Abusi, le parole della prevenzione: la cultura dell’errore

Nel contesto attuale sembra paradossale parlare di “cultura dell’errore” (l’espressione si trova nel progetto di prevenzione della Chiesa di Bolzano “Il coraggio di guardare”), vista la notevole resistenza in ogni ambito relazionale e sociale a riconoscere i propri errori. Eppure, per un efficace lavoro di prevenzione nel contesto ecclesiale, sarebbe necessario coltivare la “cultura dell’errore”: non solo per una attenta salvaguardia dei minori e dei più vulnerabili a partire dallo stile e dalle scelte educative e di autenticità verso la persona, ma anche come osservazione del modo di gestire una realtà comunitaria e di governare un’istituzione.
Significato
A fronte di molteplici casi di abuso passati e recenti nella nostra Chiesa, si è dovuto riconoscere la mancanza di una cultura dell’errore. Nonostante nelle comunità cristiane si parli spesso di perdono, anche se l’intera storia biblica ci esorta a riconoscere gli errori, anche se ci è stato donato un sacramento per la conversione e la riconciliazione, spesso ci risulta difficile nominare la colpa e il peccato e convertirci, anche come Chiesa. Sviluppare una cultura dell’errore significa imparare a non nascondere, non occultare, non sminuire e banalizzare gli errori, ma imparare a riconoscerli, nominarli, ammetterli e affrontarli, per correggersi e per individuare progetti di prevenzione veramente efficaci.
La cultura dell’errore sta all’origine del processo preventivo rispetto agli abusi, come passaggio necessario, e presuppone l’onestà e anche la disponibilità a non permettere più che si verifichino iniquità e che si ricrei terreno fertile per nuove ingiustizie. Una buona cultura dell’errore ci rende umili come Chiesa, ma anche decisi nel trattare i passi falsi e le situazioni di peccato nei contesti ecclesiali.
Il racconto biblico presenta storie di ingiustizia, di accusa e di riconoscimento del male compiuto. Si pensi per esempio alla storia del re Davide (2Sam, 11-12). Nel secondo testamento non c’è nessuna altra figura più emblematica di Pietro nell’illustrare la cultura cristiana dell’errore nel suo significato più vero e profondo e le conversioni che è necessario attraversare. La cultura dell’errore comporta, a livello sia personale sia istituzionale (comunità, associazioni, movimenti, diocesi…), differenti passaggi: non nascondere i passi falsi, ammettere gli sbagli, vivere il pentimento effettivo verso le persone ferite, assumere la responsabilità del male compiuto e delle sue conseguenze, imparare dai propri errori e crescere grazie a essi, non disperarsi, ma trarre a partire proprio da questo processo un rafforzamento del cambiamento che include la propria povertà e che dovrebbe segnare lo stile delle scelte successive.
Domande
- Quali storie di figure bibliche, del primo o secondo testamento, possiamo ripercorre e condividere nel confronto per approfondire il senso e le applicazioni della “cultura dell’errore”.
- Quali sono le resistenze alla “cultura dell’errore” sia a livello personale, sia nelle nostre comunità? Che cosa manca nella mentalità e nella pratica, nei nostri contesti educativi ed ecclesiali, con giovani e adulti, per coltivare una “cultura dell’errore”?
Strumenti
BINANTI LUIGI, Sbagliando si impara: una rivalutazione dell’errore, Armando Editore, 2022.
MUSER IVO, Lettera pastorale di Quaresima: per una cultura dell‘errore, 2025, www.bz-bx.net/it/news/dettaglio/lettera-pastorale-quaresima-2025
RODARI GIANNI, Sbagliando si inventa. Le parole della vita, Artebambini, 2018.
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