Risucchiati dalle eliche: morti due ventenni respinti dall’Italia dopo essere sbarcati a Livorno

Novembre 6, 2025 - 06:00
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Risucchiati dalle eliche: morti due ventenni respinti dall’Italia dopo essere sbarcati a Livorno

Ne abbiamo ammazzati altri due, gli ennesimi. Avevano vent’anni. Erano già arrivati in Italia, a Livorno, Avevano toccato terra in porto giovedì mattina. Non gli è stato permesso di chiedere protezione internazionale, di vedere un medico, un avvocato. La polizia li ha caricati su una nave perché li riportasse in Tunisia. Loro si sono buttati in acqua. I corpi li hanno ritrovati ieri mattina. Avevano viaggiato nascosti su una nave cargo battente bandiera danese, la Stena Shipper.

Arrivati al porto commerciale di Livorno, durante le operazioni di controllo qualcuno si è accorto che il sigillo di uno dei container del mercantile era rotto. La Polizia marittima ha chiesto che il container fosse messo sotto bordo. Diluviava. I portuali presenti hanno portato il container a terra, al limite del Varco Zara. Il container è stato aperto alla presenza di agenti della Polmare, della Guardia di finanza, di guardie giurate e di alcuni lavoratori del porto. Nel container c’erano i due ragazzi, esausti. Un testimone racconta che i due, in inglese, hanno chiesto subito di poter parlare con qualcuno per poter chiedere protezione internazionale. E che sono rimasti lì, sotto la tettoia del Varco, a terra, a Livorno, per ore. Invece non è arrivato nessuno, né un interprete, né un avvocato, né un medico.

Il testimone racconta che hanno detto di essere marocchini e di essere saliti a bordo alla partenza dal porto della nave cargo. E che nessuna delle autorità presenti gli ha fatto esercitare il diritto di parlare con un legale e di farsi vedere da un medico. Li hanno consegnati al comandante della nave (danese come tutto l’equipaggio) diretta al porto tunisino di Rades dopo una sosta prevista a Genova. Appena hanno potuto i due ragazzi si sono buttati giù dalla nave per raggiungere a nuoto di nuovo terra, di fronte alla banchina in concessione alla ditta Ltm. Li hanno visti i lavoratori a bordo di un rimorchiatore e hanno gettato dei salvagente. “Nuotavano con foga” hanno detto. Passava in quel momento il traghetto Eco Napoli della Grimaldi. Dal rimorchiatore hanno visto uno dei due inabissarsi risucchiato dall’elica del motore. La speranza che l’altro ce l’avesse fatta, fosse arrivato a nuoto senza esser visto e poi uscito dal porto è finita ieri mattina alle 10,30. Un corpo è stato trovato tra la Torre del Marzocco e la Calata del Magnale. L’altro cadavere era stato visto da un addetto ai rimorchiatori alla Darsena Pisa, dalla parte opposta, verso le 6,30. L’hanno recuperato i sommozzatori dei vigili del fuoco venuti da Firenze.

I primi a disperarsi e a raccomandare attenzione subito giovedì nella ricerca dei due ragazzi buttatisi in mare sono stati i lavoratori. L’Usb ha subito rivolto un appello all’Autorità di sistema portuale e alla Capitaneria di porto. C’era scritto: “Ci risulta che durante la mattinata odierna, giovedì 30 ottobre, due persone siano cadute in mare all’interno del canale portuale che va dal Varco Zara alla Darsena Toscana. Di fronte alla banchina in concessione Ltm. Nonostante le prime ricerche, i corpi delle due persone non sono stati trovati. Uno di essi sembra sia stato visto risucchiato dalle eliche di un’imbarcazione. Mentre il secondo, secondo i nostri testimoni – lavoratori dipendenti Ltm e rimorchiatori Fratelli Neri – è stato visto nuotare verso la sponda dalla parte opposta del canale. Ci chiediamo come sia possibile che solo poche ore dopo le operazioni di ricerca siano state interrotte. Ci chiediamo come sia possibile che una nave, la Msc Agadir, sia stata autorizzata a transitare nel canale senza che vi sia ancora certezza rispetto alle sorti di almeno uno dei due dispersi. Da quale ente è stata data tale autorizzazione? Come mai tutte le operazioni portuali non sono state interrotte fino a quando i corpi di entrambi i dispersi non sono stati recuperati?”.

L’Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione, insieme all’Usb, chiede alla polizia marittima e alla Procura della repubblica (il procuratore di turno quando sono avvenuti i fatti, giovedì mattina, dovrebbe essere, salvo errori, il dottor Mannucci) “le motivazioni del mancato accesso al territorio per i due cittadini stranieri, chiede se agli stessi sia stata garantita adeguata informativa legale e la possibilità di manifestare la volontà di richiedere protezione internazionale”. Avvocati dell’Asgi e Usb dei portuali chiedono poi “se ai due cittadini stranieri sia stato notificato un provvedimento di respingimento verso il porto di Rades, in Tunisia, dove la nave cargo era diretta dopo una sosta nel porto di Genova”. Bisognerebbe sapere quale autorità ha emesso questo provvedimento, come, quando e cosa c’era scritto. Chiedono avvocati e portuali: “Sono tante, troppe, le circostanze che devono essere chiarite. Quello che sappiamo con certezza, anche attraverso testimonianze dirette di lavoratori portuali, è che i due ragazzi sono scesi dalla nave. Come mai, a distanza di poche ore da momento in cui sono finiti in mare, è stato autorizzato il passaggio, proprio nello stretto canale industriale, di una grande nave della compagnia Msc?”.

Dicono poi: “Come già sollecitato in altre occasioni, riteniamo che sia indispensabile assicurare che siano attivate tutte le procedure necessarie a garantire anche a distanza di tempo la possibilità di poter restituire un’identità alle vittime. In una risoluzione recentemente adottata, il Consiglio d’Europa (risoluzione del Consiglio d’Europa n. 2569 (2024) del 1 ottobre 2024) raccomanda ai pubblici ministeri di autorizzare sistematicamente le indagini, e laddove necessario e/o rilevante l’esame autoptico, per raccogliere il maggior numero di informazioni possibili nel breve periodo di tempo disponibile, compresi i mezzi secondari di identificazione in linea con gli standard internazionali per la documentazione e la conservazione dei dati. I dati dovrebbero essere conservati in appositi archivi accessibili alle autorità di polizia. Tutto ciò premesso, tenuto conto delle condizioni dei corpi al ritrovamento, auspichiamo: che venga effettuato l’esame esterno cadaverico e/o che vengano effettuate altre procedure di catalogazione cadaverica che, tenendo conto dello stato di decomposizione dei corpi e della loro permanenza in acqua salata, permettano di raccogliere elementi utili all’identificazione”.

Si sono mobilitati da subito anche gli insegnanti delle scuole pubbliche livornesi. Infuriati per aver letto la notizia in giornali locali dove veniva usata la parola “clandestini”, alcuni di loro, firmandosi Rete scuola, hanno scritto una lettera ai giornali: “Una tragedia simile, avvenuta nel porto di cui tanto spesso i nostri giornali ricordano con compiacimento la ‘lunga tradizione di accoglienza’ dovrebbe spingerci a una forte reazione. Scopriamo invece che i quotidiani locali raccontano la vicenda concentrandosi, ripetutamente, sulla condizione di “clandestinità” e “illegalità” dei due uomini (Clandestini si gettano da una nave, La Nazione) ed alludendo a una loro possibile intenzione di spostarsi, se avessero potuto farlo, in Europa in cerca di maggior fortuna come un atto intrinsecamente minaccioso e illegittimo (“sono scappati speranzosi di far perdere le loro tracce e circolare liberamente per l’Europa”, Il Tirreno). Chiunque faccia il giornalista sa bene quale sia il peso delle parole. Nessun essere umano è clandestino: sono le leggi e il sistema dei visti e dei passaporti a forzare talvolta alcuni a diventare, momentaneamente, tali. Chiediamo che le testate si assumano la responsabilità di rettificare quanto hanno pubblicato”.

La lettera è stata pubblicata. La parola clandestini è sparita. Giusto in tempo perché non comparisse accanto alla parola cadaveri.

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Redazione Eventi e News Redazione Eventi e News in Italia