I giovani sono sempre più soli, e sempre meno
Il Rettore Elena Beccali alla tavola rotonda "Con i giovani, contro la violenza" (Foto Università Cattolica) C’è una generazione che rischia di diventare più fragile e meno numerosa di chi l’ha preceduta in Italia. Ed è composta da un esercito silenzioso di giovani che faticano a entrare nel mondo del lavoro, a formarsi e a costruire relazioni stabili.
Se n’è discusso alla tavola rotonda “Con i giovani, contro la violenza. Prevenire il disagio e difendere le relazioni per una Lombardia Zero NEET”. Promossa dalla Fondazione Asilo Mariuccia in collaborazione con l’Università Cattolica del Sacro Cuore e ALTIS Graduate School of Sustainable Management, insieme al patrocinio di Regione Lombardia, del Comune di Milano e di UNEBA Lombardia.
“Persi” più di due milioni di giovani
Secondo l’Istat, negli ultimi vent’anni la fascia d’età tra i 25 e i 34 anni ha perso oltre 2,3 milioni di individui: erano più di 8,6 milioni nel 2004 e oggi sono circa 6,3 milioni, pari al 10,6% della popolazione italiana. Il rapporto del Cnel “Demografia e Forza lavoro” segnala inoltre che gli occupati in questa fascia sono scesi da oltre 6 milioni a circa 4,2 milioni, riducendo il loro peso tra i lavoratori dal 27,1% al 17,8%. Un calo che riflette uno squilibrio generazionale sempre più marcato: oggi gli under 15 sono meno della metà degli over 65, e presto saranno meno di un terzo.
Alla fragilità demografica si aggiunge quella sociale, dato che per Eurostat l’Italia ha una delle più alte incidenze di NEET (giovani che non studiano e non lavorano) in Europa, seconda solo alla Romania (19,4%). Oggi i dati rivelano infatti che il 15,2% dei giovani tra i 15 e i 29 anni sono fuori da percorsi di studio o lavoro, a fronte di una media UE del 11%. «La condizione dei NEET – ha affermato Alessandro Rosina, sociologo e docente dell’Università Cattolica del Sacro Cuore – rappresenta uno dei segnali più preoccupanti della nostra società. La sua incidenza misura lo spreco di capitale umano delle nuove generazioni. L’Italia, purtroppo, resta tra i Paesi europei con i livelli più alti: un paradosso, considerando che siamo anche tra quelli con meno giovani e con un processo di “degiovanimento” più accentuato. Rafforzare la formazione e il raccordo tra scuola e lavoro è l’investimento decisivo per assicurare vitalità economica, innovazione e sostenibilità sociale».
Beccalli: «Alimentare l’education power»
«I dati sui NEET in Italia – ha commentato aggiunge Elena Beccalli, Rettore dell’Università Cattolica del Sacro Cuore – sono allarmanti e non possono lasciarci indifferenti. L’Università Cattolica è dunque in prima linea per assumersi la sua parte di responsabilità e fare in modo che la situazione possa migliorare. Il cuore della nostra missione educativa si esprime nell’alimentare l’education power. I numeri che ho citato non miglioreranno se non si parte dall’educazione attraverso progetti mirati e sinergici».

La fragilità dei giovani non si misura solo nei numeri, ma nella percezione del benessere. Chi possiede un titolo di studio basso crede che la sua condizione si stia deteriorando. Questa forma di frustrazione è confermata anche dal secondo il Rapporto Disuguaglianze 2025 di Fondazione Cariplo, che segnala come tra le persone con livelli di istruzione più bassi la sensazione di progresso, soprattutto economico, sia molto meno diffusa rispetto alla media.
Anche la dimensione relazionale ne risente: solo il 57% della popolazione si dichiara soddisfatto della propria vita sociale, in termini di relazioni, amicizie e integrazione nella propria comunità. «Non si diventa NEET da un giorno all’altro – ha sostenuto Giovanni Azzone, Presidente di Fondazione Cariplo -. Lo raccontano bene i giovani che abbiamo conosciuto. Dapprima qualcosa si inceppa, poi quella crepa non si ripara, sembra rimanere lì inerme e invece sta generando una voragine, che poi ti trascina verso il basso: fallimenti, isolamento sociale, mancanza di autostima e quella che sembrava una collina diventa una montagna da superare senza attrezzatura tra l’altro. Chi sta vicino ai ragazzi deve saper cogliere i segnali che arrivano; per questo diciamo che la fioritura di un giovane è un processo collettivo. A darci fiducia ci sono le storie di quei ragazzi che hanno superato le difficoltà, che non hanno abbandonato la scuola anche quando stavano per farlo, o se l’hanno fatto hanno avuto qualcuno che lì ha aiutati a rimettersi in cammino».
Carpenteria navale e vivai per contrastare il fenomeno
Tra i progetti più noti di Fondazione Asilo Mariuccia per il contrasto di questo fenomeno figurano Coltivare Inclusione, dedicato al florovivaismo per ragazzi italiani e stranieri del territorio con difficoltà scolastiche o sociali. IntegrAzione opera invece nel campo dei laboratori di carpenteria navale sul Lago Maggiore, dove 30 minori stranieri non accompagnati hanno appreso competenze tecniche e relazionali.
Grazie a questi strumenti, oggi oltre 500 ragazzi sono stati formati attraverso i laboratori di educazione al lavoro. «Accompagnare un giovane nel suo percorso di rinascita significa offrirgli non solo un aiuto, ma un senso di appartenenza – ha sottolineato Emanuela Baio, presidente di Fondazione Asilo Mariuccia-. Restituiamo dignità, fiducia e autonomia lavorativa, partendo da ciò che spesso manca: il rispetto dell’identità di ciascuno. Siamo di fronte a una sfida tanto culturale quanto sociale: dimostrare che nessun ragazzo è irrecuperabile, se trova adulti capaci di crederci davvero».
Qual è la tua reazione?
Mi piace
0
Antipatico
0
Lo amo
0
Comico
0
Furioso
0
Triste
0
Wow
0




