Con il Ceta l’Ue e il Canada hanno aumentato gli scambi bilaterali di oltre il 70 per cento

Bruxelles – Tra le due sponde dell’Atlantico non tutto va a rotoli. Da Bruxelles, basta puntare lo sguardo un migliaio di chilometri più a nord di Washington, a Ottawa. Secondo uno studio pubblicato oggi (16 giugno) dalla Commissione europea, a otto anni dall’inizio dell’applicazione provvisoria dell’accordo economico e commerciale globale (Ceta), gli scambi bilaterali di beni e servizi tra l’Ue e il Canada sono aumentati del 71 per cento.
Da 72,2 miliardi di euro nel 2016 a 123 miliardi nel 2023. A beneficio di entrambi, ma con l’Ue che può vantare un surplus commerciale di 20 miliardi nello scambio di beni e di 6 miliardi in quello di servizi. In particolare, l’export di servizi – soprattutto per quanto riguarda viaggi, trasporti, telecomunicazioni, informatica e informazioni – dall’Ue verso il Canada è schizzato, facendo registrare un +81 per cento. Le esportazioni di beni dal blocco Ue sono aumentate parallelamente del 64 per cento.
I volumi di commercio tra i due partner, va detto, erano in aumento già prima della chiusura dell’allora controversa negoziazione condotta dalla Commissione europea. Quando uno dei timori principali era che l’abbattimento delle barriere doganali potesse spazzare via le piccole imprese europee, soprattutto quelle della filiera agricola. Invece, lo studio di Bruxelles dimostrerebbe che le Pmi hanno “particolarmente beneficiato” del Ceta in questi primi anni. Il numero di Pmi europee che esportano in Canada è aumentato di circa il 20 per cento.
In totale, il peso specifico del Ceta sul prodotto interno lordo dell’Ue è di 3,2 miliardi di euro all’anno. Viceversa, il Canada incrementa il proprio Pil di 1,3 miliardi di euro all’anno grazie all’applicazione dell’accordo. Anche perché, il Ceta ha fatto da precursore ad una serie di altri accordi per rafforzare la cooperazione: la partnership sulle materie critiche siglata nel 2021, l’alleanza verde e la partnership sul digitale nel 2023. Lo studio stima positivamente anche l’impatto sociale del Ceta: avrebbe aumentato i salari reali dello 0,02 per cento nel vecchio continente e dello 0,1 per cento in Canada.
Eppure, “si potrebbe fare di più”. Dieci Paesi membri – Belgio, Bulgaria, Cipro, Francia, Grecia, Ungheria, Irlanda, Italia, Polonia e Slovenia – non hanno ancora ratificato l’accordo, la cui applicazione rimane dunque solamente parziale. “Ciò ostacola, ad esempio, gli investimenti nell’estrazione di materie prime, per i quali la protezione degli investimenti fa davvero la differenza”, sottolinea la Commissione europea. Le misure legali e contrattuali volte a tutelare gli investitori previste dall’accordo non entreranno in vigore fino a che tutti i parlamenti nazionali dei 27 non daranno il loro via libera.
Uno scenario che potrebbe ripresentarsi con un altro accordo commerciale, almeno altrettanto contestato, che l’Ue ha appena concluso qualche migliaio di chilometri più a sud di Ottawa. L’intesa con i Paesi del Mercosur – Brasile, Argentina, Uruguay e Paraguay -, che aprirebbe le porte ad un mercato da oltre 700 milioni di consumatori. Ma contro cui un gruppo di Paesi membri, guidati dalla Francia, minacciano battaglia. La Commissione europea non ha ancora rivelato la base legale del testo, da cui dipende il processo di ratifica. Un accordo misto, come quello tra Ue e Canada, ha bisogno dell’approvazione sia del Consiglio dell’Ue – all’unanimità – sia dell’Eurocamera, sia delle ratifiche in tutti i parlamenti nazionali.
Alla luce dei ritardi nella ratifica del Ceta, la Commissione europea potrebbe trarre le sue conclusioni e cercare di far passare la nuova maxi-intesa come un mero accordo commerciale, che richiederebbe solo la maggioranza qualificata delle capitali Ue a favore.
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