Tutti gli orrori dei centri per il rimpatrio

Novembre 14, 2025 - 18:00
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Tutti gli orrori dei centri per il rimpatrio

Palestinesi con evidenti fragilità psichiatriche sbattuto nel Centro per il rimpatrio di Via Corelli, abbiamo notizia di decine di atti di autolesionismo che avvengono in quelle gabbie. Liberatisi dello scomodo ragazzo fragile, spedito in Albania dopo 9 mesi di abbandono appena ne abbiamo parlato (sui nostri social, sull’Unità e su Radio popolare), al Cpr di Milano non sono certo esauriti i casi di persone con gravi problemi psichiatrici sui quali il gestore non si fa scrupoli a lucrare con l’accondiscendenza della Prefettura.

S., della cui esistenza abbiamo appreso solo in questi giorni, è stato considerato idoneo al trattenimento in Cpr da un medico di una struttura pubblica lombarda, nonostante una vistosa ferita sulla pancia dovuta ad una operazione subita poche settimane prima, a causa dell’ingestione di corpi estranei. Già questo sarebbe gravissimo se fosse tutto, ma purtroppo è solo l’inizio della vicenda. Ci piacerebbe che quel medico leggesse queste righe e riflettesse sulla propria serietà professionale e deontologica e interrogasse magari anche la propria coscienza. Perché dal suo ingresso circa venti giorni fa, non si contano più gli atti di autolesionismo compiuti da S. ed i suoi accessi al pronto soccorso. Lo rimbalzano al ps ve in un perverso continuo ping pong scaricabarile, nel quale resta intrappolato. Ormai nelle viscere ha diversi pezzi di metallo, e il collo e il braccio ricoperti da decine e decine di punti di sutura per medicare i tagli più gravi tra quelli che si è inferto su tutto il corpo.

Ci hanno riferito che avrebbe anche volontariamente sbattuto a ripetizione la testa contro il water della stanza di isolamento in cui è stato rinchiuso. L’ha fatto fino a farla sanguinare. S. è anche un ex tossicodipendente già in cura al Serd del suo territorio della bergamasca (struttura con la quale non ci risulta possa avere più rapporti) . E’ letteralmente imbottito di psicofarmaci da quando è stato rinchiuso nel Cpr, tanto che quelle rare volte che riusciamo a metterci in contatto con lui, il colloquio è durissimo perché biascica: ci aggiorna a fatica con un macabro notiziario delle ferite più recenti e chiede “aiuto” in lacrime. A S. non era stato neppure detto, dall’ avvocato di ufficio o dall’ operatore con mansioni di informazione legale del centro, che essendo nato nei territori occupati potrebbe domandare asilo e quindi verosimilmente ottenere subito un permesso, ed essere quindi rilasciato (già dovrebbe esserlo solo per i suoi problemi di salute). Lo abbiamo informato noi su questo, ma è così smarrito che non è in grado di recepire come muoversi, in un contesto nel quale la domanda di asilo è ostacolata in tutti i modi ed è un’impresa anche per chi è lucido. Figurarsi per S..

Ma soprattutto, quale drammatica farsa è il tentativo di rimpatrio di un palestinese in questo momento? Già solo per l’impossibilità di deportarlo, il trattenimento dovrebbe essere considerato di per sé illegittimo. Stiamo ora fornendo assistenza a S. e speriamo che esca al più presto. Inutile auspicare una presa in carico ad opera del territorio: pura fantascienza, non c’è interesse a prendersi cura di questi considerati esseri umani di serie B. Tantomeno nella patinata Milano-Cortina 2026. Resta però il fatto che cambiano i nomi, ma le storie sono sempre le stesse e sono troppe. E raccontano di persone invisibili, trattamenti disumani e responsabilità, probabilmente anche penali, di chi non solo gestisce ma, a più alti livelli, tollera e anzi vuole che questi luoghi continuino a fungere da manicomi per stranieri e più in generale luoghi di tortura e umiliazione della dignità umana, con particolare increscioso accanimento verso chi è più fragile, oltre che straniero, e non è in condizioni di rivendicare diritti.

E pensiamo anche che chi avrebbe le competenze e le prerogative per intervenire e chiedere di porre fine a questo scempio e non lo fa, nonostante le ormai innumerevoli evidenze, o magari si limita a frasi di circostanza, non è meno responsabile di quelli di cui sopra.
La deriva manicomiale dei Cpr italiani (e di quello albanese) è una realtà oggettiva che non può più essere nascosta né tollerata. Chi la nega o finge di non vederla è in mala fede.

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Redazione Eventi e News Redazione Eventi e News in Italia