Polonia. Varsavia sull’orlo del baratro politico. Dopo Nawrocki, la mossa d’azzardo di Tusk

Giugno 4, 2025 - 05:00
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Polonia. Varsavia sull’orlo del baratro politico. Dopo Nawrocki, la mossa d’azzardo di Tusk

di Giuseppe Gagliano

Quando Donald Tusk ha annunciato pubblicamente l’intenzione di chiedere un voto di fiducia al Parlamento, non si è trattato soltanto di una manovra parlamentare. È stata una dichiarazione di guerra istituzionale. Una sfida lanciata al tempo stesso all’opposizione interna, a Karol Nawrocki, il nuovo presidente eletto, e indirettamente all’Europa, che guarda attonita il riemergere della frattura polacca tra sovranismo e integrazione europea.
La sconfitta di Rafał Trzaskowski, uomo di punta della Coalizione Civica, nel confronto presidenziale contro il nazional-conservatore Nawrocki, ha aperto uno scenario inedito: per la seconda volta in meno di due anni il governo Tusk si ritrova a coabitare con una figura ostile, dotata di potere di veto su ogni legge che tocchi i nervi scoperti della società polacca: giustizia, aborto, diritti LGBT+, pluralismo.
Tusk, in un discorso televisivo trasmesso in prima serata ieri, ha messo in chiaro che non intende abbandonare il campo. Ha parlato ai suoi e ai suoi avversari, “in patria e all’estero”, riaffermando che il suo esecutivo, pur consapevole della gravità della situazione, “non arretrerà di un solo passo”. Ma dietro le parole di sfida si intravede l’incertezza. La mossa del voto di fiducia serve a blindare la coalizione che lo sostiene, una fragile alleanza che va dalla destra agraria alla sinistra liberal-progressista, e al tempo stesso a sondare le fedeltà interne, soprattutto di fronte alle sirene del PiS.
Già, perché Jaroslaw Kaczyński, eterno stratega del partito Diritto e Giustizia, non ha perso l’occasione per lanciare l’amo. Ha parlato di “cartellino rosso” per il governo e ha evocato la possibilità di un “governo tecnico”, magari presieduto da una figura non organica al PiS, ma funzionale al suo progetto: scalzare Tusk senza passare dalle urne. Un invito nemmeno troppo implicito a quei deputati centristi disillusi che, sentendo odore di crisi, potrebbero scegliere di cambiare campo.
Nel frattempo, il neoeletto Nawrocki, quarantaduenne, storico di formazione e pugile dilettante per vocazione, si è presentato come il difensore della sovranità nazionale e della dignità polacca. Durante la campagna ha insistito sulla necessità che le politiche economiche e sociali siano orientate verso i cittadini polacchi, e non verso i rifugiati ucraini o i vincoli di Bruxelles. Una retorica semplice, ma potente, che ha avuto risonanza soprattutto nei territori rurali e periferici, già scossi dall’impatto dell’accoglienza massiccia dei profughi di guerra.
Il PiS festeggia, ma anche Budapest e Praga guardano con rinnovata fiducia al fronte euroscettico. Viktor Orbán ha salutato la vittoria di Nawrocki come “fantastica”, e The Economist suggerisce che anche Andrej Babiš, in Repubblica Ceca, potrebbe capitalizzare l’onda populista in vista delle elezioni autunnali.
La Commissione europea, per bocca di Ursula von der Leyen, ha provato a mantenere la rotta istituzionale, dichiarando di confidare in una “ottima cooperazione” con Varsavia. Ma l’indice azionario polacco ha perso il 2% nella sola giornata del 2 giugno, e lo zloty ha subito una svalutazione: segnali chiari che i mercati scommettono su uno scenario di stallo prolungato.
Il ruolo del presidente in Polonia, pur cerimoniale, include il potere cruciale del veto legislativo, superabile solo con una maggioranza del 60% di cui Tusk non dispone. Con Nawrocki al posto di comando, si profila un déjà vu rispetto al blocco esercitato da Andrzej Duda nei mesi precedenti. I tentativi del governo di smantellare l’architettura giudiziaria del PiS rischiano così di naufragare ancora una volta, mentre ogni tentativo di riforma sociale sarà sottoposto al crivello dell’ostilità presidenziale.
Il Parlamento si è riunito oggi e si riunirà domani. Il voto di fiducia potrebbe arrivare già entro la settimana. I numeri, sulla carta, danno a Tusk ancora una tenue maggioranza. Ma la partita è politica, non solo numerica. E chi perde oggi, potrebbe ritrovarsi fuori domani.
Per il premier, che aveva scommesso sul ritorno della Polonia nell’alveo europeo, la sfida ora è tutta interna: riconquistare un’opinione pubblica stanca delle guerre ideologiche, spaventata dall’instabilità, disillusa dalle promesse. Per l’Unione Europea, Varsavia torna a essere un terreno minato. E per Zelensky, che contava su un alleato fedele, il rischio è che la Polonia smetta di essere il ponte tra l’Est e l’Ovest e torni a diventare la trincea.

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Redazione Redazione Eventi e News