantolava con la faccia fracassata“, non la soccorre subito ma pensa “a ripulire forse con l’aiuto della madre” dice Franzone. Poi si ritrova un altro problema quello di spiegare perché ha aspettato tanto a chiamare i soccorsi e così via via posticipa nelle sue dichiarazioni l’orario in cui è sceso in studio, smentito però dai testimoni dell’epoca.
Un ampia parte delle conclusioni dell’avvocata Franzone sono dedicate proprio a Soracco e alla sua “attività manipolatoria” per allontanare i sospetti da Cecere, arrivando a diffamare Nada Cella, fin da quel 1996, quando andò dalle forze dell’ordine “per raccontare di aver saputo che la sua segretaria era finita in un giro di droga e prostituzione con uomini molto più vecchi di lei: ipotesi sondata e totalmente smentita dagli stessi investigatori dell’epoca che la approfondirono”. Una campagna di diffamazione, per la legale della famiglia, che mise in atto anche in altri casi, anche verso potenziali testimoni, come il commercialista Bertucci, e con gli stessi investigatori quando consegnò la cassetta dell’anonima dicendo che secondo lui non era di alcun interesse. “Cassetta che nessuno sentì”. ha ricordano l’avvocata. La stessa manipolazione che avrebbe usato anche con Antonella Delfino Pesce, fingendo di aiutarla nella sua ricerca di una chiave per il delitto di Nada “perché sapeva bene che Delfino Pesce era testarda e non si sarebbe comunque fermata, ma in questo modo poteva allontanare i sospetti da sé” cioè dal ruolo cruciale avuto in tutti questi anni per aver coperto l’assassina.
Un’altra intercettazione fa emergere le contraddizioni di Cecere sull’alibi
C’è un altra intercettazione, che inizialmente era stata male interpretata dagli investigatori, che aggiunge ulteriori indizi all’inesistenza – come sostengono in base a diversi altri elementi la Procura e l’avvocata Franzone – dell’alibi di Cecere la mattina del delitto. In una telefonata fatta da Cecere nel 2021 al medico dove si rifugiò dopo essere andata via da Chiavari, lei ricostruisce le domande che le fecero i carabinieri il giorno in cui la perquisirono (fu indagata – lo ricordiamo – solo per pochi giorni) a proposito della mattina dell’omicidio. E lei fa tutto da sola, ricordando quelle domande, ma si contraddice dicendo prima “stavo dormendo“, poi “ma mi stavo alzando“, poi “ero al lavoro”, e poi di nuovo alla domanda sul perché non avesse visto tutta la polizia davanti a via Marsala visto che abitava a poca distanza dice “ho detto che dalla mia finestra si vedeva solo il cortile interno“. Anche questo confermerebbe che non è vero che quel giorno era andata a fare le pulizie a casa del dentista Pendola, dove fra l’altro aveva le chiavi e nessuno può confermare di averla vista.
Dopo Franzone hanno parlato anche gli altri due avvocati di parte civile, Laura Razetto e Giovanni Battista Dellepiane. Ora il processo si ferma per due settimane e riparte il 27 novembre con l’avvocato Andrea Vernazza, che difende Soracco e l’avvocata Gabriella Martini, che difende Cecere insieme a Giovanni Roffo per parlerà invece nell’udienza del 4 dicembre. Il presidente della Corte Massimo Cusatti ha fissato anche l’udienza dell’11 dicembre per eventuali repliche mentre il 18 dicembre sarà la giornata decisiva con la camera di consiglio e la sentenza.
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