Trump, i democratici americani e il rischio di farsela facile

A poche ore da quello che Christian Rocca definisce «il quasi certo eppure incredibile trionfo» di Zohran Mamdani alle elezioni per il sindaco di New York, tra i democratici circola un manualetto intitolato «Deciding to win», decidere di vincere, che suggerisce come ridefinire la strategia per sconfiggere Donald Trump e che in estrema sintesi, a onta della più che probabile vittoria del giovane Mamdani, schierato con l’ala radicale del partito, sembra indicare la direzione diametralmente opposta. Nel suo articolo Rocca fornisce maggiori dettagli, approfittandone per qualche utile paragone con la situazione italiana. Io però vorrei soffermarmi su un problema più generale, e cioè sul pericolo insito in questo genere di schematizzazioni: da un lato quelli che si vince radicalizzando, dall’altro quelli che si vince al centro. Il rischio, in primo luogo, è di non capire che se è vero che si vince al centro, inteso come spazio politico-ideale astratto, è pur vero che il centro si sposta, e dove si sposta è il risultato di una lotta, se volete di una specie di tiro alla fune, in cui hanno un ruolo fondamentale anche le voci più radicali (non solo dentro i partiti). Dunque dire semplicemente che si vince al centro, senza fare niente per tirarlo un po’ di più dalla propria parte, quel centro, rischia di essere una strategia perdente, perché finisce per tradursi in un disarmo unilaterale sul fronte decisivo, che è proprio la battaglia per il senso comune.
Il secondo rischio, a mio personalissimo modo di vedere, è di sopravvalutare le umane possibilità della politica (per non parlare di quelle della comunicazione, sopravvalutatissima tra tutte le pseudoscienze più sopravvalutate). Ci sono argomenti che sono da sempre il cavallo di battaglia della destra, come ad esempio la paura dell’immigrazione, e altri che sono da sempre il cavallo di battaglia della sinistra, come ad esempio la lotta contro l’ingiustizia sociale. La mia impressione, insomma, è che i risultati elettorali dipendano in larghissima misura, molto semplicemente, da quello che capita, e naturalmente anche dal modo in cui il dibattito pubblico, i media tradizionali e i social media tendono a presentare e inquadrare quello che capita (e così torniamo al punto uno: la battaglia per il senso comune). Tutto questo per dire che se il radicalismo irritante e fuori dal mondo di una certa sinistra in piena sindrome da assemblea di istituto permanente è una ricetta sicura per la sconfitta, in America come in Italia, limitarsi a dire l’esatto contrario non garantisce affatto migliori risultati. Anche in questo caso, come in tutti gli altri casi conosciuti dall’uomo, sarebbe consigliabile uscire dal bipolarismo. E comunque, vale sempre la regola aurea: nei momenti difficili, non bisogna farsela facile.
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