Strage di Ferragosto: il governo ha nascosto tutto, anche la piccola bara bianca

All’alba di sabato scorso le bare di undici delle vittime del naufragio di Ferragosto sono giunte a Porto Empedocle dove, nell’area del porto preclusa all’accesso, alla breve cerimonia multireligiosa hanno potuto assistere soltanto le autorità e qualche giornalista. La dinamica di quel naufragio potrebbe ripetersi oggi o domani, perché così vuole il governo: è questo il pensiero che grava su quei morti.
Le tragedie del mare, infatti, ci sono sempre state e sempre, purtroppo, ci saranno, ma quelle prevedibili – come tutte le morti annunciate – aggiungono allo strazio lo sgomento. Avviliscono le sbrigative dichiarazioni dei governanti; mortifica il dettaglio dei cancelli sbarrati al paese che accoglie le salme; sbalordisce che accanto alla bara della bambina non ci fosse la madre, rimasta a Lampedusa in attesa di essere con gli altri prelevata e confinata in chissà quale centro di detenzione. Dettagli che stordiscono, perché le tragedie del mare solo a terra possono ricomporsi, nell’abbraccio di vittime e superstiti, mentre ciò a cui ho assistito in porto non ricompone nulla lasciando quei morti sospesi, la loro storia come quella delle bare dirette verso i più vari cimiteri della provincia.
Quanto ai superstiti rimasti all’hub di Lampedusa, la cronaca ne dettaglia le condizioni: diverse donne incinte; una ventina di sopravvissuti a gravi forme di violenza quale, ad esempio, la mutilazione dei genitali; un uomo sordo; altri con paresi al volto o sofferenti di epilessia Mi sento superstite anch’io, impaurito dal cinismo del governo, e non riesco ancora a scrivere d’altro, magari sull’argomento per ipotizzare il possibile scenario del naufragio e tutto ciò che può essere utile a spiegarne la dinamica: così solitamente si fa per cercare di far fronte alle morti ingiuste ricomponendoci nella realtà che ci circonda. Rimango, invece, incagliato ai chiodi di quella bara bianca che ho delicatamente accarezzato e questo – almeno questo – io so perché.
Le bare dei bambini sembrano giocattoli, l’ennesima scatola in cui sono andati a ficcarsi. Paiono bonsai bisognosi di estrema cura, oppure qualcosa di ugualmente fragile, chissà come destinato a crescere. Tutto ciò che riguarda i bambini è pazzesco che si fermi. Resta la preghiera. Traggo la mia da una canzone che conosciamo tradotta da De Andrè: che agli annegati sia dato di incontrare un Gesù marinaio. Sia dato anche a te, Sihoom, bambina somala di undici mesi, che dovresti ora giocare da qualche parte e sei invece scivolata in mare dalle braccia della mamma per non vederla più, neanche l’altro giorno all’alba, nella banchina del mio porto.
Qual è la tua reazione?






