SPID a rischio: fondi promessi mai arrivati, identità digitale a pagamento per tutti?
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L’identità digitale SPID, oggi utilizzata da milioni di italiani per accedere a numerosi servizi pubblici, rischia di diventare a pagamento per tutti: fondi promessi e mai arrivati dal Governo hanno messo in crisi i gestori, che ora potrebbero rivalersi sui cittadini.
Se la situazione non troverà un esito positivo nelle prossime settimane, milioni di cittadini potrebbero essere costretti a pagare per accedere ai servizi pubblici digitali. Un paradosso, in un Paese che punta sulla transizione digitale ma rischia di renderla meno inclusiva proprio per mancanza di sostegno economico.
SPID a rischio: fondi promessi e mai arrivati
Alla radice del problema c’è il mancato trasferimento di 40 milioni di euro, stanziati formalmente nel 2023 attraverso un decreto governativo per sostenere economicamente i gestori dello SPID. Questi fondi erano destinati a compensare i costi sostenuti dai provider per la gestione tecnica, la sicurezza informatica, l’assistenza agli utenti e la manutenzione del sistema, con l’obiettivo preciso di mantenere gratuita l’identità digitale per tutti i cittadini. Ma a distanza di oltre un anno, nessuna somma è stata effettivamente erogata. Le risorse, pur essendo state previste a bilancio, risultano tuttora bloccate in assenza di atti operativi e coperture chiare, lasciando le aziende fornitrici senza alcun sostegno concreto.
Il ritardo rischia ora di avere conseguenze dirette sulla tenuta del servizio. A luglio scade la convenzione triennale siglata tra lo Stato e i gestori dell’identità digitale, un accordo che regolamenta le condizioni operative ed economiche del sistema. Senza un rinnovo accompagnato da garanzie finanziarie certe, i fornitori si trovano davanti a un bivio: continuare a offrire un servizio in perdita o scaricare i costi sugli utenti finali.
Infocert e Aruba si stanno già muovendo verso l’addio ai servizi gratuiti
Infocert è stata tra le prime realtà a prendere posizione, annunciando che, a partire dal 28 luglio 2025, il rinnovo annuale dello SPID avrà un costo di 5,98 euro. L’azienda motiva la decisione con ragioni di sostenibilità economica: in un decennio, ha investito tra i 20 e i 30 milioni di euro per garantire la continuità e la qualità del servizio, senza però ricevere adeguati rientri economici. Il modello attuale, secondo Infocert, è diventato insostenibile: l’assenza di un contributo pubblico promesso ma mai ricevuto costringe ora a rivedere le condizioni di accesso.
Una dinamica analoga riguarda anche Aruba, che già nei mesi scorsi aveva scelto di introdurre un contributo economico per la gestione dell’identità digitale, anticipando di fatto la crisi attuale. L’avvio di una tariffazione generalizzata rappresenta un cambio di paradigma per un sistema nato con l’intento di rendere l’accesso ai servizi digitali della pubblica amministrazione semplice, universale e gratuito.
Una barriera economica all’uso dello SPID?
L’ipotesi che sempre più fornitori seguano questa strada solleva serie preoccupazioni tra le associazioni di categoria e gli esperti del settore. Il rischio è quello di creare una barriera economica all’uso dello SPID, frenando la digitalizzazione e penalizzando in particolare le fasce più fragili della popolazione. Ciò che era stato concepito come uno strumento per semplificare la vita dei cittadini potrebbe trasformarsi in un ulteriore onere, in netto contrasto con i principi di inclusività e accessibilità su cui si fonda la trasformazione digitale del Paese.
L’appello dei gestori del servizio
Paola Generali, presidente di Assintel Confcommercio, ha lanciato nelle scorse settimane un appello alle istituzioni affinché si intervenga con urgenza per evitare che il costo dell’identità digitale gravi sulle famiglie. “In un momento in cui alcuni gestori iniziano a far pagare l’identità digitale – ha dichiarato – è fondamentale garantire strumenti digitali accessibili, semplici, inclusivi e soprattutto gratuiti. Solo così la trasformazione digitale sarà davvero un’opportunità per tutti“.
Generali ha ribadito la necessità di sbloccare rapidamente i fondi previsti nel decreto governativo, sottolineando che il loro impiego è cruciale per sostenere le aziende che erogano il servizio e per favorire un’ulteriore diffusione dello SPID tra la popolazione. Una misura essenziale, secondo lei, per non frenare il processo di digitalizzazione del Paese e per rispettare gli obiettivi fissati dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) entro il 2026.
Il Codacons promette battaglia
Anche il Codacons è intervenuto con toni duri, denunciando una situazione che definisce “gravemente lesiva” per i consumatori. Secondo l’associazione, i cittadini incentivati per anni ad attivare lo SPID per usufruire di servizi pubblici digitali, ora si ritrovano a dover affrontare spese non previste.
Una circostanza che, se non risolta in tempi brevi, potrebbe sfociare in una vera e propria battaglia legale contro lo Stato e l’Agenzia per l’Italia Digitale (AgID).
L’organizzazione per la tutela dei diritti dei consumatori ha già annunciato l’intenzione di promuovere azioni risarcitorie collettive, chiedendo il rimborso delle somme eventualmente pagate dai cittadini per accedere a un servizio che doveva restare gratuito. Il nodo resta dunque nelle mani del governo, chiamato a sbloccare i finanziamenti promessi e a ristabilire un equilibrio che eviti il rischio di discontinuità o, peggio, di abbandono del sistema SPID.
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