Trump ha dichiarato guerra alla pasta italiana? Nel mirino il 16% di un export che vale 700 milioni

Novembre 17, 2025 - 07:30
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Trump ha dichiarato guerra alla pasta italiana? Nel mirino il 16% di un export che vale 700 milioni

Trump ha dichiarato guerra alla pasta italiana? La pasta italiana è destinata  a scomparire dagli scaffali dei supermercati americani?

The Donald colpisce alle spalle la sua grande amica Giorgia. Meloni tace e manda avanti la diplomazia. E forse c’è un perché per questo silenzio.

La pesante tassa sulle importazioni di pasta non è frutto di crudeltà gratuita ma sembra derivante da un’indagine antidumping: secondo gli americani, i produttori italiani di pasta venderebbero i loro spaghetti e fettuccini a prezzi inferiori ai costi di produzione.

Import pasta negli USA: 700 milioni di dollari

Trump ha dichiarato guerra alla pasta italiana? Nel mirino il 16% di un export che vale 700 milioni, nella foto pasta radicchio e gorgonzola
Trump ha dichiarato guerra alla pasta italiana? Nel mirino il 16% di un export che vale 700 milioni
(blitzquotidiano.it)

Resta il fatto che causa di una proposta di dazio del 107% ,  i prezzi della pasta potrebbero raddoppiare e paralizzare le esportazioni annuali di pasta italiana verso gli Stati Uniti, pari a 700 milioni di dollari.

Newsweek avverte che la tariffa proposta potrebbe rendere i marchi italiani più popolari troppo costosi o addirittura indisponibili per i consumatori statunitensi. Se implementata, osserva  su economictimes.com Shreya Biswas, rappresenterebbe la tariffa più alta mai imposta su un’importazione alimentare italiana.

Indagine anti dumping

La misura fa seguito a un’indagine antidumping avviata dal Dipartimento del Commercio degli Stati Uniti nell’agosto 2024, dopo che i produttori americani 8th Avenue Food & Provisions e Winland Foods hanno accusato i produttori di pasta italiana di vendere a prezzi ingiusti, ha riportato Newsweek. Indagine del Dipartimento del Commercio su 13 marchi di pasta italiani

Nei risultati preliminari pubblicati a settembre 2025, il Dipartimento del Commercio ha raccomandato un dazio antidumping del 91,74% su 13 produttori di pasta italiani, in aggiunta al dazio di base del 15% già esistente sui prodotti UE, portando il totale a circa il 107%, secondo il rapporto.

I funzionari hanno affermato che La Molisana e Pasta Garofalo non hanno fornito la documentazione richiesta e sono state ritenute non collaborative, con conseguente applicazione di un dazio uniforme a tutte le 13 aziende, secondo il rapporto di Newsweek. Tuttavia, entrambi i marchi hanno negato qualsiasi illecito, secondo il rapporto.

Il dazio potrebbe far salire i prezzi della pasta da 3,99 a 7,99 dollari a confezione

Se il dazio entrasse in vigore a gennaio 2026, importatori e rivenditori negli Stati Uniti potrebbero dover affrontare forti aumenti dei costi, con conseguente probabile aumento dei prezzi della pasta o la scomparsa di alcuni marchi dagli scaffali dei negozi, secondo il rapporto di Newsweek.

 

Il direttore commerciale di Rummo USA, Jim Donnelly, ha dichiarato al New York Post che, sebbene la sua azienda eviterebbe di scaricare l’intero costo sui clienti, i prezzi potrebbero aumentare da 3,99 a 7,99 dollari a confezione, secondo il rapporto.

Quali marchi di pasta italiana potrebbero essere colpiti dalla proposta tariffaria statunitense?

I 13 produttori di pasta italiana elencati nei registri del Dipartimento del Commercio includono, secondo il rapporto di Newsweek:

* La Molisana

* Pasta Garofalo

* Rummo

* Agritalia

* Aldino

* Antiche Tradizioni Di Gragnano

* Barilla (notando che la Barilla prodotta negli Stati Uniti sarà meno colpita)

* Gruppo Milo

* Pastificio Artigiano Cav. Giuseppe Cocco

* Pastificio Chiavenna

* Pastificio Liguori

* Pastificio Sgambaro

* Pastificio Tamma

Sebbene Barilla produca parte della sua fornitura statunitense in America, altri marchi che esportano direttamente dall’Italia potrebbero dover affrontare sfide significative, secondo il rapporto.

L’Italia esporta ogni anno pasta negli Stati Uniti per un valore di oltre 700 milioni di dollari, diventando il principale fornitore estero di pasta degli Stati Uniti, secondo quanto riportato da Newsweek.

La proposta ha suscitato critiche da parte dei funzionari europei. Il Commissario europeo per il Commercio, Maroš Šefčovič, ha avvertito che la decisione potrebbe degenerare in una controversia con l’Organizzazione Mondiale del Commercio, mentre il Ministro degli Esteri italiano e la Coldiretti l’hanno definita un “colpo mortale per il Made in Italy” e hanno messo in guardia dalle gravi ripercussioni sulle esportazioni alimentari e sui prezzi al consumo.

Ha gettato acqua sul fuoco iil viceportavoce della Casa Bianca Kush Desai, che, intervistato da Sky Tg24, ha smentito con decisione le ricostruzioni secondo cui l’amministrazione avrebbe avviato un’azione contro i produttori italiani di pasta. “Esiste un’indagine antidumping sulla pasta italiana in corso dal 1996 e ci sono frequentemente revisioni annuali di questa indagine”.

Secondo Desai, molte delle aziende italiane “non erano pienamente conformi a quella richiesta di dati e per questo il Dipartimento non è stato in grado di svolgere il normale processo di revisione”. Da qui la determinazione preliminare di un dazio del 92%, che si somma al 15% di tariffe, arrivando a una tariffa del 107%.

I produttori, avverte il portavoce, “hanno ancora mesi, fino a gennaio, prima che venga finalizzata, per presentare quei dati e modificare questo dazio”.

Il viceportavoce ha poi insistito sulla natura non politica del procedimento: “Non è un’iniziativa dell’amministrazione Trump. Che si tratti del presidente Trump, Joe Biden o Mr. Magoo, questo è un processo giudiziario indipendente, che non può essere influenzato politicamente. È stabilito dal Congresso per legge”.

Le aziende coinvolte, ha precisato, rappresentano solo circa il 16% di tutta la pasta italiana esportata negli Stati Uniti. La grande maggioranza della pasta consumata dagli americani è prodotta direttamente negli Stati Uniti”.

In ogni caso, eventuali dazi colpirebbero “solo una manciata di aziende che, per qualunque ragione, non stanno rispettando una richiesta molto semplice. Se avessero rispettato la richiesta di dati, come fanno da molti anni — circa 30 — non saremmo qui”.

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Redazione Eventi e News Redazione Eventi e News in Italia